Ogni libro scientifico che si rispetti e che riporta correttamente le indagini su genetica, epigenetica, neurobiologia, ammette che «gli studi di associazione genetica linkage (usati per riconoscere regioni condivise trasmesse all'interno di famiglie segregate in base a una specifica condizione) hanno ampiamente fallito nell'identificazione dei geni candidati». Oppure che «l’imprinting parentale, meccanismo attraverso il quale gli alleli materni e paterni nei gameti sono marcati da caratteristiche epigenetiche distintive, è un classico esempio di ereditarietà epigenetica che la sola sequenza del DNA non è in grado di spiegare.» Oppure anche che «l'architettura genetica dell'autismo è decisamente complessa, cosa che rende la maggior parte dei test genetici ed epigenetici non particolarmente idonei per perseguire risultati definitivi o utilizzabili clinicamente». Ma anche che «l'efficacia dei test di metilazione per altri potenziali biomarcatori epigenetici non è stata ancora stabilita». Ma soprattutto dichiarano che nella comparsa dei disturbi dell’apprendimento sono imputati più fattori, tra i quali quelli ambientali*.
Le vere cause dei disturbi dell’apprendimento: ecco perché è un’epidemia!
Tutti, ma proprio tutti, genetisti, medici, psichiatri o neuropsichiatri onesti, dichiarano che nella comparsa dei disturbi dell’apprendimento sono imputati soprattutto i fattori ambientali quali: relazioni umane insoddisfacenti e violente fisicamente o psicologicamente; situazione economica insoddisfacente della famiglia; salute fragile dei bambini o dei membri della famiglia; stimoli insufficienti offerti ai bambini nell’attuale società, quali scarsi giochi, libri, viaggi, mostre e teatri per alcuni bambini spesso anche completamente inesistenti; scarsa o inesistente socializzazione tra pari; ambiente sia scolastico che familiare non idoneo in cui crescere. Ono o più di uno di questi fattori influiscono sulla probabilità di sviluppare difficoltà di apprendimento a vario livello, perché tutti loro, singolarmente e/o collettivamente, contribuisco a sviluppare capacità cognitive-metacognitive e relazionali fondamentali all’ottimizzazione dello sviluppo stesso.
Faccio presente che spesso però, la motivazione più eloquente per tali ritardi cognitivi dei piccoli, sono legati alle relazioni insoddisfacenti per realtà psichiche nevrotiche, depresse, violente, autoritarie, indifferenti e anaffettive degli adulti significativi che si occupano dei bambini.
Sarebbe opportuno che ogni genitore/educatore/insegnante avesse il coraggio di guardarsi nel proprio atteggiamento/pensiero per capire se alcune di queste realtà psichiche citate gli appartengano, ed eventualmente modificarle o farsi aiutare per modificarle (psicologo), prima di far diagnosticare e/o certificare i bambini come “ritardati”.
Questa operazione di autovalutazione-consapevolezza e onestà genitoriale/educativa, deve avvenire sempre prima di sottoporre il bambino ad indagini spesso invasive per la sua realtà psichica ed emotiva. Se l’adulto nevrotico, depresso, violento, anaffettivo cambia nella dinamica relazionale con il bambino, la plasticità del cervello del bambino gli permetterà un cambiamento evolutivo in avanti.
Se tutti gli studiosi specialisti sono consapevoli che l’ambiente, ovvero il contesto in cui il bambino cresce, ha un ruolo di prim’ordine nello sviluppo dei disturbi dell’apprendimento, qualcuno mi deve spiegare perché il bambino viene sottoposto a indagini mediche, ma nessuno indaga l’ambiente in cui cresce e si sviluppa e/o la relazione che il bambino ha con gli adulti. È sicuramene dura per un adulto ammettere di essere il problema e pertanto si semplifica il tutto puntando il dito sul bambino.
Comprendo la fatica di un genitore nell’ammettere di urlare con il proprio figlio o di non essere particolarmente affettivi o di non riuscire a relazionarsi al meglio, ma un genitore che ci tiene al proprio figlio deve anche avere il coraggio di chiedere aiuto, prima di scaricare il problema sul proprio bambino.
