giovedì 18 maggio 2017

Cos'è l'ADHD e come si supera

COS’E’ L’ADHD?

Innanzitutto comincerei col dire che la cosiddetta ADHD ovvero la sindrome da iperattività e deficit dell’attenzione non è una patologia genetica, né di natura neurobiologica (in assenza di lesioni organiche), ma semmai il bambino avesse una qualche difficoltà a mantenere la calma e la concentrazione può essere al limite un problema psicologico, ovvero legato all’ambiente affettivo ed emotivo circostante.
Come pedagogista, mi occupo di formazione sia sul piano pedagogico che didattico, ma non certo di cura psicologica. Qualcuno quindi mi potrebbe obiettare di non poter affermare che il problema non sia genetico o neurobiologico, in quanto non sono né medico né psicologa. 


COME FACCIO ALLORA AD AFFERMARE CHE L’ADHD NON HA NE’ NATURA GENETICA, NE’ NEUROBIOLOGICA?

mercoledì 10 maggio 2017

L’indifferenza dell’adulto crea i disturbi dell’apprendimento

La parola è interesse nei confronti del rapporto umano, interesse per la realizzazione dell’altro. Comincia tutto da qui, dall’interesse che ho provato e provo per i miei studenti e per la loro realizzazione individuale.
Poi viene l’affettività che è un segno evidente dell’interesse.
Mi sono chiesta se un insegnante potesse avere interesse per tutti, ma proprio tutti i suoi studenti. E la risposta è sì. Lo può avere. Anzi no, lo deve avere. Perché quell’interesse, quell’affettività umana fa la differenza tra chi apprende e chi potrebbe sviluppare delle difficoltà.

venerdì 28 aprile 2017

Ecco 2 grossi errori degli adulti quando “insegnano” ai bambini a leggere e far di conto


Partendo dalla convinzione che i cosiddetti disturbi specifici dell’apprendimento (dislessia, discalculia, disortografia, ADHD) sono superabili — fatta eccezione per percentuali bassissime e per specifiche patologie quali ad esempio l’autismo su base genetica, ma non ad esempio su quello psicogeno, ovvero su base epigenetica —, e tenuto conto di quanto la pedagogia può fare con la didattica e una corretta relazione pedagogica nello sviluppo cognitivo dei piccoli, dobbiamo ribadire come le difficoltà dell’apprendimento sarebbero il risultato di una cattiva formazione/comunicazione/didattica tra il mondo adulto e il bambino che apprende. In funzione di questo ho sentito la necessità di fare alcuni chiarimenti per quando riguarda il primissimo approccio dei bambini alla lettura e al calcolo.

mercoledì 19 aprile 2017

Educare senza educare

Può sembrare una contraddizione affermare di educare senza educare, ma di fatto è ciò che avviene sistematicamente in ogni famiglia, consapevolmente o meno, in positivo o in negativo.
La domanda che ci dobbiamo porre è cosa sia l’educazione. Le risposte che arrivano dai genitori o dagli insegnanti generalmente sono: insegnare a non dire parolacce; insegnare a comportarsi in società; insegnare ad avere un certo tipo di atteggiamento in un certo tipo di ambiente, piuttosto che in un altro; insegnare a comportarsi a tavola; parlare e muoversi in maniera civile ecc… Qualcuno con conoscenze pedagogiche fa riferimento ai vari metodi pedagogici (Montessori, Dewey, Rousseau, Don Milani, Morin, Decroly ecc.) che però sono poco applicati a scuola e pressoché sconosciuti alle famiglie.
Insegnare quindi, è la parola che più spesso si sente dire per riferirsi all’educazione. E difatti si dice spesso: non ti hanno insegnato a mangiare a bocca chiusa! oppure, non ti hanno insegnato a stare composto! Nel pensiero collettivo c’è l’idea che un genitore o chi è preposto all’educazione dei giovani e meno giovani, debba trasferire verbalmente un sapere o una competenza ad un altro essere umano esattamente come purtroppo siamo abituati a trasferire una materia nozionistica a scuola: il più delle volte impartendo lezioni verbali.

martedì 21 marzo 2017

La scuola è anche per me: sei d’accordo maestra?

