domenica 27 settembre 2020

Psicopedagogia e neuropedagogia sono solo un’illusione

 


L’utilizzo delle parole è fondamentale soprattutto se dobbiamo comunicare un messaggio ad altri e lo dobbiamo fare comunicando il vero. È per questo che torno per specificare come l’utilizzo di alcune terminologie potrebbero indurre a fraintendimenti e di cui il web e non solo, ne sono pieni.

Più volte ho spiegato la confusione che le persone hanno, soprattutto le famiglie, sul concetto di educazione e pertanto di pedagogia. Se la pedagogia è lo studio scientifico dell’educazione, va da sé che i due termini pur non essendo sinonimi (in quanto il primo studia e il secondo applica), contribuiscono tutti e due a parlare di educazione e solo di educazione.

Allora facciamo delle precisazioni.

lunedì 21 settembre 2020

Nuove verità scientifiche sui disturbi dell’apprendimento

 


Nel 2014 dopo anni di esperienza con i bambini come pedagogista e insegnante, cominciai a scrivere di come a mio avviso i disturbi specifici dell’apprendimento (dislessia, discalculia eccetera) non fossero tutti su base organica geneticamente determinati espressioni di disfunzione cerebrale, ma piuttosto mettevo l’accento sulla carenza di pedagogia, ovvero di educazione e di didattica adeguata*.

I miei studi di psicologia sulla teoria di Massimo Fagioli a supporto del mio lavoro, mi avevano portata alla conclusione che determinati comportamenti, parole e modalità di interazione degli adulti causavano specifiche risposte negative o positive nell’apprendimento dei bambini.

martedì 15 settembre 2020

Bambini trattati come macchine che poi si inceppano.


Come si fa a spiegare a un genitore che i bambini hanno bisogno di tempo per imparare, capire e… ancora di più per recuperare?

Forse perché sono cambiati i tempi, perché tutto va fatto in fretta, perché la tecnologia ci ha dato la presunta conoscenza di tutto e subito. Quando non sappiamo qualcosa cosa facciamo? Velocemente apriamo internet, digitiamo la parola che ci interessa ed esce immediatamente tutto lo scibile su quella parola. In questo modo ci siamo abituati a pensare che imparare sia facilissimo e velocissimo. Ma devo darvi una profonda delusione: non è così.


L’apprendimento ha bisogno di tempi lunghi e non solo per i bambini, anche per gli adulti, piaccia o non piaccia. Conoscere il significato di una parola, leggere tre righe su un argomento non significa conoscere, non significa aver appreso, né forse compreso.

Ai nostri bambini chiediamo troppo in troppo poco tempo e così li facciamo ‘inceppare’. E dopo che si sono inceppati gli diciamo pure che sono stupidi, che non sono come gli altri e gli togliamo tutta la possibilità per costruirsi un’autostima capace di farli andare avanti da soli, di lasciarli studiare serenamente. A me, come insegnante, tutto questo mi fa indignare.

venerdì 11 settembre 2020

A scuola per essere portatori di vita, non di morte. Elogio della mascherina.

 


È diventato il tormentone di questi ultimi giorni, mascherina sì, mascherina no, difficoltà degli insegnanti a comunicare con i bambini che non comprenderanno più i sorrisi. Bene, è vero, la pandemia ci ha tolto parte di quella quotidianità che molti insegnanti reputano sostanziale. Ma non è colpa di nessuno di noi: i virus nella storia ci sono sempre stati e hanno sempre fatto dei danni enormi, oggi dobbiamo difenderci.

Eppure, a pensarci bene, siamo un popolo di polemiconi. 


Tiriamo qualche somma.

Il Covid-19 uccide, lo abbiamo visto tutti eccetto chi nega, ma sono fortunatamente una piccolissima parte della popolazione.

La polemica che nasce sul presunto male che farebbe la mascherina, la osserverei con più occhio ‘clinico’ in quanto i chirurghi lavorano indossandole tutto l’arco della loro vita professionale e non mi risulta che mai qualcuno di loro abbia sollevato la questione di malattie respiratorie per l’uso della mascherina. I nostri bambini le indosserebbero per un anno scolastico, quale danno mai potrebbero provocare loro se non garantirgli la salute?

La mascherina insieme ad altri accorgimenti (lavare le mani e distanziamento), è il nostro più importante dispositivo di sicurezza per non contagiare ed essere contagiati, pertanto trovo inutile polemizzare su questo, chi lo fa, non ha capito contro chi sta lottando. Dovremmo essere anzi molto contenti di avere un dispositivo che ci consenta di evitare di ammalarci continuando a vivere tutto sommato normalmente. E invece ci insultiamo e polemizziamo per l’utilizzo che gli esperti, gli scienziati, ci chiedono di farne. Io personalmente se avessi un figlio che va a scuola per otto ore gli chiederei di indossarla il più possibile anche se gli fosse consentito non tenerla, gli chiederei di continuare a essere portatore di vita e non di morte.

martedì 8 settembre 2020

Una lettera dolcissima di una mamma per le altre mamme

 


Cara maestra Tiziana, le scrivo in risposta a tutti i suoi articoli che ogni volta leggo con piacere e con un pizzico di rammarico per non averla conosciuta prima o, per meglio dire, per non avere avuto prima la salute mentale che mi serviva a comprenderla.

