sabato 17 febbraio 2024

Disturbi dell'apprendimento? Ecco cosa accade quando i genitori non permettono ai propri figli di crescere


Quando più di 14 anni fa cercai un nome per il mio Studio di Consulenza Figli Meravigliosi®, l'ho pensato in funzione di due realtà: una, che per i genitori tutti i figli sono meravigliosi e l'altra, la più importante, era per ribadire che veramente tutti i figli sono meravigliosi, perché credo fermamente che tutti i bambini possano sviluppare le proprie potenzialità cognitive per essere unici e pertanto meravigliosi.

Ci ho creduto allora e ci credo ancora di più oggi e ogni volta che vedo quanto è possibile fare per quei bambini che gli insegnanti incapaci sostengono avere dei disturbi dell’apprendimento. 


È pur vero che se io riesco a vedere e tirare fuori le potenzialità dei bimbi, spesso i genitori non lo fanno perché non lo vogliono fare o perché non hanno coscienza di non volerlo fare. E allora cominciano una trafila di diagnosi e accertamenti sulla pelle dei propri figli un po’ per farsi compatire e un po’ per riempire il vuoto di solitudine interiore. Vi sembra impossibile? Eppure non lo è.


Mi sono chiesta perché ciò possa accadere partendo dal presupposto che ogni genitore voglia il meglio per suo figlio; e dopo tanta esperienza e dopo aver conosciuto tanti di loro ho visto che quando fanno fatica a sostenere i propri figli sono accomunati tutti da una realtà psichica in difficoltà: la dipendenza dai loro figli e il proprio autocompatimento. Per loro è difficile ammetterlo; qualcuno però, dopo averglielo fatto notare, trova la forza di farlo, cioè di guardarsi dentro, riconoscendo di essere dipendente dal proprio bambino, ammettendo di aver bisogno che gli altri li compatiscano per aver avuto un figlio diverso; da qui un cammino tutto in salita che porta però alla soluzione del problema.


Spesso si dice che i bambini sono dipendenti dai genitori e questo è normale per gran parte della loro realtà, anche se, per farli crescere al meglio dovrebbero acquisire indipendenza un poco alla volta, per tappe e per situazioni. La scuola è una situazione che dovrebbe renderli autonomi nell'apprendimento e pertanto nello studio. Ma anche la famiglia deve contribuire a questo e lo deve fare fin dalla prima primaria, in quanto la scuola non è per i genitori, ma per i bambini. 


Accade però che, come dicevo, i genitori, non sufficientemente maturi nella loro affettività, abbiano bisogno della dipendenza dai propri figli, perché questa dipendenza li fa sentire meno soli, li fa sentire utili, gli permette quella vitalità che altrimenti non avrebbero; e, per esempio, aiutarli nei compiti è una gratificazione a cui non riescono proprio a sottrarsi. Però non si rendono conto che quell'aiuto rende i propri figli dipendenti da loro esattamente come loro diventano sempre più dipendenti dai propri figli. 


Non è cattiveria da parte dei genitori: è solo un bisogno che copre un vuoto affettivo del mondo dell’adulto. Questo comporta un attaccamento morboso verso i propri figli, che li rende partecipi di ogni realtà della vita, mettendoli a conoscenza anche di argomenti che dovrebbero rimare a loro sconosciuti. Quindi adultizzando i bambini senza considerarne le conseguenze.

 

Questo è uno dei motivi che fa sì che i piccoli, ascoltando discorsi non idonei alla loro età e pertanto non in grado di rielaborarli, vivendo situazioni altrettanto difficili perché non consone alla loro età e per le quali non si sentono adeguati, arrivano ad assumere atteggiamenti di rifiuto a vario titolo verso la scuola che li costringe a un pensiero diverso da quello a cui sono abituati, e se rifiutano la scuola avranno a vario titolo difficoltà nell’apprendimento. Ma non perché hanno realmente difficoltà nell'apprendimento, ma semplicemente perché quel rifiuto non gli permette di svolgere l’attività didattica come dovrebbero. Questo rifiuto che non è visto (che non si vuole vedere) dal mondo adulto, viene tradotto dalle insegnanti non competenti, quali difficoltà dell’apprendimento. 

Quindi se tutto questo mi permette di affermare che il bambino non ha un problema di apprendimento, non significa però che non ha un problema in famiglia. Significa invece che l'adulto ha messo il bambino in una posizione tale per il suo sviluppo da non permettergli quella crescita idonea alle sue potenzialità cognitive. 


