domenica 29 dicembre 2019

Quando il disturbo dell’attenzione è rifiuto


Se d’un tratto vi trovaste con il datore di lavoro che vi chiede prestazioni lavorative più complesse del solito; se vi incalzasse continuamente nel dirvi che non siete abbastanza attenti, abbastanza svelti, abbastanza capaci di fare ciò che vi comanda. Poi tornaste a casa e vostra madre vi apostrofasse dicendovi che con vostro figlio non siete abbastanza madre o padre, abbastanza severo, abbastanza rigorosa nel punire l’irruenza del vostro bambino. Immaginate poi che in serata arrivasse anche vostro padre dicendovi che la casa non è abbastanza pulita, non siete abbastanza bravi a fare piccoli lavoretti di idraulica o di elettricità, non siete abbastanza svelti nel potare le piante. E poi arrivasse addirittura vostra cugina rimproverandovi che dovete essere più disponibili con i vostri figli, che è essenziale che pratichino l’attività sportiva, e che in fondo dovreste passare più tempo con loro. 
Bene; come vi sentireste? O come vi sentite se tutto ciò già vi accade?

Adesso immaginate vostro figlio o vostra figlia, che vive esattamente la stessa cosa: va a scuola e trova una docente che non le dà fiato perché non è abbastanza attenta, abbastanza svelta, abbastanza brava, abbastanza disponibile. Poi torna a casa e trova una madre che, spaventata da tutti i “non abbastanza” segnati sul quaderno, comincia a fare ramanzine verbali continue perché si impegni, perché sia più veloce, perché sia più attenta, più brava, più prestante, più simpatica, più estroversa, più disciplinata, compiacente in ogni aspetto. Poi arriva di sera anche il papà, che vedendo i compiti ancora non finiti o fatti male, ricomincia con la solfa: “Ancora non hai finito? È quasi ora di cena, possibile che sei così lenta? Qui hai sbagliato: era tre più due e non meno due; perché non stai più attenta? Dobbiamo rifarli tutti; sei sempre la solita distratta.” E magari incalza pure: “Allora ha ragione la tua insegnante!”
Bene; come pensate che si possa sentire?

mercoledì 25 dicembre 2019

Le mamme che sbagliano fanno così!


Le mamme che sbagliano fanno così

Perché le mamme o i papà sbagliano con i propri figli quando quest’ultimi hanno difficoltà nello studio?

Perché trovano giustificazioni personali o solleciti ingiustificati dei docenti in una teoria, quella neurobiologica-genetica, che pretende di diagnosticare tutti i bambini con alterazioni cognitive per ogni difficoltà scolastica, anche se la stessa ha profonde radici nella didattica e nella pedagogica.

Nelle indagini mediche cui sottoponiamo i bambini con difficoltà scolastiche nessuna analisi viene fatta sul metodo e le capacità del docente. Nessuna analisi sulla relazione che il docente instaura o non instaura con il bambino. Nessuna analisi per comprendere la realtà familiare del piccolo che influisce enormemente sulle sue potenzialità per lo sviluppo cognitivo. 

martedì 10 dicembre 2019

Cosa impedisce lo sviluppo cognitivo sano dei bambini.


Dopo essermi laureata pensavo che mi sarei occupata della formazione degli adolescenti. Mi è sempre piaciuto il mondo adolescenziale e per qualche forma di alchimia il mio rapporto con loro, nonostante le difficoltà della loro età, è sempre riuscito, sono stata capace di trovare un canale di comunicazione per appassionarli alla materia scolastica, alla discussione, forse anche alla mia persona… anche se l’attività come docente l’ho iniziata in realtà con i diversamente abili dell’università, quindi con un’età ancora superiore.
Poi lentamente le cose sono cambiate. Un destino diverso ha deciso che io cominciassi a occuparmi dei più piccoli: dopo gli studenti del liceo ho lavorato con i preadolescenti delle scuole secondarie di primo grado, poi sono passata alle scuole primarie. 
Una volta qui il mio percorso è stato tutto in salita, inteso come una grande sfida e un grande lavoro oltre che un pesante nuovo impegno conoscitivo: il mondo dei disturbi dell’apprendimento ha richiesto per me una nuova responsabilità nella ricerca e pertanto nei nuovi studi pedagogici/scientifici, che mi hanno portata fino ai bambini del nido e della materna e conseguentemente a fare formazione ai loro educatori.
Insomma un percorso a ritroso affascinante e unico che mi ha permesso di approfondire la radice dei disturbi dell’apprendimento e di riscoprire il ruolo fondamentale e direi quasi unico, degli educatori di nido e materna.