mercoledì 19 aprile 2017

Educare senza educare

Può sembrare una contraddizione affermare di educare senza educare, ma di fatto è ciò che avviene sistematicamente in ogni famiglia, consapevolmente o meno, in positivo o in negativo.
La domanda che ci dobbiamo porre è cosa sia l’educazione. Le risposte che arrivano dai genitori o dagli insegnanti generalmente sono: insegnare a non dire parolacce; insegnare a comportarsi in società; insegnare ad avere un certo tipo di atteggiamento in un certo tipo di ambiente, piuttosto che in un altro; insegnare a comportarsi a tavola; parlare e muoversi in maniera civile ecc… Qualcuno con conoscenze pedagogiche fa riferimento ai vari metodi pedagogici (Montessori, Dewey, Rousseau, Don Milani, Morin, Decroly ecc.) che però sono poco applicati a scuola e pressoché sconosciuti alle famiglie.
Insegnare quindi, è la parola che più spesso si sente dire per riferirsi all’educazione. E difatti si dice spesso: non ti hanno insegnato a mangiare a bocca chiusa! oppure, non ti hanno insegnato a stare composto! Nel pensiero collettivo c’è l’idea che un genitore o chi è preposto all’educazione dei giovani e meno giovani, debba trasferire verbalmente un sapere o una competenza ad un altro essere umano esattamente come purtroppo siamo abituati a trasferire una materia nozionistica a scuola: il più delle volte impartendo lezioni verbali.

Poi però si dice spesso, sei un maleducato, ovvero sei stato educato male. Oppure si sente dire sei un ineducato, nel senso che nessuno ti ha educato. Entrambi i termini presuppongono che qualcuno abbia dovuto trasmettere, trasferire, passare un qualcosa ad un altro verbalmente o più o meno in modo impositivo. 
Oggi addirittura, mi viene tanto da ridere quando i colleghi parlano di “curare con l’educazione”. Intanto perché si dovrebbe presupporre che il bambino sia già malato (come fa la Chiesa quando battezza i bambini: presuppone che siano già peccatori, che nascano con il peccato originale, altrimenti perché purificarli!), e allo stesso modo, seguendo questo filone culturale religioso e non solo, si presuppone che i bambini nascano “malati”, altrimenti non ci si spiega perché si dovrebbe parlare di “cura dell’educazione”. 

Quindi ricapitoliamo: i bambini nascono malati, perversi e polimorfi, come diceva Freud, nascono con il peccato originale come sostiene la Chiesa; insomma nascono male e vanno “raddrizzati” con l’educazione.
E allora ci sono i genitori dittatori, coloro che stanno costantemente su un campo di concentramento e ordinano ai propri figli cosa devono e/o non devono fare, pretendono che i comandi vengano rispettati alla lettera, altrimenti sono guai. I bambini terrorizzati diventano dei sottomessi, remissivi oppure al contrario, a casa sono angioletti e fuori casa si liberano dalle imposizioni fino a diventare dei piccoli terroristi. Poi ci sono al contrario i genitori che tutto permettono (gli indifferenti e anaffettivi): e i bambini possono imparare a fregarsene degli altri, a calpestare il prossimo, essere egoisti, avere atteggiamenti che vanno fuori da ciò che si intende vivere civile e comunitario e poi quando succede qualcosa, si chiedono come sia potuto accadere visto che loro sono sempre stati tanto buoni con i loro figli. Ma esiste anche la famiglia cosiddetta equilibrata, quella nella cosiddetta norma, dove i figli rientrano in una normalità apparente, più o meno con le loro frustrazioni, il loro sentire piatto e spesso privo di emozioni, il loro essere mediocri a scuola, nella vita e nei rapporti con gli altri. Dove nessuno ha da ridire niente di particolare se non forse che c’è qualche difficoltà qua e là di poca importanza, tutto superabile e che in fondo si può soprassedere.
Ma d’un tratto ci imbattiamo in una bambina di sette o otto anni, o in un adolescente che ci stupiscono. Entrambi figli di gente della classe media, entrambi con un rendimento scolastico buono, ma non particolarmente eccellente. Lei è dolcissima, attenta alle richieste delle amiche, compagna di tutti, socievole e sorridente, pacata, di una bellezza che fuoriesce da dentro, anche perché esteticamente tutto sommato (guardando gli stereotipi del momento), è abbastanza bruttina; lui è incredibilmente simpatico, sa già a 15 anni cedere il passo all’amica del cuore, sa apprezzare ed esprimere l’ammirazione per un compagno di classe che ha raggiunto ottimi voti a scuola, sa ascoltare, è presente e affettivo, trova la soluzione alle dinamiche conflittuali nel gruppo dei pari…
E tu pensi: e questi da dove sono usciti? Che tipo di educazione gli è stata impartita per essere così? La risposta è semplice: nessuna educazione! E cosa vuol dire nessuna educazione? Per rispondere bisogna tornare alla domanda: cos’è l’educazione? La risposta per noi, è nuovamente semplice: 