Sono una mamma di un bambino che oggi fa la seconda media con un po’ di fatica ma decisamente molto meglio di come sono andate le scuole elementari (mi permetta di chiamare le classi come si faceva prima della riforma).

Non le scrivo solo per ringraziarla, ma soprattutto perché vorrei che lei, che si trova nel settore della scuola, pubblicasse questa mia storia, vorrei dare un mio contributo al mondo dell’infanzia.

Quando il mio bambino iniziò le scuole elementari le insegnanti mi dissero subito che poteva avere dei problemi perché non stava al passo con gli altri e, a loro dire, aveva un comportamento non consono; ma di tutto questo lei ne ha già parlato tanto nei suoi articoli e il mio racconto su mio figlio sarebbe solo una ripetizione.

Quello che si dice molto meno, o meglio quello che le mamme non dicono —perché lei lo ha fatto spesso anche se ha utilizzato altri termini—, è dichiarare quanto male, quanto disagio, noi genitori possiamo creare ai nostri figli.

giovedì 3 settembre 2020

L’inascoltato urlo dei più piccoli. La verità sulla scuola e l’istruzione nel periodo Covid-19

 


Ci sono moltissime situazioni nel mondo della scuola che non mi piacciono: la superficialità con cui si affrontano le realtà difficili dei bambini, le insegnanti anaffettive, le violenze psicologiche sugli studenti eccetera. Tutte realtà che se si vogliono vedere indignano genitori e la società tutta.

Recentemente però, con il problema del Coronavirus, ce ne è una che mi salta all’occhio più di tante altre e di cui se ne fa spesso un uso strumentale. Ma l’uso strumentale è il minore dei danni. Si sta diffondendo la notizia, infondata, che i bambini non si ammalano di Covid-19 e pertanto, a loro dire, tutto il chiasso che si fa sulla questione parlando di scuola sarebbe terrorismo. 

Forse è il caso che si metta qualche punto fermo sul danno ‘non fisico’ o non solo, che il virus sta portando nelle scuole e che il mondo della politica e dell’informazione tacciono.

martedì 1 settembre 2020

Perché falliscono i corsi di aggiornamento degli insegnanti


Pubblicato su Aganews il 18 ottobre 2019.

Parto da un dato: i risultati dei test Invalsi, resi noti a luglio di quest’anno, hanno certificato che il 35% degli studenti delle superiori di primo grado (ex terza media), ha difficoltà a comprendere un testo di italiano. 
Il dato più allarmante però — visto che nonostante i risultati Invalsi, la politica non si attiva per modificarne gli esisti —, è che la dispersione scolastica non accenna a diminuire: siamo il Paese europeo con più abbandoni superata l’età dell’obbligo scolastico.
Mauro Boarelli sostiene che gli insegnanti sono sempre più preparatori ai test Invalsi e meno insegnanti; in tal modo gli Invalsi andranno poi a descrivere la realtà che gli insegnanti hanno istruito con i test stessi. Perché, sempre secondo Boarelli (con il quale concordo pienamente), oggi non c’è alcun interesse a formare un pensiero critico. L’orientamento di tutto il sistema scolastico è quello di produrre competenze. 

Classi 1^ e 2^ primaria, decisive per il rendimento scolastico

 



Nel mestiere di insegnante ci sono moltissimi momenti che danno soddisfazione: quando vedi i bambini imparare argomenti nuovi, quando superano ostacoli, quando ti sorridono compiacenti e compiaciuti, quando ti cercano perché tu sei diventata uno dei loro punti di riferimento. Ma ce ne è uno in particolare che mi dà soddisfazione più di tutti gli altri: quando dopo aver lavorato sodo, i piccoli non hanno nessuna intenzione di andare via. Lì capisci che sei riuscita a dare di più di quello che ti chiedono, capisci che sentono che l’obiettivo non è finalizzato a imparare quell’argomento o quella competenza, ma a fargli amare lo studio, a farli star bene. E quando si raggiunge questo, loro, ma anche io, abbiamo vinto per sempre.

Molti anni fa leggendo il libro Pigmalione in classe, scoprii una cosa che mi impressionò moltissimo e che feci diventare mia. Scoprii cosa permetteva a ogni bambino di poter amare la conoscenza non come strumento per diventare tutti dottori, ma come arma pacifica per affrontare la vita. Robert Rosenthal, l’autore del libro, aveva scoperto che i bambini che ricevevano stima e fiducia da parte dei propri docenti, non solo ottenevano enormi risultati a scuola, ma gli stessi li mantenevano nel tempo anche se gli insegnati successivi non riponevano in loro le stesse aspettative.