La incontrai la prima volta un giorno di novembre triste e piovigginoso. Aveva lo sguardo perso nel vuoto, grosse difficoltà nell’ascolto e rispondeva alle domande con le prime risposte che le venivano in mente: aveva 9 anni, il suo nome era Rosita.
Leggeva a stento e ancora sillabando, non riusciva a capire ciò che leggeva e se doveva comporre una frase non era mai attinente alla richiesta.
Nel primo incontro tentai di chiederle di lei. Avevo bisogno di capire cosa stava succedendo in quel musetto dolcissimo, triste e con lo sguardo costantemente perso nel vuoto. Lei mi rispose che aveva da fare i compiti, mi fece capire che non voleva rispondere alle mie “noiose” domande, lei doveva studiare, perché la mamma le aveva detto che doveva fare quello. Ok, dissi, facciamo quello che vuoi tu.
Così cominciammo a studiare insieme, una volta alla settimana, per un’ora, lei era sempre puntuale: io pretendevo che la famiglia la portasse puntuale alla sua lezione di italiano, storia, geografia, scienze… 
Le prime settimane era lei a condurre il gioco: lei diceva cosa fare, come farlo ed io lasciavo che lo facesse. Doveva essere libera di imparare a modo suo, il mio compito era quello di intervenire dove lei incontrava difficoltà.

lunedì 20 febbraio 2017

Non c'è tragedia più grande...

Non c'è tragedia più grande di quella che porta l'uomo, per paura di essere ucciso, a suicidarsi. A istupidirsi. Ad annullarsi e negarsi per paura di essere annullato e negato. A far finta di pensare per non pensare e impedire agli altri di pensare; a far finta di fare l'amore per masturbarsi e impedire agli altri di fare l'amore; a far finta di vivere e impedire agli altri di vivere. 
Massimo Fagioli - Istinto di morte e conoscenza

giovedì 16 febbraio 2017

«Dobbiamo capire cosa fa stare bene le persone. Lì è la sinistra»

«Dobbiamo capire cosa fa stare bene le persone. Lì è la sinistra»

ILARIA BONACCORSI 14 FEBBRAIO 2017 su Left

“Ci vuole un pezzo. Decidi tu chi e come”.
“La terra ti sia lieve” hanno scritto tra i commenti al nostro saluto di ieri. La terra ti sia lieve.
Non c’erano molte cose lievi per Massimo Fagioli, forse l’amore per gli esseri umani. Quello era veloce e solido. Non mancava mai.
“Ci vuole un pezzo. Decidi tu chi e come” mi ha detto il condirettore di Left.
Io un pezzo non ci riesco a scriverlo, ho la testa pesante e gli occhi pieni. Agli undici anni di collaborazione con Left si aggiunge una vita, la mia, fatta del suo affetto, della sua intelligenza, della sua generosità stramba. Era strambo Massimo Fagioli, non pensava mai le cose che ti saresti aspettato, ti correva veloce a fianco e si fermava solo – ogni volta –  che gli chiedevi di capire.
Perché la rubrica di uno psichiatra su un settimanale generalista come Left? Ce l’hanno chiesto per undici anni. Forse la spiegazione migliore me l’ha data un giorno il commercialista, quello che ci faceva le buste paga e non solo, insospettabile… mi disse «e poi c’è la rubrica di Massimo Fagioli, per me “è la porta nel linguaggio dei sogni”».