Ovviamente, faccio appello alla famiglia in quanto se voi per primi non proteggete i vostri figli, nessuno lo farà per voi. La cronaca lo racconta ogni giorno: offrite il fianco a professionisti poco competenti e si prenderanno tutto!
Oltre al fatto che, il più delle volte, seppure il problema risiede nella famiglia, un insegnante preparato e con la voglia di lavorare (anche più di quanto gli si chiede), capace di intuire la condizione familiare del piccolo, preparato alla relazione “complessa” con questi alunni, che sa come modificare LA PROPRIA didattica e LA PROPRIA relazione con lo studente, saprà ottenere risultati sorprendentemente positivi per quel bambino.
Ora. I fatti di cronaca orribili degli ultimi giorni ci hanno mostrato cosa riescono a fare, insospettabili professionisti sulla pelle dei bambini per interessi puramente economici.
Perché vi rimane tanto difficile pensare di valutare l’operato dell’adulto (insegnante o genitore) o del contesto ambientale in cui il bambino è inserito, prima di arrivare a fare diagnosi e certificazioni per disturbi dell’apprendimento? Anche qui, non ci saranno forse troppi interessi economici a girare intorno a queste epidemie?
Perché è così difficile accettare che sia l’adulto a sbagliare nei confronti del bambino, anziché pensare arbitrariamente che il bambino è malato?
Accettate con responsabilità l’idea che bambini che vanno bene a scuola hanno un ambiente intorno molto favorevole allo sviluppo delle loro potenzialità; viceversa i bambini con difficoltà, durante la loro crescita hanno incontrato degli ostacoli che sono per la maggioranza dei casi, ostacoli relazionali che vanno ad influire sul corretto sviluppo cognitivo.
Ad esempio: figli della stessa famiglia, uno va bene l’altro va male, perché? Dobbiamo prendere in considerazione il rapporto del genitore con il singolo figlio. Nelle mie indagini conoscitive e di studio sulla questione, escono fuori spesso grosse disparità di trattamento a livello relazionale tra figli di stessi genitori, che variano dalla fiducia o meno verso quel figlio piuttosto che all’altro; sentire diversa la relazione che i genitori pongono verso quella figlia piuttosto che all’altra: a volte purtroppo ci sono sentimenti di antipatia, invidia, insofferenza, rabbia, delusione, competizione, comparazione con gli altri, con il figlio più piccolo, il più grande, il cugino, il vicino di casa. Tutto questo sentire dei genitori nei confronti di “quel” figlio specifico porta a relazioni insoddisfacenti e psichicamente aggressive che causano sostanziali differenze nel rapporto tra i figli, per cui poi si arriva a una parola detta fuori posto, un gesto sbagliato, un atteggiamento indifferente verso quel figlio che impedisce uno sviluppo cognitivo adeguato e conseguentemente il suo rendimento scolastico crolla o non sviluppa come dovrebbe accadere**.
Tutto questo è da accettare anche se spesso il luogo comune afferma che i genitori non fanno parzialità o discriminazioni tra i figli, pensiero assolutamente da sfatare, proprio perché siamo esseri umani e pertanto “sentiamo” o non “sentiamo” determinate situazioni e come tali ci muoviamo. Questo non significa che i genitori non amino allo stesso modo i figli, dico solamente che spesso ci lasciamo condizionare dall’emotività e dal nostro pensiero e di conseguenza ci mostriamo ai nostri figli in modo diverso che può e deve essere modificato.
Come si superano le difficoltà scolastiche
Le difficoltà scolastiche, sono superabili con una corretta, giusta, equilibrata, affettiva relazione educativa e con specifiche lezioni pedagogiche (didattica specifica per quel bambino, volendo fattibile anche in classi di 30 studenti, pertanto per i docenti con voglia di portare tutti gli studenti al traguardo, non ci sono scuse).
