sabato 19 giugno 2021

Nocciolina, la cagnolina che ride

Ho da 6 anni una cagnolina presa al canile quando aveva già 4 anni. L’inizio è stato difficile: non veniva a guinzaglio e se si sentiva minimamente tirare si sdraiava per terra fino a farsi trascinare, mi faceva i dispetti, se riusciva scappava. Aveva preso bastonate e calci fino a spezzarle i denti… 7 kg di peso… uno scricciolo, che però non è servito a evitarle la violenza. Quando l’ho presa era terrorizzata da tutto: dagli uomini, dagli altri cani, dalla fogliolina che cadeva dall’albero. Oggi è una nonnina di una dolcezza infinita, non ha più paura degli uomini, ma è rimasta diffidente. Mi viene dietro senza guinzaglio e ogni nostro sguardo è una vera intesa. 

Ha una pagina Facebook chiamata Nocciolina, la cagnolina che ride, perché una delle sue prime foto (quella della pagina), sono riuscita a scattarla mentre rideva felice libera nel prato. Rideva veramente? Chissà. Nessuno potrà mai rispondere a questa domanda, ma io voglio pensarla così. La sua pagina ospita cani abbandonati e in cerca di una mamma e un papà; è un po’ la sua… e la mia speranza. Mi piace pensare che altri cani possano tornare a sorridere grazie a qualcuno che ha saputo guardare oltre il pedigree, come mi piace pensare che i bambini, tutti, possano tornare a viversi la scuola con serenità.

Ogni cane che vedo soffrire, che sento essere stato abbandonato mi frantuma il cuore. Ogni bambino che si perde nel percorso scolastico lo squarcia, perché sento il suo dolore, perché quel vissuto scolastico brutto diventa per lui dolore psichico, che nel percorso con me trasmette e di cui non posso e non voglio diventare indifferente. Ho provato così a farmi qualche domanda. Ho tentato un parallelismo tra il mondo animale e quello umano dei bambini. È molto simile; anche se qualcuno so già che mi sta urlando dietro che un conto sono i bambini, un conto gli animali. Certo, c’è differenza, ma non nella sofferenza e non nella loro realtà indifesa: entrambi sono nelle mani di uomini e donne adulti che gestiscono la loro vita, ne sono gli artefici; li possono amare o avversare, coccolare o abbandonare. E anche se per i bambini fortunatamente si parla poco di abbandono fisico, si può purtroppo parlare molto spesso di quello psicologico, che non è meno violento. Allora mi sono chiesta se tutti quegli abbandoni di cani, non fossero un po’ il parallelo degli abbandoni psichici sui bambini. Perché non si abbandonano i figli? Per una questione sociale? Culturale? Per etica?

Fino a sei anni fa, prima di prendere Nocciolina, i cani mi erano abbastanza indifferenti. Sicuramente non gli avrei mai fatto del male, coccolavo quelli degli altri, pensavo che non ne avrei mai avuto uno e non capivo il sentimento d’amore che i proprietari dei pelosi mi mostravano nei loro confronti. Oggi con Nocciolina comprendere mi è tutto più facile. Capisco il loro attaccamento, il legame che si crea, e trovo che sia da impazzire anche solo minimamente immaginarne l’abbandono.

Così mi sono fatta un’altra domanda. Perché gli adulti, gli insegnanti, ma a volta anche i genitori, non vedono la sofferenza psichica dei bambini. Come possono essere ciechi. Perché io, se immagino la mia cagnolina ridere, quando la vedo che sta bene, che è felice, mi entusiasmo, mi dà altrettanta felicità, come suppongo accada per i genitori vedendo felici i propri figli. Perché allora gli insegnanti, molti insegnanti, non sentono il desiderio di questo traguardo? Perché i genitori, parecchi genitori, non vedono la sofferenza dei propri figli o, se la vedono, non intervengono?

Perché io provo soddisfazione nel mio lavoro solo se i bambini escono felici dal mio studio e, al contrario, se ci siamo lasciati male per una incomprensione, ci sto male anche io fino al prossimo incontro, ovvero fino a quando nuovamente non potrò dire che quel bambino ha passato un’ora di benessere con me? È questione di sensibilità o di umanità? E se è questione di umanità, che cos’è, perché non ce l’hanno tutti? Nasce con noi e poi la perdiamo o è una realtà che ci dobbiamo costruire? E se non abbiamo umanità come possono crescere i nostri figli o come possiamo educare, istruire, i nostri studenti? Quanto ci perdono in termini di potenzialità cognitive i bambini e gli adolescenti che crescono senza umanità? Siamo sicuri che non siamo noi a ostacolare il loro apprendimento?


Dr.ssa Tiziana Cristofari

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