mercoledì 15 febbraio 2017

Lettera aperta ai Parlamentari senza sigle associative

Gentili colleghi Pedagogisti ed Educatori, vi chiedo di leggere, sottoscrivere e condividere questa mail che vorremmo arrivasse in massa ai Parlamentari. Come un fiume in piena dobbiamo sommergere di mail le loro caselle di posta elettronica perché ci possano ascoltare veramente. E non lo facciamo attraverso una petizione sul web perché i tempi sono stretti e perché non darebbero alla petizione lo stesso peso di centinaia (si spera di migliaia) di lettere che gli intasano la mail.
Sotto trovate l'elenco degli indirizzi e-mail dei parlamentari a cui inviare la lettera firmata, copiata e incollata.
Nell'oggetto scrivete: "Lettera aperta ai Parlamentari senza sigle associative da parte di Pedagogisti ed Educatori"

Grazie per la collaborazione
Tiziana Cristofari

martedì 7 febbraio 2017

Lettera aperta ai 600 firmatari della petizione: “Gli studenti non sanno l’italiano”

Ecco, di nuovo, ci siete cascati ancora una volta. E questa volta vi siete coalizzati con una petizione. Tutti: accademici della Crusca, linguisti, rettori di università, docenti di letteratura italiana, storici, filosofi, sociologi, neuropsichiatri, economisti, ahimè anche pedagogisti e altri…
Insomma i nostri studenti sono dei ciucci! 
Lo avete detto voi: “…ci permettiamo di proporre le seguenti linee di intervento e lo facciamo proponendo test aggiuntivi…” Ancora? Ma non bastano tutte le prove a cui sono sistematicamente sottoposti questi studenti? Ma non avete ancora capito che il problema non è negli scolari, né tantomeno nell’assenza di valutazioni? 
Il problema cari accademici è il metodo di insegnamento e spesso l’insegnante stesso. Insomma il problema dell’ignoranza grammaticale, lessicale, sintattica, ortografica ecc. degli studenti mette radici in quello che siamo e facciamo noi adulti.
Voi che avete ideato e firmato la petizione, avete mai visto come lavorano la maggior parte degli insegnanti della scuola primaria e secondaria di primo grado? Ve lo siete mai chiesto? Se non lo avete fatto ve lo suggerisco io. 

mercoledì 25 gennaio 2017

Trasmissione “Il Collegio”: un buon esempio di pedagogia applicata.

La trasmissione Il Collegio andata in onda su Rai Due per quattro serate è stata molto utile per lanciare il messaggio pedagogico per eccellenza, ovvero cosa si celi dietro l’insegnamento, dove arriva il compito dell’insegnante, quali sono le sue verità poco visibili.
Certo non tutto corrisponde al vero degli anni Sessanta. Se escludiamo la disciplina intesa come volontà di fare certe cose in un certo modo tutto il resto era molto utopistico. Facciamo degli esempi. I controllori e gli insegnanti nella loro fermezza erano estremamente affettivi; mai un atto di cattiveria volontaria, ma solo un atteggiamento fermo per far applicare le regole e raggiungere l’obiettivo. Ma quando mai nella realtà quella rigidità delle regole si è espressa senza cattiveria o sadismo? La capacità di mantenersi fermi sulla disciplina ma non violenti è una bella utopia, sia per i giorni nostri ma ancor di più in quelli passati. Certo, esistono insegnanti con queste capacità, ma sono rarissimi. Se le scuole fossero tutte con docenti così, l’obiettivo pedagogico sarebbe non solo capito e applicato, ma addirittura centrato.

sabato 21 gennaio 2017

Una motivazione sulle false epidemie dei disturbi dell’apprendimento

La natura umana è stabile e resiliente. Non c’è mai stata una reale epidemia di malattia mentale, c’è stata una definizione molto più sfumata di malattia che ha reso molto più difficile considerare le persone sane. Gli individui sono sempre gli stessi; sono le etichette diagnostiche che cambiano, diventano più elastiche. Problemi che eravamo abituati a tollerare come parte della nostra vita vengono ora diagnosticati e curati come disturbi mentali. […]
Lo stress sociale non è causa reale di un incremento della malattia mentale, ma ci sono altre tendenze nella società che spingono per farci pensare che ci stiamo ammalando sempre più.

giovedì 19 gennaio 2017

Vaccino antipapilloma virus, cosa fare? Ecco l’opinione della pedagogista.

