domenica 9 giugno 2024

La Roma bene e la violenza sulle donne


Ogni giorno guardo i miei bambini in classe uno per uno. Più volte ho detto loro che per me sono importanti, che mi interessa di loro. E questo glielo dimostro “pretendendo” con gentilezza e decisione che avanzino negli apprendimenti, tutti, nessuno escluso. Ma è importante dirglielo, niente è scontato, soprattutto l’interesse per loro. Così li osservo molto, quello che fanno, come lo fanno, cosa dicono e non dicono, e l’osservazione mi parla di tutto quello che le parole silenziano.

Vedo la rivalità e propongo cooperazione. Vedo la fatica di alcuni e propongo la collaborazione in gruppo. 

Ma vedo anche tanto maschilismo nascosto negli atteggiamenti e nei modi di fare e dire le cose, frutto dell’ambiente sociale terribilmente ancora troppo infarcito dalle tendenza di una superiorità maschile e misogina, che difficilmente riuscirò a contrastare sui banchi di scuola. 


Ma più che mostrare loro il maschilismo nascosto nelle parole e negli atteggiamenti che assumono (sia le bambine che i bambini), propongo alle ragazze la consapevolezza di loro stesse. Ovvero faccio quello che la società ancora non fa: educazione alla propria autostima femminile.

Qualche giorno fa in classe, durante la ricreazione, una bambina mi ha detto che avrebbe voluto essere un maschio. Le ho chiesto perché e mi ha risposto che se fosse stata maschio avrebbe potuto fare tutto. Poi è tornata a giocare con gli altri. Anzi è scappata, forse temendo che le domandassi cosa non potesse fare. In realtà non ha importanza la risposta, quello che colpisce è che a 8 anni le bambine già sentono di essere inferiori ai maschi o comunque di non poter fare tutto ciò che fanno loro. 


Così mi è tornato in mente un mio vissuto di circa venti giorni fa. Un vissuto biasimevole, che forse non ho ancora del tutto smaltito, un vissuto di violenza nascosta e inaccettabile perpetuata su di me da due trentenni o poco più, podisti, della classe bene del quartiere Eur a Roma.

Il fatto è semplice quanto ignobile. 


Ero appunto all’Eur una domenica mattina e camminavo con Nocciolina (la mia cagnolina) in prossimità della pineta che costeggia la chiesa di San Paolo, quando arrivano due podisti e tranquillamente, come se non esistessi, rivolti verso due alberi della pineta a circa 3/4 metri da me cominciano a urinare. Per qualche secondo non capisco, sono scioccata, ma un attimo dopo mi ribello con frasi del tipo “fate schifo, non vi vergognate!?” L’ho urlato talmente forte dall’indignazione, da attirare gli altri podisti del gruppo, che superficialmente mi hanno chiesto perché fossi così agitata… Indicandogli il malefatto che volevano ignorare, uno del gruppo, senza scandalizzarsi troppo, mi dice che ho ragione a essere indignata. Ragione?


Ma a me non è la ragione che mi interessa, ma sottolineare e mettere in evidenza un atto gravissimo di maschilismo misogino. 

Ciò che non si riesce ancora a vedere, è la violenza psicologica che hanno usato, il totale annullamento della mia persona, del mio essere donna. Nel loro pensiero più nascosto non esisti, né come persona e meno che mai come donna; in virtù di questo posso fare qualunque atto volgare in tua presenza, perché tanto tu non esisti. Quindi posso violentarti o insultarti (anche psicologicamente), proponendoti sfacciatamente e nell’indifferenza della gente che vede, un atto indecente che avrebbe meritato l’arresto. E li chiamano la “classe bene della Capitale”!


Vogliamo solo accennare all’ultimo stupratore seriale di Roma, Simone Borgese, che è agli arresti domiciliari senza il braccialetto elettronico? Ci sono persone che stanno in galera per molto meno. Ma lui è maschio, bianco, cisgender, occidentale direbbe Giulia Blasi e pertanto chi ha dovuto prendere un provvedimento preventivo ha tenuto conto, non solo del fatto che fosse italiano, ma probabilmente anche del fatto che forse aver violentato tre donne (quelle che hanno denunciato) non è poi così grave. Perché se io che faccio parte della Roma bene posso urinare indisturbato in faccia a una qualunque sconosciuta, posso anche permettermi di violentare e sentirmi protetto da altri uomini di legge. Questo è il maschilismo e la misoginia che ancora impera.


Ecco, il fatto è che questo pensiero aberrante nella testa degli uomini trae le sue origini fin da piccoli. La società cresce ancora i bambini (ma anche le bambine) nell’idea maschilista di superiorità della donna e lo vedo ogni volta che in classe le bambine sono servizievoli nei confronti dei maschi (e lo sono solo loro, mai il contrario!) 

Farò di tutto per contrastare l’idea di inferiorità nel pensiero delle bambine. Quello che cerco di fare è crescere bambine forti, consapevoli di essere alla pari con il mondo maschile, consapevoli dei propri diritti, del rispetto che meritano, della dignità di essere riconosciute come donne, ma soprattutto vorrei riuscire a insegnare loro a non scendere mai a compromessi con la loro identità, a difenderla, sempre, perché la propria identità è l’unica realtà che ci consente di essere.


Dr.ssa Tiziana Cristofari

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