Questi genitori si accorgono che il proprio figlio è perfettamente normale, ma negano la realtà autoconvincendosi di avere un figlio con disturbi dell’apprendimento; fanno di tutto affinché il bambino non cambi, non cresca, non sviluppi le sue potenzialità, non s’innamori di un’attività, quale è la scuola, che gli permetta di crescere cognitivamente. E per sviluppare si deve svezzare, ovvero si deve, anno per anno, separare sempre di più dai genitori nelle proprie attività (dal mangiare, al vestire, al lavarsi, all’indipendenza nello studio ecc.). Tanto per fare un esempio: quanti di voi hanno bambini che sanno farsi il bidè a sei anni? Fare il bidè ai vostri figli fino a 9/10 a volte 11/12 anni, è spaventoso; vuol dire non permettere ai propri figli di crescere. 


Il fatto è che quando il bambino dimostra a qualunque età di star crescendo e quindi di diventare più autonomo, questi genitori vanno in crisi rendendo il piccolo sempre più dipendente da loro e sempre meno capace di pensare da solo e di sviluppare una capacità cognitiva che gli consenta di lavorare in autonomia. Anticamente i genitori non avevano tutto questo tempo per accudire i propri figli, e difatti il loro sviluppo cognitivo li rendeva capaci di autonomia fin da molto piccoli, per realtà che oggi a noi sarebbero impensabili. Basta guardare un film anche solo degli anni ’50 o ’60 per comprenderne la differenza.


Quando il genitore va in crisi perché il bambino sta diventando autonomo, ha bisogno di trovare nel proprio figlio problemi, difficoltà, perché il loro obiettivo inconscio è quello di continuare a renderlo dipendente dalla loro vita: impazzirebbero all'idea di sentirsi nuovamente soli perché il proprio figlio si è reso autonomo! Ho più di una esperienza di bambini venuti al mio Studio che hanno recuperato, ma di cui le famiglie continuano a negarne l’evidenza. Vi sembra impossibile? Eppure è una realtà che vivo almeno una o due volte tra tutti i miei studenti durante l’anno.


La situazione appena descritta è una difficoltà psichica dei genitori che serve per colmare un vuoto affettivo. Non hanno gli strumenti pedagogici e psicologici per comprendere che un figlio non può venire al mondo per sanare un vuoto affettivo, perché non solo quel vuoto affettivo non si può sanare con un figlio, ma addirittura crea il problema al proprio figlio. 

Non sto dicendo che sono (siete) cattivi genitori, ma sto affermando che devono (dovete) guardarvi dentro per non rovinare il futuro scolastico dei vostri bambini e anche il futuro lavorativo. 


Questa dipendenza che i genitori (spesso per lo più le madri), hanno nei confronti dei propri figli si esprimono in diversi modi, ma il più frequente è accettare passivamente un insegnante incapace che sostiene patologie inesistenti nella mente del proprio bambino, e lo fa acconsentendo di far fare una miriade di indagini sul proprio figlio. 

Ammettere che il bambino non ha niente significherebbe lasciarlo libero di crescere e diventare indipendente e purtroppo per queste madri, ma anche per certi padri, non è proprio possibile. 


Il mio articolo non è una condanna o una critica, vuole essere una ipotesi di sostegno affinché i genitori possano provare a guardarsi dentro, per comprendere le difficoltà scolastiche dei bambini e delle loro relazioni con essi. Questa è una delle tante ipotesi che creano il problema dell’apprendimento, non l’unica e non sempre imputabile a questa causa. 


Chi mi conosce oramai sa che i problemi dell’apprendimento sono scaturiti da infinite varietà di realtà personali che vanno dalla famiglia, ovvero dalle difficoltà che il bambino può incontrare in famiglia, ma anche dalle difficoltà che il bambino può incontrare nella relazione con l'insegnante e con i propri compagni, ma anche dall'incapacità dell'insegnante di spiegare la didattica in classe, ma anche da una serie di eventi esterni di circostanze, da quelle economiche a quelle culturali, che possono influenzare l'andamento scolastico del bambino. Ciò che mi preme ribadire e ampiamente sottolineare, ma soprattutto insistere, è sul fatto che i disturbi dell'apprendimento a livello didattico (discalculia, dislessia, disortografia, disgrafia e ADHD) non sono insiti nel bambino, non crescono nel bambino (non sono né genetici, né neurobiologici come molta parte della scienza medica oggi ha dichiarato), ma evolvono con il bambino, ovvero si presentano in un certo momento per certe specifiche situazioni per poi evolvere, cambiare in negativo o in positivo (in base alle scelte fatte dall’adulto); pertanto sono causa di realtà esterne al bambino che non gli permettono l'acquisizione di determinate competenze in un determinato periodo di vita del piccolo in formazione.


Figli Meravigliosi® sarà sempre dalla parte dei bambini.


Dott.ssa Tiziana Cristofari

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