Capire cosa fare con le vaccinazioni non è solo una questione di salute fisica — anche se ovviamente prioritaria —, ma spesso è anche una questione antropologica, psicologica e soprattutto pedagogica.
Nei giorni passati una mamma si è presentata al mio studio e mi ha detto: “Lei si occupa di formazione, sviluppo e crescita a 360 gradi; quando io ho fatto le magistrali, diversi anni fa, c’era una materia che si chiamava puericultura…” Annuii e lei continuò: “Allora vorrei che mi dicesse cosa devo fare con mia figlia di 14 anni e il vaccino contro il Papilloma virus (HPV): c’è chi dice che va fatto e chi invece sostiene che potrebbe essere causa di altre conseguenze”. Dopo un attimo di esitazione aggiunse: “Io non so cosa mia figlia farà della sua sessualità, non potrò sapere se e quando avrà rapporti sessuali, non posso e non voglio controllare quello che di più umano e naturale ci può essere nella sua vita, ma la possibilità che contragga questa infezione mi spaventa più dell’HIV… Anche perché dall’HIV ci si può proteggere con il profilattico, mentre da questa infezione no!”

mercoledì 11 gennaio 2017

DSA e prove INVALSI, perché mentire?


DSA e prove INVALSI, perché mentire?

A cosa servono le valutazioni scolastiche se non a confrontare e paragonare fornendo così motivo di competizione continua agli alunni, ai docenti, alla scuola…?
Ogni nostro movimento a scuola è farcito — non di crema o cioccolata, che saprebbe addolcire la parte più sgradita del lavoro e della fatica scolastica —, ma di veleno. Un veleno che si trova dentro a ogni voto, ogni gara per mostrare di essere il migliore, ogni valutazione che possa confrontare competitivamente negli studi gli studenti, e nel lavoro didattico i docenti.
E allora ci sono i voti, le verifiche, i test, continui… e… le prove INVALSI!
Lo so, vi starete chiedendo come potrebbe essere diversamente da tutto questo, come potrebbe esserci una scuola senza voti e esami; di risposte ce ne sarebbero un’infinità e forse anche questo potrebbe essere un argomento e un buon motivo per scrivere un altro libro!


Oramai mi conoscete: sono contraria a chi sbandiera i disturbi dell’apprendimento come fossero erbacce in un campo di rose, e poi ce li fanno passare come immodificabili e marchianti per tutta la vita! Sì, la penso diversamente rispetto a coloro che sostengono che i disturbi dell’apprendimento sono provenienti dalla genetica e/o dalla neurobiologia e però poi fanno test statistici di lettura e scrittura per “diagnosticarli”! Assurdo! Test e ancora test che dovrebbero essere di competenza dell’insegnante o del pedagogista perché solo loro possono veramente valutare se un bambino è indietro nel rendimento scolastico oppure no… ed eventualmente intervenire. Invece li fa il logopedista o il neuropsichiatra andando a cercare quel gene capriccioso o quel neurone insolente dentro ai test per il rendimento scolastico, (assurdo!) ed escludendo completamente l’antropologia, la psicologia dinamica, la sociologia e naturalmente la pedagogia e la didattica che sono le principali artefici dello sviluppo cognitivo e metacognitivo di quell’essere umano.
Parliamo dei test INVALSI, motivo specifico di questo scritto.

giovedì 15 dicembre 2016

Basta con genitori minacciati da docenti e medici!

