martedì 21 luglio 2020

Lettera aperta alla Ministra dell'Istruzione Lucia Azzolina

Gentile Ministra Azzolina, dopo aver sentito della possibilità di assumere non laureati per bambini della materna e della primaria, mi permetto di ricordarLe che c’è una categoria laureata e molto qualificata, quella dei pedagogisti, che viene sistematicamente ignorata nonostante sia tra i professionisti più qualificati per diventare insegnanti di scuola primaria. Non capisco per quale motivo il pedagogista è titolato a fare aggiornamento ai docenti e progetti per elevare l’educazione e l’istruzione dei bambini, ma poi non sarebbe idoneo all’insegnamento. Lei pensa veramente che fare molti laboratori tecnici (come è previsto nel corso di Scienze della Formazione Primaria) renda veramente competenti i laureati per affrontare un periodo delicato come quello dell’infanzia che avrebbe bisogno come l’acqua di pedagogia? Io ho molte perplessità in tal senso; e Lei vorrebbe far salire in cattedra degli studenti senza alcuna qualifica, facendo così tornare indietro di 10 anni e più la scuola primaria, come quando in cattedra salivano solo i diplomati? Perché invece non usare i pedagogisti quando ne avete a disposizione tanti, più che qualificati e veramente idonei per i bambini della primaria? Le chiedo di pensarci a questo, perché la categoria dei pedagogisti avrebbe un valore inestimabile a scuola, e che oggi non è minimamente apprezzato né valorizzato.
Lei ha detto che la scelta dei non laureati ricade perché almeno sono coloro che hanno scelto quell’indirizzo di studi per passione e che quindi lo porteranno avanti bene. Le garantisco che quando io 25 anni fa decisi di iscrivermi a Scienze dell’Educazione (Scienze dell’Educazione Primaria non esisteva) fu proprio perché amavo e amo tutt’ora, insegnare. Era l’unico indirizzo universitario per l’insegnamento. Ma noi pedagogisti siamo diventati invisibili con il nuovo indirizzo di studi, non più idonei all’insegnamento, ma i maggiori esperti di pedagogia, educazione e istruzione. Non Le sembra una contraddizione? Esperti ma non idonei!
Non so se Lei avrà modo di leggere questo scritto; ma se lo farà Le chiedo solo di approfondire cosa sia la pedagogia e l’educazione, quale ruolo ha con l’istruzione per comprendere il valore dei laureati in tale disciplina. Per comprendere quanto —con il nuovo piano di studi di Scienze della Formazione Primaria che si esalta tanto, che è a numero chiuso come fosse una prerogativa per i soliti eletti—, si sta togliendo invece ai nostri bambini, e quanti professionisti, a Vostra disposizione, preparati e idonei per quella fascia di età si stanno ignorando. Dalla scomparsa della Montessori non c’è più stata a scuola la pedagogia e la sua mancanza è sotto gli occhi di tutti.
Ora Lei vorrebbe rimettere in cattedra i non idonei? I non preparati? Forse è giunto il momento che sulla scuola della prima infanzia da 0 a 11 anni, si faccia un vero passo avanti.
Cordiali saluti


Dr.ssa Tiziana Cristofari



sabato 11 luglio 2020

Ecco come aiutare i nostri anziani a rimanere attivi

Si dice spesso che quando un adulto diventa anzian@, torna a essere un po’ bambin@, soprattutto in riferimento all’indipendenza: il suo movimento richiede tempi più lunghi, i nostri gesti devono essere più delicati, hanno bisogno di essere ascoltati.

In realtà però non ci si sofferma mai a considerare che anche il loro pensiero torna ad avere delle esigenze che sono diverse, perché l’anzian@ è altro rispetto all’adulto.

E quando il pensiero cambia, anche la situazione intorno a lei/lui deve cambiare, altrimenti potrebbero innescarsi meccanismi di autodifesa che lo/la portano a lasciarsi andare, fino al punto da inficiare al sua stessa autonomia.

Quando un anziano comincia a pensare di non essere più efficiente come prima, di non essere più utile alla famiglia, di non meritare più la loro attenzione perché i giovani sono sempre troppo indaffarati, allora succede qualcosa nel loro pensiero che inibisce anche ciò che potrebbero fare tranquillamente in autonomia e lentamente si spengono. I figli vedono giorno dopo giorno i loro padri e le loro madri chiudersi alla vita e lo fanno perdendo la vitalità che fino a poco tempo prima dimostravano. Una vitalità che non dovrebbe spegnersi fino alla fine dei loro giorni, perché non corrisponde all’energia fisica, ma piuttosto a quella psichica che se mantenuta in buona salute e attiva permette alle donne e agli uomini della terza età di continuare a godersi la vita. 

Eppure per molti di loro che perdono la vitalità basterebbe davvero poco. Devono riuscire a ritrovare la motivazione per sentirsi ancora in gioco, ma soprattutto la devono ritrovare negli affetti che non appartengono esclusivamente alla sfera familiare. Per molti di loro la pedagogia può fare tantissimo perché è in grado di costruire attraverso un progetto pedagogico la motivazione per andare avanti e ritrovare l’entusiasmo di fare. Vi racconto una mia esperienza per spiegarvi quanto vi sto dicendo.