I bambini recupereranno nell’arco di 5/12/24/36 mesi a seconda delle proprie carenze al momento della partenza. Raggiunti i risultati il bambino sarà autonomo come tutti gli altri. Con molta probabilità camminerà e studierà fino alla laurea perché avrà imparato a credere nelle sue capacità, avrà acquisito un metodo di studio che gli appartiene e che saprà gestire, senza doverlo far crescere con il tormento di essere un diverso, di essere incapace, di essere malato… di essere sostenuto a vita! (Per un approfondimento: Ecco come ho risolto un problema di dislessia; Autismo e didattica).
Come capisco se mio figlio sta subendo violenze
È bene tenere a mente che un bambino maltrattato sia fisicamente che psicologicamente dà evidenti segnali di malessere, tra i tanti che poi elencherò, principalmente alle scuole dell’infanzia e alla primaria, ci sono un cattivo andamento scolastico e un comportamento inadeguato, che poi il più delle volte sfocia nell’età adolescenziale in patologie psichiatriche o, molto spesso, nell’abbandono della scuola (dispersione scolastica).
Il professionista serio e competente che sa fare bene il suo mestiere intervenendo sia a livello di apprendimento (ovvero cognitivo e metacognitivo) quale è quello dell’insegnante/pedagogista, sia a livello di cura (se il problema è psichiatrico), permette ai bambini di essere sereni e di avere voglia di rifare, riproporre, rivivere l’esperienza, rielaborare le possibilità, rivedere serenamente il professionista ai successivi incontri. È su questi dati che la famiglia può e deve capire se il proprio figlio è trattato consapevolmente e adeguatamente. Un bambino nervoso, che torna a casa da scuola o da un incontro con il professionista più volte avvilito, triste, demotivato a tornare, che piange quando deve andare, o non vuole più vedere quel professionista (docente, pedagogista, psicologo ecc.) è indice di qualcosa che non funziona. E il bambino va rigorosamente “ascoltato” in queste sue sensazioni di disagio relazionale, contattando eventualmente un professionista (se è la prima volta) o un secondo professionista, se già se ne è contattato uno. Purtroppo la società ci ricorda ogni giorno che ci sono professionisti capaci e preparati e altrettanti assolutamente incompetenti di cui non dobbiamo più stupirci, ma non per questo dobbiamo lasciare che i nostri figli vengano maltrattati o abusati (anche psicologicamente) da incompetenti. Leviamoci dalla mente che il bambino fa capricci, perché il 99% delle volte i bambini che si comportano come descritto sopra è perché vivono un disagio psichico procurato dagli adulti che va assolutamente eliminato.
Stesso discorso vale naturalmente per gli insegnanti: quelli bravi permettono allo studente di andare a scuola sereno e con la voglia di starci. (Tengo a puntualizzare che non è una sola giornata di rifiuto della scuola o del professionista a indicare un disagio, ma è il reiterare della tristezza, dell’angoscia, della frustrazione, del dolore del bambino giorno dopo giorno).
I docenti invece di partecipare continuamente a corsi per valutare, diagnosticare e cercare l’anomalia nella testa del bambino come pare abbiano fatto i Magistrati implicati nel caso Bibbiano, farebbero bene a fare corsi su come relazionarsi con bambini in difficoltà o/e per scoprire quanti metodi didattici alternativi si possono usare per spiegare lo stesso argomento, prima di affermare che quel bambino “non ci arriva”, perché ci sono moltissimi modi per modificare le situazioni che non funzionano senza far ricadere la causa sul bambino stesso con tutte le conseguenze e implicazioni che abbiamo imparato a conoscere.
Dr.ssa Tiziana Cristofari
© Tutti i diritti riservati
*Tratti da I disturbi dello spettro dell’autismo, Edra, Milano 2019. C.A. Redi, M. Monti, Genomica sociale. Come la vita quotidiana può modificare il nostro DNA, Carocci ed. M.H. Immordino-Yang, Neuroscienze affettive ed educazione, Raffaello Cortina Editore. Plomin, DeFries, Knopik, Neiderhiser, Genetica del comportamento, Raffaello Cortina Editore.
**Per un approfondimento di questi rapporti vi consiglio la lettura del testo Bambini senza DSA: una realtà possibile!
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