Ho ricevuto dalla gente attestazioni di stima, ma anche opposizioni. 
I più che si sono opposti lo hanno fatto solo leggendo il titolo, gridando al presunto insulto che io farei ai “diagnosticati di DSA” e minacciando denunce. 
Mi sono chiesta perché questo titolo desse tanto fastidio, visto che ancora neppure si conosce il contenuto dato che la sua reperibilità risale al 1 dicembre 2016! Ma no, forse non me lo sono chiesta, lo sapevo già il perché: perché come ampiamente dimostrato nello scritto citato, vado ad intaccare molti interessi economici.
L’insulto più frequente è di approfittarmi di voler chiarire le idee su disturbi dell'apprendimento ai genitori e a tutti coloro che sono interessati, per vendere il libro. Chissà perché però non si pensa mai di insultare chi prescrive senza motivo farmaci, sedute e incontri logopedici e psicologici per tempi infiniti e centinaia di migliaia di euro, che se non sono pagate direttamente allo studio privato dalla famiglia, vengono comunque sborsati dallo Stato, anche alle strutture spesso convenzionate che si occupano di tali questioni.
Ma in realtà non volevo parlare di tutto questo, anche se vi confesso che è difficile tacere agli insulti ingiustificati: ma ho solo voluto dare una risposta a coloro che mi hanno chiesto di farlo. 
Vi scrivo piuttosto (come faccio oramai da più di due anni sul mio blog www.figlimeravigliosi.it), per parlarvi di un’altra realtà terribile che non ho evidenziato nel libro — perché troppi discorsi ci sarebbero da fare e potrebbero essere lo spunto per un ulteriore testo —, ma di cui spesso mi raccontano i genitori disperati che arrivano da me. E pertanto ve ne voglio parlare.
Vorrei partire dal presupposto che la scuola non è un obbligo, l’obbligo è dell’istruzione. Mi spiego meglio.

lunedì 28 novembre 2016

Back to school. Bambini senza DSA: una realtà possibile!


Bambini senza DSA: una realtà possibile!
Come nascono, si prevengono e si superano i Disturbi Specifici dell’Apprendimento.

Doveva essere così.
Dovevo scrivere di una ingiustizia continuamente perpetrata ai danni dei più piccoli. Sì, è vero, l’ho già fatto nel passato, ma questa volta ho motivato il mio dire, ho giustificato scientificamente la mia pedagogia e la mia teoria.
Bisogna dire la verità, sempre. Bisogna avere il coraggio di farlo anche se questo significa trovarsi una parte della comunità contro…
Loro vanno difesi, i più piccoli intendo…
Vanno capiti pedagogicamente…
È così, la pedagogia serve a questo. A comprendere le necessità dei piccoli e dei meno piccoli. Ma non solo, la pedagogia serve ad aiutarli a crescere nel modo più idoneo permettendogli di essere se stessi, di diventare donne e uomini migliori dei loro padri e delle loro madri. 
E la pedagogia può tanto, può restituire la gioia di andare a scuola, la serenità di affrontare l’impegno dello studio. Può ampliare gli orizzonti di chi ne usufruisce: madri, padri, insegnanti, bambini e adolescenti, tutti, con la possibilità di vedere avanti senza pregiudizio, senza discriminazione, senza paura, senza imbrogli, senza abuso di “intelligenza”. 
Sì, la pedagogia può tutto questo contrariamente al giudizio, alle valutazioni, ai rimproveri, agli ammonimenti, ordini e messaggi di cui il mondo adulto è infarcito ed esercita la sua potenza sui più piccoli perché non conosce la pedagogia, perché non conosce il risultato negativo di quelle “violenze” normalmente somministrate dalla società scolastica e non come fossero soluzioni inesorabili per ogni realtà che esce da una norma quantistica. 
Ma la pedagogia può cambiare queste situazioni. 
Può spiegarti perché il tuo bambino è iperattivo, può spiegarti perché la tua bambina ha il problema della dislessia, e non solo te lo può spiegare, ma te lo può risolvere, lei, la pedagogia, quella vera, quella fatta di “relazione educativa”, quella che sa guardare all’unicità dell’essere umano e che lo sa ascoltare e valorizzare per ciò che è e per ciò di cui è sicura possa arrivare ad essere. Migliore. Migliore di me che l’ho generato. Migliore dei nostri padri che non hanno saputo mantenere istituzionalmente nella formazione dei docenti la pedagogia, escludendo così anche la relazione umana che, insieme alla mancanza pedagogica, ha poi generato dislessia, discalculia, iperattività, in poche parole, bambini fragili e infelici. 
Quindi c’è bisogno di far crescere bambini migliori, per una migliore umanità, per una migliore società, per una migliore comunicazione nel mondo. Migliori. Sempre. Perché la pedagogia rende tali.
E per fare tutto questo basterebbe solo avere il coraggio dell’umiltà, intesa come capacità di guardarsi dentro e mettersi in discussione. Accettare l’idea di dover imparare anche da adulti e soprattutto se tra le mani abbiamo altre piccole vite umane che dipendono da noi. Basterebbe accettare l’idea di aver sbagliato o di non sapere, di non conoscere o addirittura di voler ignorare.
Basterebbe guardare i nostri figli o i nostri studenti ed accorgerci che qualcosa ci sta passando vicino (la pedagogia), ma non riusciamo a coglierla perché non la conosciamo! 
Infine poi, basterebbe accettare l’idea che una pedagogista possa mostrarci la realtà che ignoriamo e che spesso non vogliamo neppure vedere…
Fare tutto questo solo per loro, perché le nostre piccole donne e i nostri piccoli uomini possano crearsi un futuro migliore… migliore del nostro. E la pedagogia può fare tanto, soprattutto se gli adulti si rendessero complici di un cambiamento oggi realmente fattibile.

