Articolo di Fabio Olivieri
All’indomani delle entusiastiche dichiarazioni per la proposta di legge sul riconoscimento delle professionalità educative in Italia, veniamo a conoscenza che il testo licenziato dalla VII Commissione cultura affossa, a colpi di emendamenti presentati dalla stessa relatrice e dalla parlamentare Binetti, ogni barlume di speranza per i 150.000 educatori e pedagogisti che si sono formati nei rispettivi percorsi accademici. Vediamo cosa è accaduto di specifico nella seduta del 31 Marzo, termine ultimo per la presentazione di emendamenti e subemendamenti per la proposta in questione. Rispetto ai contenuti previsionali dell’impianto normativo integrato, pdl Iori (C. 2656) e Binetti (C. 3247), le modifiche sostanziali possono essere sintetizzate in 4 punti fondamentali:
All’indomani delle entusiastiche dichiarazioni per la proposta di legge sul riconoscimento delle professionalità educative in Italia, veniamo a conoscenza che il testo licenziato dalla VII Commissione cultura affossa, a colpi di emendamenti presentati dalla stessa relatrice e dalla parlamentare Binetti, ogni barlume di speranza per i 150.000 educatori e pedagogisti che si sono formati nei rispettivi percorsi accademici. Vediamo cosa è accaduto di specifico nella seduta del 31 Marzo, termine ultimo per la presentazione di emendamenti e subemendamenti per la proposta in questione. Rispetto ai contenuti previsionali dell’impianto normativo integrato, pdl Iori (C. 2656) e Binetti (C. 3247), le modifiche sostanziali possono essere sintetizzate in 4 punti fondamentali:
- Al laureato in scienze dell’educazione non viene più riconosciuta la preparazione in ambito psicologico (art.10 c.2), che rappresenta un terzo degli esami previsti dall’attuale percorso di laurea accademico . Al suo posto fa ingresso la competenza “antropologica” di cui invece l’offerta formativa conta appena uno o due esami al massimo. Ciò può significare soltanto una cosa: annullare l’esclusività degli educatori e dei pedagogisti da tutti gli ambiti socio-educativi nei quali compaia il prefisso “psiche”, onde evitare di essere passibili di denuncia per abuso professionale da parte delle lobby ordinistiche (sentenza 10289/2011). Tutto questo avviene proprio quando in Parlamento giace da tempo la proposta di legge sullo “psicologo di base”. Norma che prevede l’obbligatorietà della presenza di questa figura professionale presso il medico di famiglia. Pronta ad intervenire in ogni caso “certificato” proponendo lo strumento della psicoterapia (art. 2 c. 4 Pdl 3215). Si configura inoltre all’orizzonte un altro delirium tremens: sarà necessaria la co-conduzione anche nell’ambito del coordinamento pedagogico dei nidi ? Perché “qualcuno” ,con interessi in merito, potrebbe rilevare che per educare in questo settore sono imprescindibili competenze psicologiche e che non essendo più annoverate tra le caratteristiche del nostro profilo professionale, debbano necessariamente essere delegate ad un facente funzioni: lo psicologo!