Rimaneva
tanto tempo tra i suoi pensieri. Assorta davanti al foglio vuoto prima di
iniziare a macchiarlo di lettere nere che avrebbero formato le parole del suo
tema. Rimaneva così tra i pensieri di chissà quale immagine…
Sembrava
non sapere. Guardandola, e vedendo il tempo scorrere, mi metteva ansia, come se
non sapesse iniziare, come se non sapesse scrivere, come se non volesse
partecipare alla verifica. Sì, la verifica, quella sorta di componimento
scritto più o meno lungo e più o meno difficile, più o meno interessante. Tocca
a tutti la verifica in Italia. Il nostro paese è un paese di verifiche e
controlli. Di punteggi fatti da vittorie e sconfitte. E anche loro, i nostri
bambini cominciano fin da subito a essere tra coloro che vedranno una vittoria
o una sconfitta. “Non le dirò che può fallire, le dirò che ce la farà, perché
io sono scura che ce la farà” mi disse una madre. E così fu.
Una
madre sa come incoraggiare i propri figli in questo mondo di verifiche, dove
tutti sono un numero positivo o negativo. Anche da molto piccoli. Imparano
subito i nostri figli a sentirsi vincenti o perdenti. Ma il più delle volte non
è la giusta vittoria o la giusta sconfitta di una verifica a definirli.
Qui in Italia (e forse non solo
qui), ci hanno abituati a competere e a fare verifiche. Ci hanno detto che la
verifica ci fa migliori o peggiori degli altri. E quando i nostri figli vanno a
scuola si sentono migliori solo se prendono un voto più altro degli altri. Si
guardano in cagnesco, si sfidano, arrivano a odiarsi e poi però si sentono poco
realizzati quando vincono. Perché? Perché la vittoria da soli dà poca
soddisfazione, non può essere condivisa se non in privato con mamma e papà, e
serve solo per ampliare il sentimento di rivalsa dei loro genitori su quelli
degli altri; ma quando i ragazzi o i bambini sono soli tra loro, non possono
festeggiare, possono solo rivaleggiare cantando vittoria sulla sconfitta di
qualcun altro.
La
vera vittoria è una classe che vince, non uno studente che arriva primo. La
vera vittoria è la trasformazione di ognuno di loro in un team vincente, in una
squadra, non nell’individuo solitario che arriva primo. La vera vittoria è la
classe che, tutta insieme, va avanti e si ritrova l’anno dopo, e rafforza
l’amicizia, la capacità di essere in rapporto con gli altri, la solidarietà; è
una classe pronta a sfidare un’altra conquista della crescita, tutti insieme,
uniti, vincenti.
Ma
esiste l’invidia e la competizione. I genitori sono invidiosi e competitivi e
fanno dei loro figli degli invidiosi e dei competitivi pronti a odiare, tradire
e vendicarsi. Vogliono figli migliori, sempre migliori, e non si accorgono di
volere se stessi. Costringono i propri figli a essere la loro immagine. Vogliono che i propri figli diventino
quello che loro per vigliaccheria non sono riusciti a essere tentando di far
diventare i propri figli ciò che non sono e che il più delle volte non vogliono
assolutamente essere.
Eccovi,
vi sento, lo so, siete in collera con me perché dico la verità. Ma è così: i
figli non nascono invidiosi e competitivi, ci diventano perché qualcuno ha
instillato in loro questi disvalori. E vi posso garantire che poi soffrono,
perché la natura dell’uomo è la collaborazione, la solidarietà, l’umanità. La
natura dell’uomo è essere affettivi nei confronti del prossimo.
RICORDA: un figlio meraviglioso è
un figlio che non soffre per invidia e competizione.Dr. Tiziana Cristofari