LEZIONE 9 – 14 GENNAIO 2022
Nella precedente lezione avevamo parlato di didattica individualizzata, ossia una didattica che propone percorsi di apprendimento che sono diversificati per ogni studente, poiché costruiti sulla base delle abilità già possedute e delle modalità e dei ritmi di apprendimento di ciascuno, ma che conducono a un traguardo comune a tutta la classe.
Erano tutti felici, perché la strada che ognuno di loro stava percorrendo offriva stimoli interessanti e fruibili per lui, sfide non troppo facili né troppo difficili, occasioni continue per dimostrare le proprie abilità e per evolversi ulteriormente.
Erano tutti felici perché ognuno si sentiva adeguato, capace di proseguire nella propria avventura, libero di cadere e certo di sapersi rialzare.
Erano tutti felici perché ognuno di loro percorreva la strada più emozionante per lui e più vicina alle proprie peculiarità, mentre tutti gli altri facevano esattamente la stessa cosa. E perché, in quell'essere riconosciuti e trattati tutti come unici e diversi dal resto, si sentivano finalmente tutti uguali.
Avevo immaginato che ognuna di quelle strade, fra loro così diverse, conducesse a un obiettivo comune che era fatto di competenze, ma anche delle abilità necessarie ad acquisire quelle competenze, di amore per il sapere, di motivazione, di una maggiore conoscenza di sé, di un'accresciuta fiducia nei proprio mezzi e di una più ampia capacità di esprimere se stessi e tutte le proprie potenzialità.
Ero molto colpita. Perché un'insegnante capace di individuare un traguardo comune a tutti i suoi studenti è un'insegnante che è fermamente CONSAPEVOLE che quel traguardo può essere raggiunto da ognuno di loro, che trasmette fiducia e che è disposta ad affrontare il faticoso lavoro di conoscere i suoi bambini fin nelle loro particolarità e di trovare i mezzi capaci di guidarli tutti insieme, ma ognuno a modo suo, verso il proprio successo.
Avevo adorato questa insegnante, questo modo meraviglioso di fare didattica e di guardare al bambino, alla vita scolastica e più in generale al sapere. Che potentissimo strumento di educazione e che meraviglioso mezzo di inclusione è l'istruzione individualizzata!
E quanta differenza con quelle classi che siamo abituati a vedere! Dove i bimbi procedono in gruppo, a volte divertendosi, ma altre volte spingendosi, o provando a superarsi vicendevolmente, o ridendo di chi inciampa o rimane indietro. Tutti sullo stesso percorso, per alcuni appassionante, per altri noioso o spaventoso. Per alcuni troppo difficile, per altri troppo semplice. Tutti dietro a un'insegnante che prosegue impassibile, senza rallentare in favore di chi ha un attimo di esitazione e richiamando con severità chi esce dalla fila per raccogliere una margherita. Mentre un bambino solitario cammina zoppicando lungo un percorso alternativo. È tenuto per mano da un'insegnante di sostegno, a volte persino portato in braccio, e sembra andare dritto verso un punto di arrivo diverso. Fa parte della stessa classe, ma non lo direbbe nessuno. Nemmeno lui. Cammina da solo fin dall'inizio ed è un piccolo eroe. Il suo sacrificio permetterà agli altri di tagliare il traguardo senza ritardi e, soprattutto, permetterà alla sua insegnante di attenersi scrupolosamente al curricolo.
In un clima realmente inclusivo, al contrario, i traguardi del disabile vengono adeguati agli obiettivi della classe. E gli obiettivi della classe vengono adeguati alle esigenze del disabile. Nell'assoluta convinzione che questo adeguamento giovi a tutti: tanto al disabile, quanto al resto della classe.
Alla mia piena soddisfazione, a questo punto, mancava solo un tassello. Quel tassello riguarda la socialità, aspetto che a mio avviso la scuola non può mai trascurare. Avevo immaginato che i percorsi individualizzati di cui ho parlato si incontrassero tutti in alcuni punti nevralgici, che nella pratica corrispondono ai momenti della ricreazione, della mensa, delle uscite in cortile, delle gite.
La realtà proposta dal mio corso di pedagogia, invece, è infinitamente più bella ed è fatta di cooperative learning, tutoring e peer tutoring.
Le occasioni di socialità non sono dunque limitate ai momenti di pausa, ma prevedono tratti di strada da percorrere insieme, mano nella mano, in due o in piccoli gruppi eterogenei, in un clima dove il successo individuale non è possibile senza il successo collettivo. Dove o vincono tutti, o perdono tutti. Come in una squadra. Dove ognuno si sente responsabile del proprio percorso e di quello degli altri e si impegna a migliorare tanto il proprio rendimento, quanto quello dei compagni.