Dr.ssa Tiziana Cristofari
© Tutti i diritti riservati

Il libro è reperibile 
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La promozione è valida solo da sabato 7 settembre a domenica 15 settembre 2019 

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Un titolo e un contenuto sicuramente contro tendenza, dato che libri e manuali sull’argomento parlano solo di come riconoscere i disturbi dell'apprendimento e quali sono gli strumenti dispensativi e/o compensativi per sostenere una realtà che, secondo la maggioranza della comunità scientifica, non ha soluzione in quanto i disturbi sarebbero causati da fattori genetici o neurobiologici.
Nel mio libro affronto scientificamente tutti questi argomenti e li smonto uno per uno dimostrando come sia improbabile quanto viene affermato. Ma soprattutto spiegando perché la comunità scientifica non ha ancora compreso o voluto comprendere, che questi “disturbi” mettono radici lì dove la scuola e la famiglia crescono figli e studenti senza una pedagogia adeguata.

Descrizione del libro. È intelligentissimo, ma il maestro mi dice che non ascolta. Legge stentatamente e la maestra mi ha detto che potrebbe essere dislessica. Non ricorda le tabelline e mi hanno detto che potrebbe essere discalculico. Mi hanno consigliato il logopedista. Mi hanno detto che dovrei portare mia glia a fare una visita dalla neuropsichiatra infantile. Poi ho letto un suo articolo. Poi cercando su internet il significato di queste parole mi sono imbattuta nel suo sito... È con le stesse parole che un papà arriva da una pedagogista che ha trovato la soluzione ai disturbi specifici dell’apprendimento. Inizialmente scettico, ma speranzoso - perché sua figlia, presunta dislessica, ha difficoltà relazionali con lui e un calo del rendimento scolastico -, s’imbatte in un’avventura scientifica, realistica e umana senza precedenti. Andrà alla scoperta del pensiero di medici e pedagogisti di fama mondiale che gli spiegheranno perché quello che comunemente si racconta sui disturbi dell’apprendimento non è realistico, trovandosi così involontariamente alla ricerca di una conoscenza genetica, neurobiologica, psicologica e soprattutto pedagogica di cui era profondamente allo scuro come del resto buona parte della comunità scientifica ed educativa. Riuscirà in questo modo a capire come nascono, come si prevengono e come si superano i disturbi dell’apprendimento. Ma soprattutto imparerà come è possibile evitarli con l’applicazione di una scienza che nel tempo è stata annullata dalla politica e negata nella formazione dei nuovi docenti: la scienza pedagogica.
Oggi il 25% dei bambini di una classe viene diagnosticato con un disturbo dell’apprendimento. Dicono che il problema è genetico o neurobiologico e per questo non si può far nulla se non dispensare e/o compensare. E se così non fosse?
La dottoressa Tiziana Cristofari pedagogista e docente, con l’aiuto tratto da teorie e prassi di eminenti e riconosciuti studiosi in pedagogia, psicologia e psichiatria - tra i quali Giovanni Genovesi, Shinichi Suzuki, Howard Gardner, Lev Semënovič Vygotskij, Massimo Fagioli -, ha dimostrato come sia ampiamente improbabile che i disturbi specifici dell’apprendimento abbiano origine genetica o neurobiologica e come invece siano il frutto dell’assenza totale di pedagogia scolastica e familiare. 
Codice ISBN: 9791220015424
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mercoledì 2 novembre 2016

