martedì 30 luglio 2024

Il conflitto di interessi tra insegnanti e bambini con disturbo dell’apprendimento


Qual è la fatica più grande dell'insegnante? E la sua frustrazione più grande? Vi siete mai chiesti qual è la sua angoscia più profonda o la sua paura?

Bene, ve lo suggerisco io: la fatica più grande è farsi capire dagli studenti. La frustrazione più grande di un insegnante è non essere capito. La sua angoscia più grande è quella di non essere capace di far progredire gli studenti, di vederne i risultati; e la paura più grande è il giudizio dei genitori.

Ora capite perché proliferano indiscriminatamente i disturbi specifici dell’apprendimento?

Pochi insegnanti sanno affrontare queste paure e frustrazioni. Pochi insegnanti sono sufficientemente preparati per trovare strategie didattiche e metodi relazionali proficui per tutti gli studenti. Per cui in mancanza di ciò, per non sentirsi responsabili ed evitare come la peste (frustrazione, angoscia e paura) è più facile dire che il bambino ha un deficit di qualunque natura: se guarda troppo spesso fuori dalla finestra (perché l’insegnante magari è noiosa), ha sicuramente il disturbo dell'attenzione; se non legge adeguatamente (magari perché proprio non fa esercizio) è sicuramente dislessico. Se non riesce a contare perché la docente non ha saputo spiegare le moltiplicazioni allora sarà sicuramente discalculico; e così via.

Lo sviluppo cognitivo (ovvero l’aumento delle connessioni sinaptiche dei neuroni), che dovrebbe avvenire mediante stimoli relazionali idonei, mediante un ambiente favorevole (che è sempre meno presente ai giorni nostri), viene sostituito dalla scusa della problematica genetica per non modificare una situazione scomoda. Tutto questo seppur oramai ampiamente consapevoli (o quantomeno bisognerebbe esserlo) che il gene del disturbo dell’apprendimento non è mai stato isolato. 

Eppure, tutta quella categoria di professionisti che ancora parla di disturbo dell'apprendimento, i genetisti, i biologi, ma anche i neuropsichiatri o i logopedisti, dovrebbero conoscere bene cos'è l’epigenetica, ovvero di come l'ambiente esterno e le relazioni con il mondo adulto influiscano sull'espressione genica dei bambini, modificando, alterando o favorendo l'apprendimento cognitivo. Nascondere o ignorare questa realtà è un atto violentissimo nei confronti dei bambini e dei loro genitori.

Un elogio sicuramente va fatto a quegli insegnanti che lo hanno capito e che non trovano una giustificazione di “disturbo dell’apprendimento” nei loro studenti alla prima difficoltà, ma sanno trovare il modo per far evolvere la problematica. Perché come dice la scienziata Daniela Lucangeli: "si chiamano disturbi evolutivi, non perché nascono in età evolutiva, ma perché evolvono”. E io aggiungerei che evolvono se incontrano adulti (insegnanti, educatori, genitori, nonni, zii eccetera) che sanno avere fiducia in questi bambini e che sanno trovare il giusto metodo relazionale e didattico per aiutarli.

So che molti insegnanti mi verranno contro: saranno quelli che si sentiranno toccati dalla verità. Ma questo è quanto.


Dott.ssa Tiziana Cristofari


Studio di Consulenza Pedagogica Figli Meravigliosi®

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lunedì 22 luglio 2024

Educare non è curare



 Educare non è curare sembrerebbe una frase scontata, ma non lo è più. Forse un tempo si educava o non si educava, oggi invece si cura, a prescindere. È come se non esistesse più la crescita, l’imparare, il conquistarsi conoscenza e consapevolezza con il passare del tempo e con l’acquisizione degli input della realtà che ci circonda. Oggi i bambini vivono una vita immersa nella competizione creata dagli adulti, da non essere più liberi di avere il tempo di crescere e imparare: oggi bisogna sapere tutto, subito, si confrontano i bambini l’uno con l’altro e quello che arriva dopo è un malato che va curato. Vi sembra assurdo? No, è semplicemente inaccettabile!

martedì 2 luglio 2024

Ecco cosa è successo a due studenti dislessici


Giovanni e Luigi hanno due mamme molto attente al loro rendimento scolastico, per questo e altri motivi stringono amicizia e si confrontano sulle difficoltà dei propri figli. Entrambi i bambini sono stati certificati come dislessici, ma Giovanni è anche discalculico.


Luigi va da una logopedista e fa molto sport; la mamma sostiene che se a scuola non ce la farà almeno avrà la possibilità di sfondare nell'attività agonistica.


La mamma di Giovanni invece è fermamente convinta che quelle certificazioni parlano delle difficoltà scolastiche del momento, non di quello che potrà conoscere suo figlio, e pertanto ha deciso che Giovanni deve essere seguito da un'esperta nella didattica, nella crescita e nelle relazioni per potenziare al massimo le capacità scolastiche e cognitive non ancora acquisite. 


La mamma di Giovanni ha dato fiducia alle capacità del figlio e ha investito sul futuro e sull’opportunità che Giovanni riuscisse ad andare avanti negli studi come i suoi compagni. 


La mamma di Luigi ha preferito investire sul presente e sulle capacità sportive del figlio.