Ecco allora che nella mia testa un bambino aiuta il compagno ad arrivare in cima a una salita troppo ripida per lui, un altro tende la mano all'amico caduto a terra accidentalmente, un altro incoraggia l’amichetta ad attraversare un piccolo guado per raggiungere il gruppo dall’altra parte, un altro ancora mette in fuga un serpentello che terrorizzava il suo compagno di avventura.
La maestra è presente, ma lo è nel modo più delicato e generoso in cui si può essere presenti: facendosi da parte. Nessuno di quei bambini mostra di avere bisogno del suo sostegno emotivo in questo momento, ognuno di loro ha instaurato una relazione con i compagni ed è affettivamente appagato da questa. Del resto sanno perfettamente dove andare e come muoversi, perché hanno ricevuto indicazioni precise, chiare, ben pianificate, che permettono loro di arrivare al successo e che sono in grado di seguire autonomamente. L’insegnante interviene ogni volta che si verifica una crisi, sia essa un’impasse relativa al compito o alle dinamiche del gruppo. Poi arretra e li lascia proseguire da soli.
Ma ecco che all’improvviso una bimba, entusiasta, invita tutti ad accorrere per ammirare qualcosa di incredibile: il gruppo si trova ormai abbastanza in alto e lei, che al momento guida la comitiva, è appena uscita da una curva e vede stagliarsi davanti a sé un panorama così incantevole da toglierle il fiato. È una nuova conoscenza, l'hanno raggiunta insieme, ce l'hanno fatta, è bella da morire e non la dimenticheranno mai! Si abbracciano, si scambiano lodi e pacche sulle spalle, si sentono più forti e più capaci di quando sono partiti, sono orgogliosi di loro stessi, si sentono più uniti a ogni singolo passo percorso insieme e, soprattutto, non si fermerebbero mai. Hanno voglia di proseguire, di scoprire quali altre meraviglie li aspettano e di farlo insieme.
Sono in tutto quattro bambini (due maschietti e due femminucce). Una di loro zoppica vistosamente, proprio come il bambino solitario di prima. Ma lei è fortunata: la sua insegnante sa che i bambini non sono vasi vuoti da riempire di nozioni, ma individui in evoluzione con emozioni da rispettare, con un'affettività da soddisfare, una sensibilità da non mortificare, una percezione di sé da alimentare e una motivazione da accrescere. Tutti. Quelli che camminano, quelli che corrono, quelli che zoppicano, quelli che si allontanano per raccogliere una margherita e poi tornano nel gruppo. Questa insegnante ha saputo sensibilizzare la sua classe, ha parlato ai suoi bambini della disabilità della loro compagna, ha invitato i suoi genitori e gli specialisti che la seguono a spiegare più nel dettaglio cosa la rende speciale, ha presentato esempi di personaggi famosi con disabilità.
Ecco allora che i compagni della bambina sono in grado non solo di accettarla, ma di camminare con lei e di arrivare al successo insieme a lei. Non malgrado. Insieme. Attraverso un percorso che la sua presenza rende ancora più ricco ed emozionante.
Ad aspettare quei ragazzi ci sono ancora infiniti panorami. Li vedo già dirigersi verso il prossimo. Li sento ridere da qui. Continueranno a inciampare e a tendersi la mano. A discutere e a trovare nuovi accordi. A pianificare strategie, affrontare imprevisti, divertirsi, sostenersi a vicenda e volersi bene.
Vedranno cose incredibili, scatteranno foto meravigliose, ma soprattutto impareranno il rispetto delle differenze, la collaborazione, il piacere per il successo dell'altro, il senso di responsabilità. Accresceranno la loro autostima, la loro autoefficacia e la loro motivazione. Si innamoreranno del sapere e inizieranno a pensare in modo critico.
Attraverso quel tratto di strada percorso insieme, si impadroniranno di abilità sociali e personali così nobili e preziose, che le conoscenze curricolari sembreranno solo un pretesto.
FRANCESCA NAZZICONE
Le precedenti lezioni della dr.ssa Tiziana Cristofari nel corso OEPAC, che hanno portato a queste meravigliose relazioni di Francesca Nazzicone, le trovate sotto:
Gioie, dolori, paure, rabbia e frustrazioni di genitori, insegnanti e operatori OEPAC. Parte I
Gioie, dolori, paure, rabbia e frustrazioni di genitori, insegnanti e operatori OEPAC. Parte II
Sgridato e spaventato, convinto di non essere capace. Gioie, dolori, paure, rabbia e frustrazioni di genitori, insegnanti e operatori OEPAC. Parte III
Cosa succede quando la dislessia, la disgrafia, la discalculia e la disortografia non ci sono? Gioie, dolori, paure, rabbia e frustrazioni di genitori, insegnanti e operatori OEPAC. Parte IV