venerdì 26 maggio 2017

Mamma... maestra, permettetemi di sbagliare


Più volte la Montessori ha scritto nelle sue relazioni sulla pedagogia che i bambini chiedono “permettimi di fare da solo”. Il metodo Montessori è incentrato su questo riconoscimento delle potenzialità del bambino non solo perché può, ma anche per crescere indipendente.
Nonostante questo proposito sia, a mio avviso, un imperativo del riconoscimento delle capacità insite nel bambino e che andrebbe attuato sempre, nelle scuole e nella realtà familiare non viene quasi mai applicato, anzi si imbocca il bambino anche quando ha già imparato a mangiare da solo. Anche quando sa e può fare, spesso genitori e insegnanti lo trattano come un impedito, come un “essere” che non può, non sa, non è.
E invece il bambino è, può e sa fare tutto quello che è tipico della sua età, basterebbe che gli permettessimo di dimostrarcelo! Ma mi spiego meglio.

giovedì 18 maggio 2017

Cos'è l'ADHD e come si supera

COS’E’ L’ADHD?

Innanzitutto comincerei col dire che la cosiddetta ADHD ovvero la sindrome da iperattività e deficit dell’attenzione non è una patologia genetica, né di natura neurobiologica (in assenza di lesioni organiche), ma semmai il bambino avesse una qualche difficoltà a mantenere la calma e la concentrazione può essere al limite un problema psicologico, ovvero legato all’ambiente affettivo ed emotivo circostante.
Come pedagogista, mi occupo di formazione sia sul piano pedagogico che didattico, ma non certo di cura psicologica. Qualcuno quindi mi potrebbe obiettare di non poter affermare che il problema non sia genetico o neurobiologico, in quanto non sono né medico né psicologa. 


COME FACCIO ALLORA AD AFFERMARE CHE L’ADHD NON HA NE’ NATURA GENETICA, NE’ NEUROBIOLOGICA?

mercoledì 10 maggio 2017

L’indifferenza dell’adulto crea i disturbi dell’apprendimento

La parola è interesse nei confronti del rapporto umano, interesse per la realizzazione dell’altro. Comincia tutto da qui, dall’interesse che ho provato e provo per i miei studenti e per la loro realizzazione individuale.
Poi viene l’affettività che è un segno evidente dell’interesse.
Mi sono chiesta se un insegnante potesse avere interesse per tutti, ma proprio tutti i suoi studenti. E la risposta è sì. Lo può avere. Anzi no, lo deve avere. Perché quell’interesse, quell’affettività umana fa la differenza tra chi apprende e chi potrebbe sviluppare delle difficoltà.