sabato 12 giugno 2021

La scuola futura: un eccellente inaspettato presidio ospedaliero

La pandemia ci ha lasciati quasi tutti stanchi e un po’ confusi. Ci ha fatto arrivare all’estate con poca voglia di viaggiare, forse anche di uscire. Certo, non per tutti è così. Ci sono quelli che a parte un po’ di restrizioni hanno vissuto questo periodo come un’anomalia tutto sommato accettabile. Non è stata accettabile invece per chi è rimasto senza soldi, per chi ha perso il lavoro, per chi ha subito un lutto, per chi è stato male e non ha potuto avere i suoi familiari accanto e per chissà quanti altri gravi motivi. Ma che importa, in fondo sono sempre una minoranza (anche se dipende dal punto di vista).

Tutti dicevano che le cose sarebbero cambiate; ci si riempiva la bocca e i manifesti di “andrà tutto bene”; si diceva che la sanità sarebbe migliorata, che l’ultimo, non sarebbe forse stato più tanto ultimo. 

Ora il Paese sta riaprendo, e a parte chi non ha voglia di viaggiare per i motivi detti e non detti, molti sembrano che si comportino come se nulla fosse mai successo, e ce lo dovevamo aspettare. Nella paura si dicono tante cose belle e scaramantiche, nei fatti poi se ne fanno tutt’altre. Ad esempio è sotto gli occhi di tutti (almeno di quelli che ne hanno avuto bisogno) come la sanità sia peggiorata, come
l’indifferenza della gente sia ampiamente sopravvissuta e accresciuta e di come tantissime cose che prima si avevano, adesso (che ce ne sarebbe più bisogno), non si hanno più. Leggo in questi giorni sul settimanale Left che il 73% degli aiuti statali sono andati alle grandi imprese; ma va? Non lo avrei mai creduto, in un Paese come l’Italia? Come è potuto succedere qui, dove tutti sono altruisti, dove il lavoratore è sempre al primo posto, dove non ci sono mai morti bianche? Leggo che, alla sanità pubblica, quella delle formiche che invadono i letti degli intubati, quella dove le persone muoiono sulle barelle nei corridoi, quella dei pronto soccorso che, prima di soccorrerti passano dalle 10 alle 15 ore, quella… sì, sempre quella, dove nei bagni degli ospedali come il Sant’Eugenio non c’é la carta igienica, non ci sono né sapone né igienizzanti (almeno qui a Roma e in quell’ospedale), ma anche quella che, a te familiare, ti tengono a debita distanza per il Covid-19, per la paura del contagio. Però i gabinetti possono stare in quelle condizioni: se non ti contagi di Covid, magari ti prendi la rogna portata da un topo! Ma la verità è un’altra, la distanza dai familiari la prendono per non farti vedere cosa succede dentro quegli ospedali, ovviamente. Il mondo ha riaperto, si mangia al chiuso tête-à-tête, si va allo stadio, ci si assembra (con la mascherina per carità), ma negli ospedali, con tutta la mascherina, devi minacciarli per avere un’informazione su tua madre, tua sorella, tuo nonno… Ma, badate bene, nel Recovery Fund hanno destinato le briciole per la sanità, perché la verità è che vogliono lasciarla così com’è, così tra qualche anno sarà ancora peggio, perché in fondo la sofferenza degli altri non ci tocca e soprattutto bisognerebbe vederla, provarla, per rendercene conto.

Sì, oggi c’è il Covid. Ma questo è il mondo Covid del cittadino classe medio bassa, anzi no, scusate, classe media no, perché probabilmente non esiste più, ora c’è quella bassa e quella alta. Ovvero la popolazione italiana si è divisa tra quelli che finiscono negli ospedali pubblici alle condizioni sopra descritte e chi si può pagare la clinica. Poi c’è la categoria dei fortunati, i raccomandati, che magari fanno parte dei poveri, ma hanno la fortuna di avere la conoscenza giusta per andare a finire nell’ospedale giusto con il medico giusto. Tutti gli altri si devono accontentare delle briciole che il Recovery Fund ha destinato a noi gente comune, a noi figli di nessuno, a noi granelli di sabbia che, in quanto tali, non facciamo più neanche numero. 

