domenica 4 luglio 2021

Non voglio certificare mio figlio

Non voglio certificare mio figlio

“Non voglio certificare mio figlio” mi dicono i genitori che spesso vengono da me. Domando loro perché non vogliono anche se può sembrare una provocazione, e spesso restano senza parole, ci pensano un po’ su e poi, quasi credendo di dire un’assurdità mi rispondono: “perché non penso che mio figlio sia stupido o malato o problematico… o usano altri corretti aggettivi… per descrivere il loro bambino.

Lo abbiamo provato tutti: quando si va dal medico si spera che ci dirà che non abbiamo niente, figuriamoci per un qualcosa che potrebbe compromettere lo sviluppo del nostro bambino! È come quando si è in attesa del proprio figlio o figlia: si vivono i 9 mesi nella speranza che tutto sia nella norma, che tutto vada bene. Poi nasce e siamo felici che sia tutto andato bene. Poi arriva a scuola e qualcuno, spesso ignorante, incompetente e inopportuno, ci dice che nostra figlia ha qualcosa nel suo sviluppo che è atipico (oggi si usa questo termine). E c’è tutta una comunità intorno a questi presunti problemi dello sviluppo, dall’insegnante, al pediatra, al vicino di casa, al conoscente psicologo, che concordano tutti nelle certificazioni, quale fosse il male minore che può capitare al nostro bambino. “D’altronde se la certificazione lo può aiutare a scuola!” Nessuno dice invece che la certificazione è il male peggiore* perché proprio da questo iter cominciano problemi che prima non esistevano. Complici di tutte queste idee sui disturbi dell’apprendimento — che come dice la scienziata dell’età evolutiva Daniela Lucangeli, sono evolutivi non perché nascono in età evolutiva, ma perché evolvono—, ritroviamo spesso, molto spesso purtroppo, gli esperti dell’educazione e dell’istruzione (ovviamente solo per mascherare la loro incapacità, che d’altronde va considerata). In Italia purtroppo non c’è più fiducia negli insegnanti: un po’ perché non più competenti come una volta e poi perché la categoria, non considerata fondamentale per lo sviluppo dei bambini per moltissimo tempo, è da sempre sottopagata, e in una società in cui il soldo la fa da padrone, questa realtà pesa sul giudizio ultimo che la famiglia e la società tutta si fa di loro, figuriamoci per tutte quelle figure professionali che si occupano specificatamente di educazione! Dopo Maria Montessori (1870-1952) che è stata l’ultima esperta a dare indicazioni a insegnanti e genitori su come crescere al meglio figli e studenti, qui in Italia si è formato il vuoto più totale in ambito educativo e conseguentemente, un proliferare assoluto di presunte patologie dello sviluppo legate proprio a quel vuoto educativo di cui sopra. 

C'è stato però di contro una reazione da parte del mondo pedagogico, dei pedagogisti (non tanto quelli accademici che hanno guardato solo al loro orticello teorico, quanto piuttosto a quelli che sono giornalmente sul campo), che ha continuato ad offrire (seppur spesso inascoltati) e a studiare la realtà educativa, familiare, scolastica e umana vista da un profilo pedagogico e pertanto educativo. Questo movimento ha portato finalmente la classe politica a riconsiderare la situazione nelle scuole come una carenza pedagogica, piuttosto che medica, sfociata poi nella Legge 205/2017 che ha visto i pedagogisti ricoprire il livello apicale in ambito educativo. Maria Montessori quindi non è morta! Maria Montessori, pedagogista, ha lasciato un'impronta educativa indelebile che ha visto dar seguito agli studi e agli approfondimenti del settore pedagogico ponendosi in netto contrasto e disaccordo con quel proliferare di medicalizzazione in ambito scolastico/evolutivo dell’essere umano.

Le mamme lo sanno, esattamente come i papà. I genitori che non vogliono la certificazione seguono un istinto naturale di realtà e consapevolezza dei propri figli. Esattamente come i genitori che hanno figli con reali patologie non si sottrarrebbero mai alla cura. Da qui il “non voglio far certificare mio figlio”. Da qui, quella strana sensazione che gli altri (insegnanti, psicologi ecc.) vogliano condannare i propri figli a qualcosa che non gli appartiene. Ma da qui anche il loro giusto e comprensibile rifiuto delle certificazioni.

È così che molti genitori allontanano la certificazione dei propri figli riservandogli un futuro più sereno e vincente, che permetta ai propri bambini di mantenere e/o costruire la propria autostima, partendo proprio da una loro intuizione, da una loro vitalità interna, quella che permetterà ai propri bambini di superare lo scoglio di una difficoltà scolastica dovuta a fattori esterni (scuola, relazioni, insegnanti inadeguate, questioni familiari pesanti, oggi anche la pandemia con tutto ciò che ne ha conseguito, ecc.) che, se modificati, aggiustati, valutati e considerati pedagogicamente, andrebbero a incidere in modo positivo sul rendimento scolastico dei propri bambini.

Mi sento di invitare le famiglie a non arrendersi alle prime difficoltà scolastiche dei propri piccoli facendoli certificare e pertanto condannando tutto il loro percorso scolastico, perché quelle difficoltà al 99% delle volte sono ampiamente superabili (evolutive, nel senso che evolvono) con una corretta e adeguata didattica e relazione educativa che non è competenza né del logopedista, né dello psicologo, meno che mai di un farmaco miracoloso per i bambini più vivaci. 


Dr.ssa Tiziana Cristofari

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*Le certificazioni per DSA distruggono la capacità di continuare ad apprendere



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