domenica 24 settembre 2017

Cosa sono i centri DSA? Posti da valutare attentamente

Mi capita spesso che arrivano da me genitori scappati dai “centri DSA e BES” che gli hanno fatto spendere tanti soldi senza alcun risultato oggettivo per l’andamento scolastico del proprio figlio.
Certo, il fenomeno “disturbo dell’apprendimento” diventato un’epidemia ha creato i “centri DSA”, ovvero studi polifunzionali con psicologo, neuropsichiatra, logopedisti, pronti a certificare e “curare” ciò che non esiste.

È semplice, se si tenta di far passare un mal di stomaco da stress facendo endoscopie che non riveleranno nulla e dando semplicemente farmaci per la gastrite, come si sospende il farmaco il mal di stomaco ritorna, a meno che nel frattempo non si sia superato lo stress causa del mal di stomaco. Questo però oramai lo sanno un po’ tutti ed è accettato dalla collettività. C’è chi sostiene addirittura che lo stomaco, come l’intestino sia una seconda mente perché su di esso si canalizzano le tensioni della vita di tutti i giorni portando la stitichezza da stress o appunto, il mal di stomaco. Così anche per la stitichezza hanno inventato tanti bei lassativi, ma non sono riusciti a creare la pillola della “vita senza stress” che avrebbe risolto il problema una volta per tutte. Stress, farmaci, e poi ancora farmaci e altrettanto stress. Tanto che, vista la bella fetta di mercato sull’adulto che in ambito farmacologico porta a enormi guadagni, perché non puntare un po’ all’altra fascia d’età, quella della prima infanzia e dell’adolescenza? Poi ci mettiamo anche il fatto che siccome il “disturbo” dell’apprendimento non si cura, per anni possiamo fare psicoterapia, logopedia, ora va di moda psicomotricità e via cantando…

domenica 17 settembre 2017

Ecco le cause per cui i vostri figli vanno male a scuola

Vi ricordate quando gli insegnanti dicevano:
  • è intelligente ma non si applica; 
  • potrebbe fare di più ma è spesso distratto;
  • non ascolta quello che dico e quindi poi non sa cosa deve fare;
  • fa molti errori di grammatica, dovrebbe esercitarsi di più;
  • non legge ancora bene, dovrebbe leggere di più;
  • non ha voglia di studiare;
  • scrive male, dovrebbe fare più esercizio con le righe giuste e nei quadretti grandi;
  • deve studiare di più le tabelline perché ancora non le conosce bene;
  • non ragiona è sempre con la testa fra le nuvole altrimenti sarebbe bravissimo;
Oggi dicono:
  • non si applica, potrebbe avere qualche difficoltà cognitiva;
  • si distrae continuamente e non presta attenzione a ciò che dico, potrebbe avere l’ADHD;
  • fa molti errori di grammatica, potrebbe essere disortografica;
  • scrive male, potrebbe essere disgrafico;
  • non sa le tabelline potrebbe essere discalculico;
  • legge stentatamente, potrebbe essere dislessica.

martedì 12 settembre 2017

Ecco come ho risolto un problema di dislessia

I bambini si sa, credono molto in ciò che gli adulti dicono, soprattutto se sono i propri genitori.
Quello che non si sa è che un bambino, a volte, riesce a costruire il suo bisogno di affettività e attenzioni su una problematica scolastica (DSA) a lui conosciuta e su cui il mondo adulto rivolge l’attenzione. E il piccolo, scoprendo il piacere delle attenzioni si autoconvince che quella difficoltà momentanea nell’apprendimento, superabile, deve essere esattamente come gli adulti dicono che è. È chiaro che per lui il ragionamento non è cosciente, è una spinta, un impulso a costruire il suo pensiero in un certo modo perché gli fa più comodo, ma confermando così quanto vanno dicendo della sua capacità di apprendimento.

Mi spiego meglio.

Vi ricordate le letterine scambiate nella lettura o nella scrittura (D con T, S con F, A con E e via cantando?), fatte passare dalla comunità scientifica come problemi di dislessia? Bene vi racconto un fatto  uno dei tanti che mi sono capitati  di questo “disturbo dell’apprendimento” che uomini di scienza, medici neuropsichiatri, biologi genetisti, logopedisti e docenti poco formati ululano alla genetica e a qualche malformazione neurologica. Senza ovviamente avere alcun confronto con chi conosce formazione e didattica in modo ottimale.

Rosita (il nome è di fantasia) era una bambina che frequentava la seconda classe della primaria… oggi fa la quarta, ma non viene più al mio studio; le bastarono 4 mesi, e per “magia” i neuroni capricciosi e il gene depresso hanno deciso di andare a far visita a un altro malcapitato.

sabato 9 settembre 2017

Insegnanti: professione o vocazione? L'errore del nostro pensiero…

Sembra proprio, in questo inizio di anno scolastico 2017/18, che vada di moda una certa competizione tra chi dichiara che per fare l’insegnante bisogna avere una “vocazione” e chi invece sostiene essere una “professione”.
La Ministra Valeria Fedeli sostiene che la vocazione non serve e che si parla di professioni. Dirigenti scolastici sostengono che la vocazione è tutto, perché bisogna fare questo lavoro con passione e sentimento, dato che si ha a che fare con esseri umani piccoli.

Allora mi domando.

E i grandi non hanno diritto a usufruire di professionisti capaci di svolgere il loro mestiere con passione e sentimento?