Al niente destinato agli ospedali, si passa alla pietosa carità che si fa nelle scuole sotto forma di "cura" alternativa all'educazione. E questo è il mondo che professionalmente mi appartiene: quello della scuola, degli studenti, delle famiglie. Se si avesse il coraggio di guardare in faccia la realtà, se si avesse il coraggio di aprire le porte alla pedagogia, tutto questo proliferare di attività scolastiche programmate o in programmazione di pet terapy, di test attitudinali, di consulenze psicologiche e progetti logopedici, che dovrebbero scovare presunti DSA formatisi con il Covid, perché badate bene, agli studenti non è mancata la scuola e gli insegnanti capaci, no certo, è che il Covid sotto sotto, non ce lo vogliono dire, nel suo DNA portava anche la pandemia dei DSA e ne ha infettati veramente tanti di studenti!… Spero che sia chiaro che la mia è solo una battuta idiota! Pertanto, data la pandemia di DSA caduta dal cielo, avanti in massa agli psicologi e logopedisti nelle scuole, che stanno diventando più degli insegnanti; dicevo, se si avesse il coraggio di far valere il riconoscimento del ruolo del pedagogista istituito con la finanziaria 2017, se si riconoscesse veramente il fondamento educativo e il suo valore oltre che la responsabilità che genitori e insegnanti hanno nei confronti dei bambini, ecco, se tutto ciò accadesse, forse bisognerebbe ammette di non aver bisogno di far diventare le nostre scuole dei presidi ospedalieri. 

Mi viene in mente un video di esperti di pet terapy (dei quali condivido pienamente la loro missione), ma che a causa del Covid (almeno così si giustificavano in quel video) gli specialisti erano entrati nelle scuole comuni provenienti da istituti specialistici (dove ci sono bambini che ne hanno veramente bisogno), ma che purtroppo a causa del Covid non sono più potuti entrare. La domanda mi sorge spontanea: oggi che tutto riapre non vanno più da chi ne ha bisogno e pertanto ripiegano sui bambini sani? C’è qualcosa che non torna. C’è qualche interesse sotto che non viene esplicitato. I bambini normodotati, da sempre, da quando nascono i bambini, hanno saputo reagire alle avversità, chi più chi meno certo, ma poco meno di un secolo fa, quei bambini, hanno superato la Seconda Guerra Mondiale rimettendo in piedi l’Italia (guardate la stupenda donna che è oggi Liliana Segre); se tutto ciò non fosse avvenuto il mondo si sarebbe estinto o non sarebbe arrivato al progresso di oggi. 

Io non metto in dubbio che qualche bambino abbia serie difficoltà, ma metto in dubbio che intere classi o comunque il 30/40% di una classe, ne abbia. Oggi invece questi sono i dati di coloro che usufruiscono di “trattamenti speciali” per andare avanti in ambito scolastico o che sono in lista per usufruirne o in lista per una diagnosi. Temo che se si ricorre a realtà estreme di terapia medica direttamente nelle scuole, è perché non si sa più cosa significhi didattica e insegnamento, né cosa sia la pedagogia, cosa significhi educare, il valore che ha l’educazione, la relazione umana, il rapporto tra il mondo adulto e quello infantile. Per molti nostri errori educativi abbiamo fatto crescere bambini fragili, che scappano dietro le gonne della madre al primo coetaneo che digrigna i denti; li abbiamo fatti crescere insicuri, senza stima di sé, incapaci di arrangiarsi, di sviluppare creatività per non soccombere, tutto come se gli mancasse sempre qualcosa, come se non avessero “alcuna situazione personale di rapporto con la realtà*”. In verità quella mancanza di situazione personale di rapporto con la realtà è nostra, del mondo adulto, di quel mondo che a tutti i costi li vuole stupidi e fragili, perché così si controllano meglio e perché così, se vengono diagnosticati, ci possiamo deresponsabilizzare. E purtroppo tantissime famiglie ci stanno cascando. È più facile dire che c’è stato il Covid, anziché ammettere di non aver fatto abbastanza per i nostri figli e studenti: anche solo leggere un libro che ci permetta di capire.


Dr.ssa Tiziana Cristofari

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*Massimo Fagioli (1972) 



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