Erano anni che non mi allettavo come questo fine 2017. Ho cominciato a metà dicembre con vertigini e nausea, poi sono andata a star meglio fino a quando non è giunta anche l’influenza che mi ha tenuto compagnia con tutti i postumi fino a dopo Capodanno. Nel frattempo a livello politico c’è stata una svolta epocale per la mia professione (riconoscimento del ruolo dei Pedagogisti e degli Educatori) con la Legge 205/2017 che, lo ammetto, solo negli ultimi giorni riesco a prenderne pienamente atto e a riconoscermi la portata di quanto andavo aspettando da anni insieme a tantissimi altri professionisti come me.
Nel frattempo così, tra una dormita di troppo e un mal di testa ho potuto riflettere sul discorso della professionalità che la legge riconosce a determinate categorie di laureati. Nel nostro caso la Legge 205/2017 dichiara che per svolgere un certo tipo di lavoro devi essere qualificata possedendo una determinata istruzione, ovvero un pezzo di carta, un titolo che ti rende “abilitato”.
Ed ecco che uno pensa che un’influenza sia solo un’influenza e che disturba il quotidiano e che devi solo rassegnarti e aspettare che tutto passi. Ma per le mie a volte fastidiose elucubrazioni sui perché e sui percome della vita e del lavoro, ammetto che è servita anche questa esperienza quasi (fortunatamente) da troppo tempo dimenticata.
Come era ovvio che fosse gli ingordi del mondo del web non ci hanno pensato due volte a farsi sentire con tutte le cattiverie del caso anche per quanto riguarda il riconoscimento del nostro ruolo: va bene poverini, altrimenti perdono l’abitudine! Ma in qualche modo mi hanno fatto riflettere e in virtù di questo vorrei condividere con voi questa riflessione che non ci dovrebbe mai permettere di abbassare la guardia quando facciamo riferimento a un professionista.