domenica 27 marzo 2022

ICF, PEI, inclusione... e quello che non fa la scuola! Parte VI

 


LEZIONE 6 – 23 DICEMBRE 2021 

La mia docente aveva introdotto le lezioni sul PEI avvisandoci che l'argomento sarebbe stato più noioso del solito. Io però non sono riuscita ad annoiarmi, anzi ho trovato il primo dei tre incontri previsti eccezionalmente interessante, perché mi è sembrato un punto di raccordo di molti degli argomenti trattati finora, e perché mi ha fornito illuminanti spiegazioni a tante avventure-disavventure scolastiche mie e dei miei figli. Ho capito ad esempio da dove viene la risposta delle insegnanti del mio ragazzo che, quando Filippo frequentava la prima elementare, mi dissero convinte che la scuola doveva omologare i bambini: direttamente dal secolo scorso! Da quel modello medico-individuale che considera l'organismo alla stregua di una macchina che, se presenta anomalie, va riparata, e l'intervento educativo come uno strumento teso a normalizzare il bambino con disabilità, correggendone i difetti. Al fine di raggiungere questo nobile scopo, i bambini all'epoca venivano segregati in istituti a loro dedicati, allontanati dagli affetti e dalle famiglie, identificati totalmente con la loro disabilità, come se - oltre all'errore da correggere - non avessero altre peculiarità e bisogni, come se addirittura non fossero persone, ma solo portatori di un handicap. 

Quindi le insegnanti di mio figlio devono essersi sentite particolarmente evolute, moderne e illuminate nel permettergli di stare in classe insieme agli altri! E quanta solerzia hanno mostrato nel provare a omologare persino un bambino che non presentava alcuna disabilità, ma era semplicemente vivace! Davvero lodevole. 

Durante questa lezione ho scoperto, con non poca sorpresa, che l'Italia è stato il primo Paese al mondo a introdurre il diritto all'istruzione nelle scuole ordinarie per i bambini con disabilità e a sviluppare un modello di integrazione scolastica per questi bambini. E' successo nel 1977. 

Da allora le conoscenze mediche, psicologiche e pedagogiche si sono notevolmente ampliate. 

Nel 2001 l'OMS ha adottato l'ICF: la nuova Classificazione Internazionale del funzionamento, della Disabilità e della Salute, dove il modello medico-individuale è stato definitivamente sostituito da quello biopsicosociale, che considera la disabilità come il risultato delle interazioni fra fattori medici, personali e ambientali. Ovvero: la disabilità non si identifica semplicemente con la malattia o la menomazione, ma è data dalla minore capacità dell'individuo di interagire con l'ambiente sociale, di costruire relazioni e di essere autonomo. In questa ottica, non solo il contesto in cui si muove l'individuo è determinante affinché una malattia o una menomazione si trasformino o meno in disabilità, ma esistono persino disabilità che non sono innate, non dipendono da menomazioni o da deficit funzionali, bensì vengono indotte da un ambiente sfavorevole. 

Nel 1992 è stato istituito il PEI (il piano educativo individualizzato per alunni con disabilità riconosciuta dalla legge 104), la cui stesura dovrebbe seguire linee guida che sono meravigliose e che dal 2017 devono obbligatoriamente riferirsi al modello biopsicosociale. Mi ha colpito molto la compilazione accurata di un profilo di funzionamento dell'alunno su base ICF, che mira a una conoscenza il più possibile estesa e approfondita del bambino. Si tratta di un lavoro enorme, che tiene conto della sua salute, del suo funzionamento e del contesto in cui vive. Ho adorato leggere che, sulla base di tale profilo di funzionamento, il PEI si propone di costruire un progetto educativo su misura per il bambino partendo dai suoi punti di forza. Ho trovato fantastico che il PEI tenga in considerazione praticamente tutti gli aspetti della sua vita scolastica: le relazioni con insegnanti e compagni, la socializzazione, la gestione delle emozioni, la comunicazione, l'autonomia, l'apprendimento, le conoscenze. 

Progressivamente, il concetto di INSERIMENTO è stato sostituito prima da quello di INTEGRAZIONE, e finalmente da quello di INCLUSIONE. E, almeno a livello di normative e linee-guida, non si è trattato di un cambiamento puramente terminologico, perché se l'inserimento era la mera possibilità per il bambino con handicap di frequentare lo stesso istituto dei bambini normodotati, l'integrazione diventava per quel bambino la possibilità di partecipare attivamente alla vita scolastica e l'inclusione arrivava a rendere la sua presenza un'occasione di crescita per l’intera comunità scolastica. 

E allora mi chiedo cosa sia successo dalla svolta epocale del 1977 ad oggi. Dove sono rintracciabili, nella realtà, gli effetti dei presupposti tanto favorevoli di cui ho appena parlato? Perché 45 anni fa siamo stati i primi a “inserire” i bambini con handicap nelle scuole ordinarie e oggi siamo così drammaticamente indietro nella costruzione di una scuola realmente inclusiva? 

Com’è possibile che quanto ho studiato oggi si traduce così spesso in un'insegnante di sostegno che permette allo studente con difficoltà di stare in classe con gli altri solo finché non dà fastidio e lo trascina fuori appena impedisce il "normale svolgimento della lezione"? Come può succedere che un insegnante ritenga "normale" svolgere la lezione mentre uno degli alunni è in corridoio? Che fine fanno i principi che, in ottica biopsicosociale, ci rendono consapevoli che sentirsi ostacolato nella partecipazione, isolato e rifiutato può impedire un sano sviluppo cognitivo del bambino e diventare determinante nello sviluppo di bisogni educativi speciali? Dove sono la conoscenza approfondita di ogni aspetto dell'alunno più fragile, l'attenzione ai suoi bisogni speciali e a quelli normali, il progetto didattico costruito intorno ai suoi punti di forza, che tiene conto di chi il bambino realmente è e non di cosa si vorrebbe ottenere da lui? Dove si può rintracciare nelle nostre scuole quella connotazione inclusiva, indispensabile e meravigliosa, oltre che nei PTOF pubblicati sui siti dei rispettivi istituti? 

FRANCESCA NAZZICONE 

Le precedenti lezioni della dr.ssa Tiziana Cristofari nel corso OEPAC, che hanno portato a queste meravigliose relazioni di Francesca Nazzicone, le trovate sotto:

Gioie, dolori, paure, rabbia e frustrazioni di genitori, insegnanti e operatori OEPAC. Parte I

Gioie, dolori, paure, rabbia e frustrazioni di genitori, insegnanti e operatori OEPAC. Parte II

Sgridato e spaventato, convinto di non essere capace. Gioie, dolori, paure, rabbia e frustrazioni di genitori, insegnanti e operatori OEPAC. Parte III