martedì 2 luglio 2024

Ecco cosa è successo a due studenti dislessici


Giovanni e Luigi hanno due mamme molto attente al loro rendimento scolastico, per questo e altri motivi stringono amicizia e si confrontano sulle difficoltà dei propri figli. Entrambi i bambini sono stati certificati come dislessici, ma Giovanni è anche discalculico.


Luigi va da una logopedista e fa molto sport; la mamma sostiene che se a scuola non ce la farà almeno avrà la possibilità di sfondare nell'attività agonistica.


La mamma di Giovanni invece è fermamente convinta che quelle certificazioni parlano delle difficoltà scolastiche del momento, non di quello che potrà conoscere suo figlio, e pertanto ha deciso che Giovanni deve essere seguito da un'esperta nella didattica, nella crescita e nelle relazioni per potenziare al massimo le capacità scolastiche e cognitive non ancora acquisite. 


La mamma di Giovanni ha dato fiducia alle capacità del figlio e ha investito sul futuro e sull’opportunità che Giovanni riuscisse ad andare avanti negli studi come i suoi compagni. 


La mamma di Luigi ha preferito investire sul presente e sulle capacità sportive del figlio.


Dopo 12 anni in cui Giovanni e Luigi, finite le primarie, non si sono più visti, si sono incontrati nuovamente in un circolo sportivo. A stento si sono riconosciuti, ma Luigi ha sempre avuto una buona memoria:

“Giovanni ciao, ti ricordi di me? Eravamo nella stessa classe alle primarie!”

“Luigi! Ciao, fatti abbracciare! Come mi hai riconosciuto?… Che stupido, anche allora avevi una bella memoria, non ti sfuggiva nulla, andavi fortissimo nelle materie orali…”

“Già, ricordavo tutto quello che diceva l’insegnante perché io mica studiavo… ricordi? Eravamo entrambi dislessici e di studiare proprio non ne ero capace…” 


Un velo di imbarazzo si posò sul volto di Giovanni:

“Ma dimmi Luigi, cosa ci fai qui, vestito così?”

“Lavoro come aiutante nel parrucchiere che c'è al piano di sopra e tu?”

“Io sto studiando giurisprudenza…”

Luigi stupito: “Ma davvero?! E come fai con la dislessia… Poi non eri anche discalculico?”

“Sai, mia madre ha sempre creduto nelle mie possibilità. Mi ha sempre detto che ce la potevo fare… Ti ricordi? Mentre tu facevi logopedia io andavo da una pedagogista…”

“Sì, mi ricordo…”


Dopo un attimo di silenzioso imbarazzo Giovanni disse: “Ricordo bene quella pedagogista; mi ha sempre fatto sentire capace, mi ha sempre sostenuto e ha sempre creduto che ce la potessi fare, non so spiegarti… Sì, lei ha sempre creduto in me come del resto ha sempre fatto mia madre. Devo a entrambe moltissimo. Sono andato da quella pedagogista per due anni, forse un poco di più, poi ci siamo lasciati durante le scuole medie, io mi sentivo capace e lei mi diceva che ce la potevo fare da solo, non leggevo ancora particolarmente spedito, ma sentivo che ce l’avrei fatta e alle medie, da solo, sono partito spedito e ho superato anche le ultime difficoltà. E questo solo perché ero fermamente deciso, anzi fermamente consapevole che ce la potevo fare. Con la matematica è stata la stessa cosa: avevo la sensazione che con lei fosse tutto più facile… Quando non capivo lei me lo rispiegava in un altro modo e poi stranamente tutto d'un tratto riuscivo a capire quella matematica che tanto mi sembrava ostile. Certo ancora non ricordo le tabelline, conto con le dita o uso la tavola pitagorica, ma questo non mi ha impedito di studiare matematica. Figurati che poi ho fatto il liceo scientifico!” 


Tra i due era calato nuovamente un silenzio imbarazzante; poi Giovanni per sdrammatizzare, chiese:

“E tu Luigi, con tutti quegli sport che facevi? Sarai diventato un campione!”


Luigi, ora davvero sconsolato e come se avesse compreso qualcosa che fino a quel momento non aveva visto, disse:

“Mia madre non ha mai creduto che io riuscissi nell'attività didattica, mi diceva che se il mio destino era quello di essere un dislessico, non ci si poteva fare nulla, diceva che ero diverso, che la mia mente i muoveva in modo diverso e così mi ha fatto fare un sacco di sport nel quale sembrava che io andassi molto meglio che a scuola; ma quando il lavoro sportivo è diventato più impegnativo non ce l'ho fatta, non so, avevo la sensazione di non essere capace, di non essere mai abbastanza all’altezza, e così lentamente ho mollato un po' anche tutti gli sport.”

“Ma ti sei almeno diplomato?”

“Ho fatto solo i primi due anni di superiori, quelli dell’obbligo, e li ho finiti grazie alle certificazioni, altrimenti non finivo neanche quei due anni; poi ho mollato. Odiavo la scuola e come mi faceva sentire. Ero… anzi sono un diverso, la scuola non fa per me. Tu sei stato bravo… Forse lo è stata anche tua mamma… Forse hai incontrato la pedagogista giusta… Sei stato fortunato…”


Giovanni un po’ triste ma deciso gli rispose: “Luigi puoi fare ancora tanto. Ti manca un po’ di autostima, di pensarti capace, di credere in te stesso.”

“Tu dici? Forse… ma oramai è tardi…”

“No luigi, questo è un pensiero pessimista, non è mai troppo tardi per credere in se stessi… Non è mai troppo tardi per trovare qualcuno che crede in te…”


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