Tiziana ti scrivo 11... Una mamma sa dove si trova la libertà

Gentile Dottoressa Cristofari, mi chiamo C. A. T. e sono la mamma di due meravigliosi bambini Fabrizio 5 anni e Sofia 7.
Leggo spesso i suoi articoli… in realtà leggo tanto tutto ciò che mi interessa, mi piace leggere. Ma devo dire che i suoi articoli che parlano di vita, di amore, di relazioni, li adoro.
Sono sicura che molte mamme la cercheranno per parlarle dei loro figli, io invece la cerco perché vorrei parlarle di me, sempre nella speranza che lei abbia voglia di perdere un po’ del suo tempo per starmi ad ascoltare.
So che i pedagogisti non si occupano solo di bambini ma anche di adulti, e credo che questo pensiero e i suoi meravigliosi articoli siano stati lo stimolo a scrivere questa lettera.
Non so se le è mai capitato di desiderare qualcosa profondamente ma di non poterla ottenere.
Quando guardo i miei bambini spero sempre che loro non debbano mai sentire questa frustrazione. Io recentemente la vivo spesso per un qualcosa che dovrebbe essere alla portata di tutti, ma che sfortunatamente non lo è.
Sono sola da tre anni, da quando mio marito ci ha lasciati per un’altra sicuramente migliore di me. Il problema è che non ha lasciato solo me, ma ha letteralmente abbandonato i suoi figli: non li vede più e nemmeno li mantiene. Ma lei starà pensando perché le racconto tutto questo…

giovedì 27 ottobre 2016

Come essere genitori vincenti con insegnanti inadeguati

Il femminile e il maschile per par condicio sono usati indifferentemente in tutto l’articolo.

Una delle richieste che i genitori mi pongono più spesso è quella di voler sapere come è possibile proteggere i propri figli da richieste spesso inaccettabili degli insegnanti e del sistema scuola in generale.
Se è vero e giusto (come più pedagogisti hanno dimostrato) che i bambini possono e devono avere il loro tempo; se è vero che non tutti i bambini apprendono nello stesso modo e con la stessa didattica (come più psicologi cognitivi e pedagogiisti hanno dimostrato); se è vero che i disturbi dell’apprendimento sono frutto di una cattiva e/o totale assenza di pedagogia e pertanto di relazione educativa (come ho dimostrato nel mio ultimo libro di imminente uscita Bambini senza DSA: una realtà possibile!); se è vero che i bambini hanno un loro specifico orientamento o verso processi sintattici e fonologici, per cui saranno orientati ad una intelligenza linguistica, o verso un orientamento semantico pragmatico e avranno pertanto un orientamento logico-matematico (come ha ampiamente dimostrato lo psicologo cognitivista Howard Gardner); allora come possiamo continuare a livellare tutti gli studenti scadenzando test di conoscenza, comprensione, abilità, con tempi ristretti, creando così atmosfere in classe di tensione e paura, creando competizione e frustrazione tra gli studenti, creando disparità tra chi ha una mente con intelligenza linguistica e chi ce l’ha logico-matematica, quest’ultima più portata a ragionare per quiz e test?

