lunedì 8 luglio 2019

Ecco perché pretendere il pedagogista a scuola!



…E i bambini non saranno più vittime…

Vogliate crederci o no, ma i bambini che vengono al mio studio, diagnosticati con dislessia, discalculia, disortografia, difficoltà di attenzione, di concentrazione, bambini con ADHD e tutti quei pseudo “deficit” (mamma mia che parola orrenda!) che vogliono far passare come “incurabili”, magicamente li superano, recuperando le carenze e affrontando una vita scolastica più degna di essere vissuta. Solo che io non sono mai stata capace di fare magie! E allora? Come faccio?
Avete ragione, ci sono molti ciarlatani su questa Terra e potete anche sicuramente pensare che io sia tra quelli. Ma finché non provate a vedere i vostri figli sotto un’altra ottica, con altri insegnanti più competenti, non avrete la certezza di ciò che vi sto dicendo.

Quello che spesso mi colpisce non è tanto la difficoltà a credere in una opportunità che aiuta i vostri bambini, ma il fatto che spesso la famiglia preferisca pensare che il proprio figlio sia un diverso.
Certo, pensarlo alleggerisce da responsabilità genitoriali spesso insopportabili e noi pedagogisti, poco possiamo fare se questo è il problema: qui sì che servirebbe una psicoterapia!

Ma se tutti noi abbiamo fatto l’esperienza del cattivo avvocato, del pessimo medico, dell’idraulico incapace e così via, perché non mettiamo mai in discussione l’operato dell’insegnante prima di dire che nostro figlio è malato?

Ci sono docenti bravissimi. Ultimamente ne ho incontrati anche tanti. Attenti alle esigenze dei bambini, alla loro capacità di mettersi in relazione con i piccoli, alla loro capacità di spiegare. Insegnanti che vogliono sapere come affrontare al meglio la didattica, come relazionarsi al meglio con i bambini, come gestire le classi difficili. Oh sì, ce ne sono tanti di questi docenti, ma confrontati alla totalità, sono decisamente ancora troppo pochi.

Quando questi pseudo deficit non esistevano, la scuola discriminava i bambini per altri motivi (es. la povertà), ma durante la loro crescita nessuno gli metteva in testa di non essere come gli altri e spesso, nonostante magari poi non arrivassero alla laurea, non perdevano la fiducia in se stessi, e un lavoro, magari anche eccellente, riusciva a ripagarli dell’emarginazione che avevano subito a scuola da bambini.

Oggi invece, noi adulti li distruggiamo psicologicamente, poi li mandiamo dallo psicologo, dal logopedista che non sa nulla di didattica, li imbottigliamo di pillole miracolose che fanno la felicità delle case farmaceutiche, li facciamo crescere stupidi e incapaci di pensare… perché... in fondo, non gli abbiamo sempre detto fin da piccolissimi che non sono come tutti gli altri, che non possono, che non ci arrivano? In un perfetto circolo vizioso tra economia (farmaci e medici) e politica (adulti incapaci di pensare e pertanto di capire la politica).

Ma se gli insegnanti non sono sufficientemente preparati, gli psicologi o neuropsichiatri non servono perché i bambini non sono malati e meno che mai servono i logopedisti perché non ne capiscono di questioni didattiche e nozionistiche, allora cosa si può fare?

Rispolverare una scienza, quella pedagogica, che tanto aveva saputo dare ai tempi di Maria Montessori e che poi, per opportunismo politico ed educativo è stata abilmente messa da parte.

Il pedagogista con una valida realtà interna, che sa vedere i bambini nella loro interezza e conosce la didattica e le modalità per una crescita sana in ambito scolastico, è l’unico ad essere sopra le parti, ovvero senza presupposti per un conflitto di interesse nella risoluzione del problema, cosa che invece sembra mancare oggi sia alla categoria degli insegnanti, sia alla classe medica.

Vi spiego il perché.

