Qual è la fatica più grande dell'insegnante? E la sua frustrazione più grande? Vi siete mai chiesti qual è la sua angoscia più profonda o la sua paura?
Bene, ve lo suggerisco io: la fatica più grande è farsi capire dagli studenti. La frustrazione più grande di un insegnante è non essere capito. La sua angoscia più grande è quella di non essere capace di far progredire gli studenti, di vederne i risultati; e la paura più grande è il giudizio dei genitori.
Ora capite perché proliferano indiscriminatamente i disturbi specifici dell’apprendimento?
Pochi insegnanti sanno affrontare queste paure e frustrazioni. Pochi insegnanti sono sufficientemente preparati per trovare strategie didattiche e metodi relazionali proficui per tutti gli studenti. Per cui in mancanza di ciò, per non sentirsi responsabili ed evitare come la peste (frustrazione, angoscia e paura) è più facile dire che il bambino ha un deficit di qualunque natura: se guarda troppo spesso fuori dalla finestra (perché l’insegnante magari è noiosa), ha sicuramente il disturbo dell'attenzione; se non legge adeguatamente (magari perché proprio non fa esercizio) è sicuramente dislessico. Se non riesce a contare perché la docente non ha saputo spiegare le moltiplicazioni allora sarà sicuramente discalculico; e così via.
Lo sviluppo cognitivo (ovvero l’aumento delle connessioni sinaptiche dei neuroni), che dovrebbe avvenire mediante stimoli relazionali idonei, mediante un ambiente favorevole (che è sempre meno presente ai giorni nostri), viene sostituito dalla scusa della problematica genetica per non modificare una situazione scomoda. Tutto questo seppur oramai ampiamente consapevoli (o quantomeno bisognerebbe esserlo) che il gene del disturbo dell’apprendimento non è mai stato isolato.
Eppure, tutta quella categoria di professionisti che ancora parla di disturbo dell'apprendimento, i genetisti, i biologi, ma anche i neuropsichiatri o i logopedisti, dovrebbero conoscere bene cos'è l’epigenetica, ovvero di come l'ambiente esterno e le relazioni con il mondo adulto influiscano sull'espressione genica dei bambini, modificando, alterando o favorendo l'apprendimento cognitivo. Nascondere o ignorare questa realtà è un atto violentissimo nei confronti dei bambini e dei loro genitori.
Un elogio sicuramente va fatto a quegli insegnanti che lo hanno capito e che non trovano una giustificazione di “disturbo dell’apprendimento” nei loro studenti alla prima difficoltà, ma sanno trovare il modo per far evolvere la problematica. Perché come dice la scienziata Daniela Lucangeli: "si chiamano disturbi evolutivi, non perché nascono in età evolutiva, ma perché evolvono”. E io aggiungerei che evolvono se incontrano adulti (insegnanti, educatori, genitori, nonni, zii eccetera) che sanno avere fiducia in questi bambini e che sanno trovare il giusto metodo relazionale e didattico per aiutarli.
So che molti insegnanti mi verranno contro: saranno quelli che si sentiranno toccati dalla verità. Ma questo è quanto.
Dott.ssa Tiziana Cristofari
Studio di Consulenza Pedagogica Figli Meravigliosi®
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