Prima o poi il pensiero profondo delle persone viene a galla.
L’Istituto comprensivo “Via Trionfale” di Roma, oggi scandalizza per avere distinto i vari plessi in base alle fasce socio-culturali dei suoi alunni: un plesso che accoglie famiglie del ceto medio-alto; uno per alunni con cittadinanza non italiana; un altro dell’alta-borghesia.
Come se non ci fosse spesso nelle scuole un pensiero palesemente discriminatorio e palesemente autorizzato dalla Pubblica Amministrazione ad essere discriminatorio.
Vi spiego perché.
Quando la Normativa Ministeriale del 27 dicembre del 2012 ha specificato chi sono i bambini con BES, ovvero con Bisogni Evolutivi Speciali, intendendo con questo acronimo i figli di immigrati, i bambini italiani con disagi sociali e/o economici, ha autorizzato di fatto gli insegnanti a fare un piano di studi personalizzato con la motivazione di rendere equa e possibile la loro formazione, in quanto si presuppone che questi bambini non riusciranno mai a raggiungere i livelli degli altri solo perché poveri o immigrati. Ma la realtà è che non si sta effettivamente aiutando il bambino (che avrebbe solo bisogno di attenzioni, pedagogia e interesse per la sua realtà personale), ma si sta dicendo a tutti che bisogna “discriminare” evidenziando, ghettizzando e isolando, i bambini figli di una certa classe sociale, da quelli di alto ceto. Si sta autorizzando subdolamente insegnanti, dirigenti e genitori a pensare che ci sono bambini di serie A e bambini di serie B, ovvero coloro che possono usufruire della didattica ordinaria, da quelli che hanno necessità di una straordinaria. Ove la prima ovviamente porterebbe a risultati ovvi per la prosecuzione degli studi fino ai massimi livelli, mentre l’altra porterebbe o all’abbandono scolastico o al più, a una scuola professionale, facendoci così ritornare indietro di quarant’anni.
E vi stupite che una Dirigente Scolastica con quoziente intellettivo probabilmente molto scarso possa postare sul sito della propria scuola discriminazioni di questo tipo? A me non stupisce affatto. Invece di formare gli insegnanti ad una competenza adeguata per ogni tipologia di studente, di realtà cognitiva o sociale, e farli così arrivare tutti al traguardo, si è fatta una legge che semplificasse estremizzandolo il lavoro del docente, togliendogli letteralmente ogni professionalità pedagogica/didattica, e innescando così un meccanismo discriminatorio nei confronti dei bambini di ceto sociale basso e delle loro famiglie.
Tutta la polemica perbenista sulla discriminazione imposta da questa maldestra Dirigente Scolastica, è solo un fatto di cronaca su una realtà che è sotto gli occhi di tutti e che tutti fanno finta di non vedere.
La Normativa Ministeriale parla di bambini BES, ovvero di bambini poveri che in quanto tali sono incapaci di capacità cognitive. Ma M. Montessori non aveva già dimostrato ampiamente cento anni fa che la povertà non è indice di incapacità cognitiva, ma solo di una sofferenza del bambino, che in quanto tale gli impedisce una concentrazione adeguata tipica della vita facile di chi ha il benessere? E se così è, allora la Normativa è ampiamente discriminatoria.
Pertanto se per i bambini definiti BES è previsto un piano didattico personalizzato, perché non dovrebbe essere prevista una classe tutta per loro, dove quel piano didattico anziché essere individuale, diventa collettivo? Esattamente come quando esistevano le classi speciali! Gli insegnanti in questo modo farebbero ancora meno fatica! E la politica sarebbe più soddisfatta di mettere ai margini i soliti noti.
Mi dispiace dirlo, ma la causa di tutta questa polemica assolutamente giustificata, non è della Dirigente Scolastica. Se di causa si può parlare, questa risiede nei piani alti della nostra Amministrazione Pubblica, in quei piani del Ministero in cui non si vuol vedere che la riforma della scuola (una riforma vera) non può più essere prorogata. Che la formazione dei docenti deve essere rivalutata con una cultura pedagogica adeguata e non solo nozionistica della materia di competenza. Che la pedagogia e il pedagogista devono entrare a scuola per sostenere una didattica efficace ed efficiente di docenti probabilmente non tutti sufficientemente autonomi per affrontare gli studenti di oggi.
Dott.ssa Tiziana Cristofari
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