martedì 15 settembre 2020

Bambini trattati come macchine che poi si inceppano.


Come si fa a spiegare a un genitore che i bambini hanno bisogno di tempo per imparare, capire e… ancora di più per recuperare?

Forse perché sono cambiati i tempi, perché tutto va fatto in fretta, perché la tecnologia ci ha dato la presunta conoscenza di tutto e subito. Quando non sappiamo qualcosa cosa facciamo? Velocemente apriamo internet, digitiamo la parola che ci interessa ed esce immediatamente tutto lo scibile su quella parola. In questo modo ci siamo abituati a pensare che imparare sia facilissimo e velocissimo. Ma devo darvi una profonda delusione: non è così.


L’apprendimento ha bisogno di tempi lunghi e non solo per i bambini, anche per gli adulti, piaccia o non piaccia. Conoscere il significato di una parola, leggere tre righe su un argomento non significa conoscere, non significa aver appreso, né forse compreso.

Ai nostri bambini chiediamo troppo in troppo poco tempo e così li facciamo ‘inceppare’. E dopo che si sono inceppati gli diciamo pure che sono stupidi, che non sono come gli altri e gli togliamo tutta la possibilità per costruirsi un’autostima capace di farli andare avanti da soli, di lasciarli studiare serenamente. A me, come insegnante, tutto questo mi fa indignare.


Oggi purtroppo, dopo il lockdown, ci sono tantissimi bambini che sono rimasti indietro con il programma seppur passati alla classe superiore, e quest’anno, con l’apertura difficile della scuola (orario totale più corto, banchi che ancora mancano, ore di 45 minuti, prossime elezioni, probabili quarantene ecc.) perderanno ancora ore di studio fondamentali soprattutto per il recupero, sempre se qualche insegnante avesse avuto voglia di farlo. Perché se è vero che molte insegnanti avrebbero dato spazio a un breve recupero all’inizio di quest’anno, proprio per sfruttare un orario ancora non pieno, è pur vero che alcune scuole hanno già chiuso per nuovi contagi e moltissime richiuderanno per elezioni. Quante ore di scuola perderanno ancora questi bambini? Quanto danno subiranno le prime classi sull’apprendimento di base? E poi quanto pretenderanno i genitori dal rendimento scolastico dei propri figli? E quanto le insegnanti?


Io inorridisco all’idea che per finire il programma dell’anno in corso (dopo aver interrotto chissà quante volte), per stare al passo con i più bravi, insegnanti e genitori presseranno questi bambini fino a farli scoppiare, fino a farli ‘inceppare’ appunto e poi correre a certificare, con la grande felicità di medici e logopedisti… e insegnanti!

Parlo, sfortunatamente o meno, con cognizione di causa, in quanto mi occupo proprio del recupero della didattica per i bambini che sono rimasti indietro. Purtroppo però l’atteggiamento di moti genitori non è sereno in quanto mi capita troppo spesso che pretendano un recupero in tempi brevi, come se il proprio figlio fosse una macchinetta alla quale schiacciare un bottone per farla funzionare a una velocità superiore. Purtroppo o per fortuna, non è così.

Quando un bambino deve recuperare, il suo impegno raddoppia: deve continuare a seguire il programma dell’insegnante di scuola, più il recupero di ciò che non ha ancora appreso. Tutto questo richiede un impegno mentale enorme che genitori e insegnanti troppo spesso non vogliono prendere in considerazione. 


Adesso con il nuovo anno scolastico ricevo numerose richieste di recupero del programma non fatto l’anno scorso, e dal punto di vista professionale non può che farmi piacere, dato che è il mio lavoro. Quello però che trovo assurdo e motivo di questo articolo, e anche un po’ motivo di frustrazione personale dato che i bambini per me sono tutto, è che il genitore pensa di recuperare da novembre a maggio, quando il bambino avrebbe più bisogno probabilmente di allentare, non di sovraccaricare l’impegno. Ma tant’è che non so per quale assurdo motivo, si pensa a un recupero sempre e solo quando l’insegnante strepita pressando le famiglie e quando il piccolo è già oberato di impegni; mentre non lo fanno mai in momenti di calma, ovvero quando il bambino sarebbe più prestante, seppur consapevoli della necessità di un recupero.


Abbiamo avuto il lockdown fino al 9 maggio, ma a pochissimi genitori è venuto in mente che forse recuperare nel periodo estivo poteva avvantaggiare il proprio bambino con il nuovo anno scolastico; avrebbe mantenuto con poco impegno l’allenamento alla conoscenza acquisita e avrebbe, sempre con poco impegno, ottenuto il recupero e un nuovo inizio di anno più sereno.

I bambini non sono macchinette. Se gli adulti ne fossero più consapevoli i bambini starebbero molto meglio. Riuscirebbero molto di più nell’apprendimento riservando anche ai genitori meno ansie e meno frustrazioni.

Ma credo che questo atteggiamento sia di carattere sociale ed educato* da una politica incapace, in quanto la stessa da sempre, per quanto riguarda l’educazione e l’istruzione, si comporta esattamente allo stesso modo. Quando si ha il tempo per fare le cose non si fanno (vedi le assunzioni del personale docente, che non si spiega perché debba essere fatto a settembre a lezioni già iniziate). E mi chiedo per quale motivo protestiamo per questo, per i docenti che mancano, quando noi genitori siamo i primi a comportarci alla stessa maniera. È come se l’apprendimento fosse relegato esclusivamente al periodo del calendario scolastico.


Vorrei ricordare al mondo adulto che non conosce come avviene l’educazione e l’apprendimento** del bambino, che quest’ultimo non è un computer che si accende con la nostra volontà, che apprende a comando se digitiamo un tasto, una parola, un argomento. I bambini sono esseri umani con proprie emozioni, sentimenti, realizzazioni o difficoltà, incertezze e delusioni (quest’ultime molte purtroppo) che vanno sapute gestire nel tempo e durante il loro percorso di crescita.

Se un bambino deve recuperare cari genitori, non aspettate che ve lo dica l’insegnante al primo colloquio di novembre, perché sarà già tardi. Intervenite per tempo permettendo a vostro figlio un sereno viaggio con il nuovo anno scolastico.


Dr.ssa Tiziana Cristofari

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* **T. Cristofari, Cos'è l'educazione e come si educa. Perché si ammalano i bambini. La pedagogia prima della patologia, in corso di stampa.


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