l’educazione è un modo di essere di chi educa


Non si deve fare per ottenere, bisogna essere in un certo modo per far sì, che i nostri figli, i nostri studenti, diventino in un certo modo. Innanzitutto noi dobbiamo essere liberi per essere capaci di renderli tali, ovvero per permettergli di raggiungere i loro obiettivi, tutti, ad ogni tappa di età e nella libertà dei propri tempi personali. 
Se sei capace di pensare che tu@ figli@ nasce san@ e senza peccato*, allora tieni bene a mente che: solo se tu genitore sarai dolce con i tuoi figli li educherai alla gentilezza. Se tu genitore sarai duro, aggressivo e prepotente con i tuoi figli, li educherai all’aggressività. Se sarai indifferente alla loro crescita, li educherai al menefreghismo verso il prossimo. Se tu padre cederai il passo alla tua compagna, tuo figlio imparerà a fare altrettanto; se tu madre quando entrerai nella stanza dei tuoi figli lo farai bussando, insegnerai loro che quando entrano in classe devo bussare. Se li saprai ascoltare senza giudizio, insegnerai loro l’altruismo. Se li saprai capire, loro sapranno di non essere soli. Se saprai accettare i loro sbagli, insegnerai loro che la perfezione non esiste, che le persone sbagliano e che la speranza di un futuro migliore è possibile. Se non permetterai loro di sbagliare, di riprovarci ancora, allora costruirai un muro di intolleranza dove l’errore è una tragedia che porta solo ad altre tragedie.
Se io sono in un certo modo non avrò bisogno di dire con le parole, con le minacce o con un metodo come deve essere una bambina o un adolescente “educato”. È solo essendo in un certo modo che permetterò a mi@ figli@ di diventare in un certo modo.
Quindi, cari genitori, insegnanti, nonni, zii, educatori ecc, prima di pretendere di educare, dovete pretendere di essere voi stessi in un certo modo. Sta a voi capire come, perché il comportamento dell'uomo dice ciò che l'uomo pensa**.

Dr.ssa Tiziana Cristofari
© Tutti i diritti riservati


*Bambini senza DSA: una realtà possibile.
**Massimo Fagioli

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Un titolo e un contenuto sicuramente contro tendenza, dato che libri e manuali sull’argomento parlano solo di come riconoscere i disturbi dell'apprendimento e quali sono gli strumenti dispensativi e/o compensativi per sostenere una realtà che, secondo la maggioranza della comunità scientifica, non ha soluzione in quanto i disturbi sarebbero causati da fattori genetici o neurobiologici.
Nel mio libro affronto scientificamente tutti questi argomenti e li smonto uno per uno dimostrando come sia improbabile quanto viene affermato. Ma soprattutto spiegando perché la comunità scientifica non ha ancora compreso o voluto comprendere, che questi “disturbi” mettono radici lì dove la scuola e la famiglia crescono figli e studenti senza una pedagogia adeguata.

Descrizione del libro. È intelligentissimo, ma il maestro mi dice che non ascolta. Legge stentatamente e la maestra mi ha detto che potrebbe essere dislessica. Non ricorda le tabelline e mi hanno detto che potrebbe essere discalculico. Mi hanno consigliato il logopedista. Mi hanno detto che dovrei portare mia figlia a fare una visita dalla neuropsichiatra infantile. Poi ho letto un suo articolo... Poi cercando su internet il significato di queste parole mi sono imbattuta nel suo sito... È con le stesse parole che un papà arriva da una pedagogista che ha trovato la soluzione ai disturbi specifici dell’apprendimento. Inizialmente scettico, ma speranzoso - perché sua figlia, presunta dislessica, ha difficoltà relazionali con lui e un calo del rendimento scolastico -, s’imbatte in un’avventura scientifica, realistica e umana senza precedenti. Andrà alla scoperta del pensiero di medici e pedagogisti di fama mondiale che gli spiegheranno perché quello che comunemente si racconta sui disturbi dell’apprendimento non è realistico, trovandosi così involontariamente alla ricerca di una conoscenza genetica, neurobiologica, psicologica e soprattutto pedagogica di cui era profondamente allo scuro come del resto buona parte della comunità scientifica ed educativa. Riuscirà in questo modo a capire come nascono, come si prevengono e come si superano i disturbi dell’apprendimento. Ma soprattutto imparerà come è possibile evitarli con l’applicazione di una scienza che nel tempo è stata annullata dalla politica e negata nella formazione dei nuovi docenti: la scienza pedagogica.
Oggi il 25% dei bambini di una classe viene diagnosticato con un disturbo dell’apprendimento. Dicono che il problema è genetico o neurobiologico e per questo non si può far nulla se non dispensare e/o compensare. E se così non fosse?
La dottoressa Tiziana Cristofari pedagogista e docente, con l’aiuto tratto da teorie e prassi di eminenti e riconosciuti studiosi in pedagogia, psicologia e psichiatria - tra i quali Giovanni Genovesi, Shinichi Suzuki, Howard Gardner, Lev Semënovič Vygotskij, Massimo Fagioli -, ha dimostrato come sia ampiamente improbabile che i disturbi specifici dell’apprendimento abbiano origine genetica o neurobiologica e come invece siano il frutto dell’assenza totale di pedagogia scolastica e familiare. 
Codice ISBN: 9791220015424
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