«Cominciamo con il dire cosa non è educazione.
L’educazione non è organizzare una gita ecologica ed ‘educare’ alla salvaguardia della natura, questa piuttosto è istruzione, conoscenza, sapienza di determinati argomenti fatta attraverso una gita scolastica nella natura.
L’educazione non è ‘educare’ alla giusta alimentazione. Di nuovo, piuttosto è istruire alla conoscenza degli alimenti e alla loro corretta assunzione per un benessere fisico.
L’educazione non è dire ai propri figli di non mettersi le dita nel naso, questo piuttosto è bon ton, è non creare disgusto negli altri.
L’educazione non è dire ai propri bambini di non prendere o peggio, rubare, gli oggetti degli altri, questo è piuttosto rispettare le regole del vivere civile e in comunità.
L’educazione non è dire ai propri figli di usare un linguaggio senza parolacce, che non sia sguaiato; questo piuttosto è galateo, buon gusto, raffinatezza, cultura elitaria o comunque raffinata… vogliamo chiamarla civile?
Anche se nel sentire collettivo tutto questo è considerato ‘educazione’ e difatti quando uno dice parolacce o risponde sgarbatamente si pensa sia un ‘maleducato’ ovvero un educato male, oppure quando mangia troppi grassi si dice che non ha educazione alimentare, ecc., in realtà tutto ciò appartiene alla cultura della persona, non alla sua ‘educazione’».
Questo scritto è tratto dal mio ultimo libro Come ostacoliamo l’apprendimento dei nostri bambini. Cos’è l’educazione e come si educa. La pedagogia, una prevenzione primaria. L’ho riportato in questo articolo perché credo che sia urgente spiegare cosa sia l’educazione, in quanto proprio ieri, contattata telefonicamente da una mamma, mi sono sentita dire: “Il mio bambino va bene a scuola, ma le docenti mi dicono che ha problemi di educazione, che secondo loro è un disturbo; mi chiedevo se lei lo potesse curare…” Ammetto di essere saltata sulla sedia, era come se mi avesse colpita in faccia violentemente e con altrettanta violenza psichica* pensasse al proprio figlio. A voi sembra una frase comune? Questo è il problema! Dopo un attimo di smarrimento, la mia risposta è stata: “Signora, io mi occupo di educazione, non di cura, un bambino che non ha educazione non è un bambino malato. Se lei pensa che suo figlio abbia bisogno di cura, allora si deve rivolgere allo psicologo o al neuropsichiatra infantile, evidentemente non sono io la giusta professionista per lei”. A quel punto mi risponde che non ha mai pensato che suo figlio fosse malato, anche se ha parlato di cura e, giustamente, avesse il dubbio che io potessi aiutarla: un dubbio assolutamente lecito se pensa che il proprio figlio ha bisogno della cura quando io non sono una specialista nella cura della mente! Pertanto l’ho sollecitata a chiedersi cosa volesse lei dal proprio figlio, cosa pensasse lei del proprio figlio, in cosa desiderava che cambiasse.
Cosa vogliono le insegnanti lo sappiamo: bambini modello, burattini immobili e marionette efficaci. E voi genitori? Cosa volete dai vostri figli?
Lo scambio di parole con questa mamma, mi ha spinta a sottolineare in questo breve articolo, ancora una volta, quanta poca capacità e consapevolezza ci sia ai giorni nostri di cosa sia l’educazione. Cos’è, come si educa, cosa si intende per pedagogia e per educazione; perché la pedagogia può essere una prevenzione primaria. In cosa stiamo sbagliando noi insegnanti e genitori; cosa la società non ci permette di fare, di vedere, di capire quanto l’educazione influisca sul benessere o meno dei nostri bambini? Quanto la società sta spostando l’asticella della “non” educazione sull’ipotesi di disturbo e cura? Perché lo fa e perché noi lo permettiamo? Questa ipotesi, si affaccia solo quando noi adulti rinunciamo a educare o non sappiamo come farlo. Cosa vuol dire rinunciare a educare? Perché lo facciamo? Perché non sappiamo educare? Quanto genitori e insegnanti si vogliono deresponsabilizzare nel loro operato educativo scaricando ciò che è il frutto di una non educazione sulle professioni mediche? La telefonata della mamma ne è una prova lampante. Una confusione di terminologia e di consapevolezza educativa, che non ci permette più di capire dove inizia e finisce l’educazione e dove invece, quando ce ne è realmente bisogno, la competenza passa al laureato della mente.
A tutte queste domande e molte altre rispondo nel mio libro.
Dr.ssa Tiziana Cristofari
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*La violenza contro le donne. Storia di una identità negata, Irene Calesini, L’asino d’oro edizioni, Roma 2021.