sabato 9 settembre 2017

Insegnanti: professione o vocazione? L'errore del nostro pensiero…

Sembra proprio, in questo inizio di anno scolastico 2017/18, che vada di moda una certa competizione tra chi dichiara che per fare l’insegnante bisogna avere una “vocazione” e chi invece sostiene essere una “professione”.
La Ministra Valeria Fedeli sostiene che la vocazione non serve e che si parla di professioni. Dirigenti scolastici sostengono che la vocazione è tutto, perché bisogna fare questo lavoro con passione e sentimento, dato che si ha a che fare con esseri umani piccoli.

Allora mi domando.

E i grandi non hanno diritto a usufruire di professionisti capaci di svolgere il loro mestiere con passione e sentimento?

Quando un infermiere tratta male un paziente, anche lui deve avere una vocazione o gli basta la professione? Quando un avvocato perde una causa per negligenza, dovrebbe avere una vocazione o gli basta la professione? Quando un ingegnere costruisce male un palazzo e quello crolla, gli serve la vocazione o gli basta la professione. Quando un parrucchiere brucia i capelli al cliente gli manca la vocazione o è solo una questione di professione?

Credo che a tutti i mestieri citati e a tutti quelli non citati, servono alcuni elementi che non sono vocazionali, altrimenti andremmo a fare tutti i preti e le suore dato che la vocazione originariamente era intesa come una spinta interiore mediante la quale Dio chiama una persona ad abbracciare la vita religiosa. Oltre ad indicare una realtà sofferta. 
Quindi stando alla filosofia vocazionale, io dovrei essere diventata quello che sono per merito dello “spirito santo”, che è un po’ quello che spesso succede nella realtà “terrena” e che non ci fa essere come effettivamente dovremmo. Ma non solo, dovrei anche soffrire mentre sto con i bambini, altrimenti non ho abbastanza vocazione. 

E come si fa a far bene un mestiere nella sofferenza?

Penso invece che se lasciassimo fuori la vocazione, ovvero la spinta spirituale o terrena che ci dovrebbe aver dato qualcun altro, sono certa che tutti i professionisti citati e non citati (magari avendo costruito fin da piccoli un pensiero critico e capace di scegliere) possano svolgere il proprio lavoro sicuramente per professione, ma non solo. 

Questi lavoratori devono possedere una grande identità professionale umana, che non si misura con la laurea o un corso di specializzazione, ma con: 
  • estrema competenza (che purtroppo è patrimonio di pochi professionisti); 
  • formazione continua (soprattutto nella categoria degli insegnanti è praticamente assente); 
  • rispetto della propria deontologia; 
  • vera passione per il proprio lavoro; 
  • grande rispetto per l’altro (tutti, grandi e piccoli); 
  • affettività* per i propri utenti (grandi o piccoli), che si evince nel modo di parlare, fare, guardare, essere.

In ogni professione c’è bisogno necessariamente di tutto questo. Perché l’altro, l’utente, grande o piccolo che sia, quando si rivolge ad un professionista (qualunque professione esso eserciti) ne deve avere grande rispetto deontologico, possedendo l’identità professionale valida, ovvero tutte le qualità sopra descritte, che non scendono dall’alto come le vocazioni, ma che debbono essere sviluppate e ricercate in modo continuativo dal professionista stesso.

Pertanto cari dirigenti scolatici, gentile Ministra Fedeli, abbiate la compiacenza di guardare oltre il vostro naso e i vostri interessi, attuando una formazione che permetta all’uomo e alla donna di domani, il formarsi di un pensiero libero e critico, per diventare professionisti sì, ma con un certo pensiero nei confronti dell’essere umano, solo così potremmo creare una società migliore di quella attuale.

Che non è l’equivalente di affettuosità, ma richiede una partecipazione psichica ed emotiva alla vita altrui.

Dr.ssa Tiziana Cristofari
© Tutti i diritti riservati


Segui i corsi della Dr. Tiziana Cristofari, ti spiegherà come nascono, si prevengono e si superano i Disturbi Specifici dell'Apprendimento (DSA)


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Un titolo e un contenuto sicuramente contro tendenza, dato che libri e manuali sull’argomento parlano solo di come riconoscere i disturbi dell'apprendimento e quali sono gli strumenti dispensativi e/o compensativi per sostenere una realtà che, secondo la maggioranza della comunità scientifica, non ha soluzione in quanto i disturbi sarebbero causati da fattori genetici o neurobiologici.
Nel mio libro affronto scientificamente tutti questi argomenti e li smonto uno per uno dimostrando come sia improbabile quanto viene affermato. Ma soprattutto spiegando perché la comunità scientifica non ha ancora compreso o voluto comprendere, che questi “disturbi” mettono radici lì dove la scuola e la famiglia crescono figli e studenti senza una pedagogia adeguata.

Descrizione del libro. È intelligentissimo, ma il maestro mi dice che non ascolta. Legge stentatamente e la maestra mi ha detto che potrebbe essere dislessica. Non ricorda le tabelline e mi hanno detto che potrebbe essere discalculico. Mi hanno consigliato il logopedista. Mi hanno detto che dovrei portare mia figlia a fare una visita dalla neuropsichiatra infantile. Poi ho letto un suo articolo... Poi cercando su internet il significato di queste parole mi sono imbattuta nel suo sito... È con le stesse parole che un papà arriva da una pedagogista che ha trovato la soluzione ai disturbi specifici dell’apprendimento. Inizialmente scettico, ma speranzoso - perché sua figlia, presunta dislessica, ha difficoltà relazionali con lui e un calo del rendimento scolastico -, s’imbatte in un’avventura scientifica, realistica e umana senza precedenti. Andrà alla scoperta del pensiero di medici e pedagogisti di fama mondiale che gli spiegheranno perché quello che comunemente si racconta sui disturbi dell’apprendimento non è realistico, trovandosi così involontariamente alla ricerca di una conoscenza genetica, neurobiologica, psicologica e soprattutto pedagogica di cui era profondamente allo scuro come del resto buona parte della comunità scientifica ed educativa. Riuscirà in questo modo a capire come nascono, come si prevengono e come si superano i disturbi dell’apprendimento. Ma soprattutto imparerà come è possibile evitarli con l’applicazione di una scienza che nel tempo è stata annullata dalla politica e negata nella formazione dei nuovi docenti: la scienza pedagogica.
Oggi il 25% dei bambini di una classe viene diagnosticato con un disturbo dell’apprendimento. Dicono che il problema è genetico o neurobiologico e per questo non si può far nulla se non dispensare e/o compensare. E se così non fosse?
La dottoressa Tiziana Cristofari pedagogista e docente, con l’aiuto tratto da teorie e prassi di eminenti e riconosciuti studiosi in pedagogia, psicologia e psichiatria - tra i quali Giovanni Genovesi, Shinichi Suzuki, Howard Gardner, Lev Semënovič Vygotskij, Massimo Fagioli -, ha dimostrato come sia ampiamente improbabile che i disturbi specifici dell’apprendimento abbiano origine genetica o neurobiologica e come invece siano il frutto dell’assenza totale di pedagogia scolastica e familiare. 
Codice ISBN: 9791220015424
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