domenica 22 maggio 2022

A scuola è d'obbligo la relazione positiva e la didattica differenziata. Parte VIII

A scuola è d'obbligo la relazione positiva e la didattica differenziata

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EZIONE 8 – 13 GENNAIO 2022 

L’ottava lezione del mio corso di pedagogia mi è piaciuta moltissimo: contrariamente alla precedente, che aveva risvegliato in me sentimenti di delusione, rabbia e impotenza, questa mi ha permesso di immaginare una strada. Che certamente non conduce alla trasformazione del sistema, ma che indica come si raggiunge un rapporto costruttivo e piacevole con lo studente e, più in generale, con l’intero gruppo classe, offrendo una chiave per stare dentro quel sistema in modo utile agli altri e gratificante per se stessi. 

Gli argomenti proposti sono la relazione positiva fra insegnate e bambino e la didattica differenziata. 

Abbiamo quindi ripreso e trattato più nel dettaglio uno dei temi che più mi ha emozionata di questo corso e che in questa occasione, alla luce delle nuove conoscenze acquisite, mi è apparso ancora più avvincente: quello della relazione con l’alunno, che può trasformarsi nel più potente facilitatore, come nella peggiore delle barriere. 

A questo proposito, abbiamo visto come una relazione carente o disturbata può compromettere lo sviluppo e l’apprendimento del bambino e portare a disturbi o problemi anche gravi. 

Infatti, come possiamo pensare che un bambino apprenda in modo efficace e con entusiasmo in un contesto nel quale non si sente accolto e accettato nelle proprie peculiarità? 

Perché dovrebbe avere voglia di comunicare con un’insegnante che non ha la pazienza di adeguarsi ai suoi tempi e che crede di conoscere perfettamente i contenuti della comunicazione prima che lui possa avere il tempo di esporli? Perché dovrebbe compiere lo sforzo di aprire il proprio mondo a chi è ingabbiato in uno stereotipo e riesce a vedere in lui solo la sua disabilità, rinunciando di fatto a comprenderlo profondamente? 

Per quale motivo dovrebbe starsene buono al suo posto in un luogo ostile, dove si sente ingiustamente rifiutato, escluso, trattato come elemento di disturbo e allontanato appena possibile? 

E ancora, perché dovrebbe sviluppare il desiderio e il piacere di conoscere, dove percepisce che non si crede in lui e nelle sue possibilità? Come gli si può chiedere di impegnarsi in un compito proprio mentre gli si trasmette che non ce la può fare? 

Un bambino incastrato in una relazione di questo tipo probabilmente quel compito non lo svolgerà mai, perché non si sentirà all’altezza, sarà terrorizzato dall’errore e dal giudizio e si rifugerà in quei comportamenti di evitamento e di rifiuto che abbiamo visto nella lezione precedente. È fortemente probabile, a questo punto, che l’insegnante non sarà capace di accogliere e comprendere quei comportamenti (o, più probabilmente, non sarà disposta a farlo, essendone lei stessa la causa). Quel bambino sarà allora ulteriormente rimproverato, additato, frustrato e il senso di rabbia e inadeguatezza crescenti potrebbero allora sfociare in comportamenti realmente problematici. 

Al contrario, che ricchezza incalcolabile dev’essere per un bambino poter disporre di un insegnate in grado di ascoltarlo attivamente e di relazionarsi con lui in modo empatico! 

Quel bambino imparerebbe a esprimere le proprie emozioni senza timore, a riconoscerle e a gestirle perché assumano una valenza adattiva e non distruttiva. Quel bambino diventerebbe capace di vivere pienamente ogni aspetto della vita, di conoscersi, di accettarsi e di entrare in relazione con gli altri. I comportamenti problematici sarebbero limitati e questo migliorerebbe la sua autostima e la sua autoefficacia. Sentirsi adeguato e capace alimenterebbe a sua volta la sua motivazione e svilupperebbe in lui un entusiasmo per l’apprendimento che lo condurrebbe ad avere sempre più voglia di sapere. 

Eh già. Il sapere non si trasmette attraverso la ripetizione di concetti noiosi, avvalendosi di ordini rigidi, premi e punizioni. Il sapere si diffonde tramite la curiosità e l’entusiasmo e passa necessariamente attraverso la fiducia in se stessi e nelle proprie capacità. 

Personalmente, ho adorato leggere che una buona relazione è tale solo se arricchisce entrambi. Quanta verità e quanto amore in queste parole! Una relazione di questo tipo è percepita come vera e autentica...e, soprattutto, mi ha commosso immaginare quale piacere dev’essere per un bambino (specialmente per un bambino con difficoltà) sentire di saper arricchire il proprio insegnante. Di saper restituire qualcosa, di essere a sua volta importante. Quale compiacimento per la propria autostima! 

Il secondo argomento della lezione, come accennato, è la didattica differenziata, ossia una didattica che si adatta al livello di competenze, agli interessi e alla modalità di apprendimento di ogni singolo studente ed è intesa quindi come il più potente strumento di inclusione a disposizione di un’insegnante. 

Infatti, non è pensabile realizzare l’inclusione portando fuori dall’aula un alunno con handicap, o assegnandogli compiti che non sono adeguati alle sue conoscenze attuali perché ideati sul livello della classe, o chiedendogli di svolgere un compito personalizzato mentre tutti gli altri fanno altro. Tutte queste strategie, a oggi molto utilizzate, concorrono ad amplificare la percezione di diversità del singolo alunno rispetto al gruppo, facendolo sentire ancora più a disagio ed emarginato. 

La didattica differenziata ha invece il grandissimo merito di far emergere le differenze individuali di tutti gli alunni e di considerarle una ricchezza. 

Ecco dunque che il bambino con handicap smette di essere diverso DAGLI altri e diventa diverso COME gli altri. È solo allora che svolgerà efficacemente e con piacere compiti costruiti appositamente per lui e per il suo livello di conoscenze, perché tutta la classe (non solo lui) sta svolgendo compiti personalizzati. 

Arriverei anche a dire che, mentre solleva il bambino disabile dal disagio dell’essere considerato l’unico diverso, la didattica differenziata ha il merito di liberare anche tutti gli altri dalla schiavitù di dover essere uguali fra loro. E permette a ognuno di riconoscere i propri interessi, di scovare in sé passioni, di sviluppare un metodo di apprendimento personale, di approcciare al sapere con il proprio passo e la propria modalità. 

È evidente come, in un clima di questo tipo, il PEI che studiamo da tre lezioni diventerebbe nei fatti uno strumento inutile, obsoleto, volto a rimarcare una differenza che non avrebbe più bisogno di essere rimarcata. 

FRANCESCA NAZZICONE 

Le precedenti lezioni della dr.ssa Tiziana Cristofari nel corso OEPAC, che hanno portato a queste meravigliose relazioni di Francesca Nazzicone, le trovate sotto:

Gioie, dolori, paure, rabbia e frustrazioni di genitori, insegnanti e operatori OEPAC. Parte I

Gioie, dolori, paure, rabbia e frustrazioni di genitori, insegnanti e operatori OEPAC. Parte II

Sgridato e spaventato, convinto di non essere capace. Gioie, dolori, paure, rabbia e frustrazioni di genitori, insegnanti e operatori OEPAC. Parte III


 

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