domenica 19 marzo 2023

Perché i bambini non sono capaci di lavorare da soli


Si dice che in una classe ci sono sempre i bambini veloci, lenti, capaci di concentrazione, non capace di concentrarsi, con voglia, senza voglia eccetera. Si parla generalmente di un 60% di bambini prestanti e un, evidentemente 40%, di bambini poco prestanti. Eppure c'è una caratteristica che accomuna entrambi: l'incapacità di fare da soli! 

Moltissimi bambini prestanti lo sono solo in funzione di un supporto casalingo all'attività didattica. Dal mio punto di vista tutto questo è gravissimo e soprattutto, questi ultimi bambini, non si possono definire prestanti. Il bambino capace è colui che instradato nelle attività didattiche, poi se la sa cavare da solo.

Il supporto, che gli adulti pensano li faccia diventare prestanti, di fatto li rallenta nello sviluppo cognitivo e sinaptico; gli crea frustrazione; li impoverisce nelle potenzialità evolutive, gli fa pensare di non essere capaci senza la presenza di un adulto.

Tutti dobbiamo imparare ed è normale avere difficoltà all’inizio; ma se togliamo continuamente quella difficoltà istruttiva, togliamo loro l’autonomia.


Gli adulti purtroppo, sono incapaci di dare fiducia alla potenzialità dei loro bambini, spesso perché hanno poca fiducia in se stessi per riuscire a darne ad altri (figli, studenti, nipoti)… 

Gli adulti che non credono alle potenzialità e alla riuscita individuale dei bambini, orrendamente li seguono passo passo come se quei bambini fossero tutti un po' stupidi. Ovvero tolgono loro quello sforzo necessario per sviluppare memoria, indipendenza, capacità di superare l'impasse, creatività nel fare da soli e trovare soluzioni a questioni nuove e impreviste.


Un'altra realtà brutta per l’autonomia dei bambini è causata dai docenti. Anche a scuola i bambini devono poter fare da soli: stimolati, spronati (magari continuamente) ma invitati a fare da soli. Spesso succede invece che le docenti trascurino completamente i bambini non capaci di autonomia (ma a volte anche quelli capaci), che vanno invece solo sollecitati a fare, per non lasciarli poi alle difficoltà familiari. 


È vero che un bambino non autonomo é difficile da seguire insieme ad altri bambini, ma non è impossibile, è difficile e faticoso, ma non impossibile.  L'impossibilità sta solo nella mente e nella non voglia dell'adulto che si arrende alla prima difficoltà pensando che in fondo se ne debba poi occupare la famiglia. E se la famiglia non se ne occupa? Quel bambino cosa fa diventa lo scarto della società? Non dovrebbe essere lo Stato a occuparsene e pertanto la scuola? I docenti…


La scuola, e soprattutto la scuola pubblica, non può essere uno scarica barile sulla famiglia. Le docenti vengono pagate affinché il lavoro pedagogico-didattico possa avere un senso per tutti i bambini e non soltanto per quelli che, seguiti accuratamente a casa, poi a scuola risultano essere i “bravi”; e che se lo diventano non è  certo per merito dell’insegnante. L’insegnante ha il suo merito solo se tutta la classe viene seguita nello stesso modo, ovvero se tutta la classe raggiunge un obiettivo idoneo ai requisiti richiesti. 


Ai bambini si deve chiedere di fare da soli, si deve chiedere di lavorare, si deve chiedere di farlo in silenzio cercando una concentrazione che sembra diventata impossibile alle nuove generazioni. 

I miei bambini, abituati fin dalla classe prima a lavorare da soli in aula e a farlo in silenzio, non hanno bisogno di fare esercizio a casa e il loro rendimento (nonostante non facciano esercizio a casa) è molto alto. 

I miei bambini quando c'è confusione fuori dall’aula mi chiedono di chiudere la porta perché non riescono a concentrarsi, se qualcuno di loro parla, loro stessi gli chiedono di tacere. I miei bambini sono una seconda primaria sanno cosa gli serve per svolgere l'attività scolastica, sanno di cosa hanno bisogno per star bene nella concentrazione del lavoro da svolgere, sanno che studiare serve a loro e non a far felici i loro genitori. E lo fanno.


La nostra pedagogia segna il futuro dei nostri bambini: è ora che ne prendiamo atto.


Dr.ssa Tiziana Cristofari

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