martedì 8 settembre 2020

Una lettera dolcissima di una mamma per le altre mamme

 


Cara maestra Tiziana, le scrivo in risposta a tutti i suoi articoli che ogni volta leggo con piacere e con un pizzico di rammarico per non averla conosciuta prima o, per meglio dire, per non avere avuto prima la salute mentale che mi serviva a comprenderla.

Sono una mamma di un bambino che oggi fa la seconda media con un po’ di fatica ma decisamente molto meglio di come sono andate le scuole elementari (mi permetta di chiamare le classi come si faceva prima della riforma).

Non le scrivo solo per ringraziarla, ma soprattutto perché vorrei che lei, che si trova nel settore della scuola, pubblicasse questa mia storia, vorrei dare un mio contributo al mondo dell’infanzia.

Quando il mio bambino iniziò le scuole elementari le insegnanti mi dissero subito che poteva avere dei problemi perché non stava al passo con gli altri e, a loro dire, aveva un comportamento non consono; ma di tutto questo lei ne ha già parlato tanto nei suoi articoli e il mio racconto su mio figlio sarebbe solo una ripetizione.

Quello che si dice molto meno, o meglio quello che le mamme non dicono —perché lei lo ha fatto spesso anche se ha utilizzato altri termini—, è dichiarare quanto male, quanto disagio, noi genitori possiamo creare ai nostri figli.

La mia è sempre stata una famiglia che vista da fuori sembrava “normale”, forse addirittura felice. Eppure io sentivo che qualcosa non andava. Le critiche degli insegnanti sul mio bambino sembravano non toccarmi, eppure lui era il mio bambino e io ero consapevole che avesse dei problemi a scuola, ma non reagivo. Proseguivo la mia vita come se fossi apatica, come se tutto fosse normale, appunto. 

Poi un giorno sognai di andare a donare il sangue e il medico addetto al prelievo mi diceva che non ne avevo più.

Non saprei dirle perché, ma quel sogno mi svegliò all’improvviso. Avevo in qualche modo intuito che stavo male, non avevo più sangue… non avevo più nulla di umano da dare agli altri…

Spaventata cominciai una psicoterapia. Fu durissima. La mia intuizione era corretta ero diventata fredda, anaffettiva e mio figlio non lo vedevo più. Stavo facendo ammalare anche lui e me lo dimostrava con il rendimento scolastico che tentavo di ignorare, forse addirittura di negare.


Ci sono voluti due anni prima che le cose cominciassero a cambiare un pochino e il mio bambino aveva oramai portato avanti la scuola stentatamente. Aveva accumulato lacune profonde e le insegnanti non lo avevano mai sostenuto, mentre le pressioni che la società ti impone non sono facili da sopportare, come non è stato facile credere fino in fono alla psicoterapia. Mi accorgevo dei cambiamenti che avvenivano dentro di me, ma allo stesso tempo li negavo, pensavo che mai sarebbe potuto cambiare qualcosa intorno a me. Poi invece, il mio percorso ha portato i suoi frutti. 

Quando presi coscienza delle carenze scolastiche del mio bambino stavo molto meglio e anche la mia relazione con lui era letteralmente cambiata; ma lui oramai aveva perso parti importanti della sua prima alfabetizzazione (come lei stessa ha scritto in un suo recente articolo) e si portava dietro grosse lacune. 


Ma ecco che arriva il Covid-19. Ed ecco la mia fortuna. Possiamo dire che la didattica a scuola per lui si è letteralmente interrotta. Noi viviamo in un paesino dove il collegamento internet funziona un giorno sì e due no e permette quasi solo l’invio delle email. Quindi per il mio bambino la scuola è letteralmente finita a marzo di quest’anno. Ma io, che oramai sto bene, ne ho approfittato. Leggendo i suoi articoli ho pensato che avrei potuto “sanare” quanto gli mancasse. Visto che il mio bambino non era più impegnato nelle attività scolastiche del programma di prima media, sono tornata indietro sulle conoscenze che a lui restavano oscure seppur programma di scuola elementare. Abbiamo lavorato da marzo a metà agosto ininterrottamente sulle sue difficoltà, poi ci siamo permessi una piccola vacanza e ha funzionato!  A lui non è dispiaciuto fare cose che gli riuscivano più semplici e altre che non aveva capito; anzi devo dire che, riuscire in quello che gli proponevo, lo ha reso più sicuro di sé, aveva più voglia di fare. Ma allo stesso tempo siamo riusciti a colmare le lacune nella grammatica e nella matematica che si portava dietro e che gli rendevano difficile la scuola media. Certo del programma delle medie non abbiamo fatto nulla, ma lui adesso è più forte e questo mi riempie il cuore.


Maestra Tiziana, quello che lei afferma nei suoi articoli e nel suo libro è vero: le difficoltà dei nostri figli partono da noi ed è difficilissimo ammetterlo, quindi forse è difficilissimo che il genitore prenda la decisione di un approccio educativo e didattico alternativo a tutto questo, anziché pensare a una medicalizzazione. Ma come è stato difficile ammettere che io stavo male, è stato difficile ammettere che la psicoterapia poteva realmente aiutarmi, è stato altrettanto difficile ammettere che avrei potuto aiutare anche mio figlio semplicemente credendo che esiste un’educazione diversa (perché io ero diversa) da quella che pensavo di dargli, ma ce l’ho fatta.


Maestra Tiziana io non la conosco, ma quando leggo le sue pagine piango. Piango perché lei ha tracciato su carta la mia vita inconsapevolmente.

Ma questa lettera, non me ne voglia, non è per lei, ma per tutte le mamme e i papà che passano momenti difficili con i propri figli. Mi piacerebbe dare qualcosa a loro che li spinga ad avere coraggio, ma soprattutto stima e fiducia nei propri bambini. Spero che con questa lettera qualcuno possa guardare più in là delle apparenze.


Sofia S.



Gentile mamma Sofia, grazie. Pubblico con molto orgoglio la Sua lettera, sperando, come dice lei, che possa aiutare anche altre mamme o papà.


Tiziana Cristofari