La maestra a casa 

I bambini delle scuole primarie e non solo, ma loro più di tutti, hanno il diritto di apprendere gradualmente e soggettivamente senza doversi vivere la frustrazione di “non avere gli stessi tempi e prestazioni degli altri”. Ma come fare se il sistema scolastico è così uniformemente portato alla  costante valutazione del rendimento senza mai mettere in discussione tale dinamica nonostante studi di settore ed evidenti realtà umane ne dimostrino le incongruità?

lunedì 10 ottobre 2016

Tu@ figli@ va male a scuola? Sappi che gran parte della responsabilità potrebbe essere tua.

Tu@ figli@ va male a scuola? Sappi che gran parte della responsabilità potrebbe essere tua.


Capire perché un bambino o un adolescente non va bene a scuola è sempre stato uno dei miei più grandi interessi in quanto docente.
Ma sono anche e soprattutto una pedagogista, ovvero una studiosa, una ricercatrice dei processi educativi e dell’apprendimento. La pedagogia pertanto (che si prefigge di rendere gli uomini e le donne sempre migliori), mi spiega perché alcuni studenti hanno difficoltà scolastiche portandomi spesso in una direzione ben precisa: quella della famiglia.
Oggi nei problemi scolastici si tende a indirizzare l’argomento soprattutto verso i bambini etichettandoli con acronimi quali BES, DSA, ADHD ecc. e riconducendo il tutto a una diagnosi, quindi ad una problematica insita nel bambino stesso. Si comincia alle elementari con una bella certificazione di qualche specifica difficoltà (discalculia, dislessia, disgrafia, disortografia e chi ne ha più ne metta!) e si è condannati per tutta la vita. Di questo però ne ho già parlato tanto e anche scritto, l’ultimo libro Bambini senza DSA: una realtà possibile! sarà in vendita tra pochi giorni.
Ora invece voglio parlare di tutti quei bambini o adolescenti che non hanno mai avuto una certificazione (e non per questo se la devono adesso andare a cercare!), ma che stentano a prendere il sei, hanno difficoltà di vario genere, e ogni fine anno scolastico dubitano se passeranno alla classe successiva.

domenica 9 ottobre 2016

Perché tanti conflitti tra docenti e studenti?

La risposta la potrai trovare in questo meraviglioso romanzo di formazione:

UN LUNGO DIALOGO TRA UN ADULTO E UN GRUPPO DI RAGAZZI, MA ANCHE TRA UN GRUPPO DI RAGAZZI E UN ADULTO DISPOSTO AD ASCOLTARE DAVVERO.

Travestendolo da romanzo, Tiziana Cristofari riesce a rendere piacevole e godibile un autentico trattato ad alto contenuto culturale, sociale, educativo. Partendo dal presupposto che l’educazione del bambino, poi ragazzo e adulto, rappresenta uno dei pilastri su cui si fonda una società migliore, un’insegnante s’impegna per fare con i suoi alunni un lavoro più ampio, di vera formazione dell’individuo, spingendosi ben oltre il semplice insegnamento delle materie scolastiche, pur senza trascurarlo. Lo spunto è una gita scolastica che viene revocata per punizione. Emerge, a questo punto, la professoressa rivoluzionaria, quella che si sente coinvolta dai suoi studenti e che li sa coinvolgere, quella che sa vedere i limiti dell’attuale situazione scolastica e che li affronta. E qui iniziano i conflitti con gli altri professori: la necessità di formare nuovi educatori emerge con prepotente urgenza, prima ancora di poter avere esseri umani più maturi e responsabili.

Presentazione:
Carmela Covato
Prof. ordinario, Università degli Studi di Roma Tre.
Prefazione:
Gaetano Bonetta
Preside della Facoltà di Scienze della Formazione, Università degli Studi “G. D’Annunzio” Chieti-Pescara

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