L’insegnante, è sommersa da conflitti di interesse con la scuola e con se stessa. Ragioniamo. La scuola vive (e oggi purtroppo prospera) con le prove INVALSI; tali prove giudicano la qualità della scuola e dei loro docenti e pertanto, i futuri introiti. Se alcuni bambini non vanno bene perché le docenti non sono capaci, sarà più facile chiedere certificazioni in modo tale da “eliminare” il problema e non far scendere di livello la scuola che, come molte realtà oramai diventate aziendalistiche, conta sul rendimento degli allievi per ottenere il suo tornaconto. Spesso le docenti, con la compiacenza del dirigente scolastico, arrivano a minacciare la famiglia che, in assenza di certificazioni, chiameranno gli assistenti sociali… un altro modo per “eliminare” il problema, oltre a quello di invitare letteralmente i genitori a cambiare scuola. Nel passato una cosa del genere non sarebbe mai successa! 
Altro conflitto dell’insegnante risiede nel fatto che, nel momento in cui la docente ha la certificazione tra le mani, sarà completamente deresponsabilizzata dall’impegno di dover affrontare didattiche alternative, se non quelle facili e scontate per dispensare o compensare dalle mansioni scolastiche il bambino, impedendogli così definitivamente di sviluppare in maniera adeguata le sue competenze, capacità di pensiero e di cognizione.

Anche la psicologa a scuola ha una funzione che non le permette di essere esente da conflitti di interesse, le motivazioni sono ovvie, dato che quasi non esiste né assistenza sanitaria psicologica, né logopedica sufficiente per far fronte a tutte le richieste di questa valanga di certificazioni; lasciando così ovviamente la famiglia completamente nelle mani dei privati a favore della circolazione monetaria, senza peraltro riuscire ad andare al nocciolo del problema, meno che mai a risolverlo.

Se il problema, non dico sempre, ma nella maggior parte dei casi è da imputare a una cattiva didattica e a una cattiva relazione tra docenti e studenti, “curare” i bambini non serve, probabilmente bisognerebbe curare prima docenti! E la conferma di tutto questo è che in poche (tra le quali anche psicologhe e logopediste), hanno il coraggio di confermare quanto affermo andando decisamente contro corrente. Ovvero che la difficoltà di moltissimi bambini è su base pedagogica (relazionale e didattica), e lo sostengono un po’ perché lo hanno sperimentato e per corretta formazione, un po’ perché hanno voglia di far crescere al meglio i bambini ma soprattutto, perché non sono interessate al bieco profitto*.

Tengo inoltre a precisare che non far certificare i propri figli non significa non aiutarli, perché la certificazione non porta alla cura, ma ad un “esonero” dalle attività scolastiche, ovvero li allontana dalla cultura senza dargli la speranza di imparare provandoci. Il percorso di recupero con un bravo insegnante o un pedagogista, affrontato con didattica adeguata e una sana relazione con il bambino, permette un recupero delle carenze scolastiche e la possibilità di imparare a pensare e costruire il proprio futuro nella certezza di una riuscita.

Concludendo: sarebbe importante che nelle scuole di ogni ordine e grado ci fossero dei pedagogisti a fare formazione ai docenti, a supervisionare il ruolo e la loro didattica, in cui da sempre, chiusa la porta della classe, fanno uso e abuso della loro libertà di azione e di pensiero per arrivare a trarre conclusioni affrettate, distorte e di parte, sulle capacità dei bambini senza mai essere messe in discussione nel loro operato praticamente inaccessibile; con l’avallo inoltre di una formazione compiacente (quali i corsi per ‘diagnosticare’ i DSA) anziché una formazione per l’aggiornamento delle proprie competenze e capacità didattiche/relazionali.

Genitori che mi state leggendo, vogliate bene ai vostri meravigliosi figli. Ma vogliatene veramente, perché se psicologi e insegnanti fossero veramente aggiornati, saprebbero dalle recenti scoperte psichiatriche che i bambini non sono tabule rase su cui costruire ciò che più ci aggrada (come per decenni la teoria freudiana e non solo, ci ha fatto credere), ma hanno fin dalla nascita la predisposizione ad apprendere tutto ciò che la società gli propone (Massimo Fagioli, psichiatra). Sempre se, questi bambini, vengono lasciati liberi di crescere nell’affettività di adulti che non pensano a loro come a dei fogli bianchi sui quali incidere le proprie scritte: pertanto, adulti capaci e con una realtà interna valida, non propongono ai bambini coercizioni, imposizioni, frustrazioni, cattiverie psichiche (e fisiche) e discriminazioni di ogni natura.

Dr.ssa Tiziana Cristofari
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*Per la cronaca, prima di essere attaccata dall’odio feroce del web perché dico cose scomode, vi informo che nonostante non percepisca alcun tipo di aiuto economico ed ho uno studio privato di cui vivo, faccio recupero delle carenze scolastiche e consulenza pedagogica su base ISEE (pertanto ci sono bambini che possono pagare e pagano, ed altri che sono completamente esenti).
Vi chiedo pertanto di evitare gli insulti su “interessi millantatori che andrei diffondendo con i miei articoli”.

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