martedì 27 ottobre 2020

Sono un bambino che va male a scuola? Maestra, non mi turbare

 

Maestra, non mi turbare

Quando hai a che fare con i bambini, quando la relazione diventa importante come quella tra docente e studente, li senti un po’ tutti parte di te. Non ho mai capito come si possa provare indifferenza per alcuni di loro o peggio ancora come si possa provare a ferirli, a mortificarli. Gli insegnanti a volte si sentono un po’ psicologi, fanno discorsi che dovrebbero farti immaginare chissà quale conoscenza del mondo infantile, ma poi commettono scivoloni inaccettabili. Certo non tutti, ma ancora troppi.

Quando quei bambini diventano parte del tuo mondo, ogni loro frustrazione, mortificazione, diventa la tua. È come quando muore di incidente stradale un bambino o un adolescente e tutti gli altri genitori, immedesimandosi, sentono quel bambino o quell’adolescente come se fosse il loro e gli sale la rabbia.

Io provo esattamente la stessa cosa quando penso ai bambini del mio studio, quando loro o i genitori mi riportano episodi sgradevoli vissuti in classe. Nello specifico faccio riferimento a un paio di esperienze che vengono reiterate continuamente e che non provocano più solo una frustrazione nei bambini, ma diventano lesioni della propria immagine interna, della propria psiche, ovvero del pensiero di quei piccoli che gli insegnanti dovrebbero saper tutelare.


Siamo solo all’inizio dell’anno scolastico ma i bambini più piccoli o le mamme mi mostrano quaderni con sfregi continui degli insegnanti. In tutte le pagine si ritrovano queste scritte: “non ha fatto niente”, “non ha disegnato”, “non ha lavorato”, “non ha colorato”, “si è rifiutato di fare questo o quest’altro”, “è continuamente distratto”, “giocarella con le matite” eccetera eccetera. Per queste scritte secche, dal sapore freddo dell’indifferenza, probabilmente le insegnanti non sanno che, reiterate nel tempo, all’inizio mortificano il bambino e la famiglia, poi però nel bambino fanno abbassare l’autostima, li fanno chiudere, gli tolgono il pensiero, li annebbiano fino a non capire più cosa stanno ascoltando, lesionano la loro immagine interna. Mentre nei genitori creano angoscia, frustrazione, disperazione. 

Qual’è l’intento di queste continue scritte sui quaderni? Perché non provare un approccio relazionale/didattico diverso, magari puntando sull’enfatizzazione dei piccolissimi progressi, anziché sottolineare le negatività? Perché il docente deve scaricare la sua frustrazione su bambino e famiglie? Cosa possono fare i genitori nel momento in cui leggono tutti i giorni quelle parole e non sono presenti in aula? 


Se l’obiettivo è la semplice comunicazione (ovvero gli insegnanti vorrebbero comunicare cosa avviene in classe durante la lezione), non solo non lo sanno fare (questo modo è inaccettabile!), ma non hanno nemmeno compreso cosa succede nella mente e nel sentire di bambini e genitori, oltre a ignorare (volutamente o meno) quali implicazioni e conseguenze, anche familiari, comporta questa loro modalità. I genitori che non reggono la frustrazione, cominceranno a punire i figli, a tormentarli, creando così un clima inaccettabile a casa e aggravando inconsapevolmente sempre di più il rendimento scolastico del bambino. 


Oppure, se gli insegnanti hanno l’obiettivo della medicalizzazione (per poter giustificare sin da subito un rendimento più lento del bambino, senza affaticarsi troppo per carità) hanno imparato che tormentando fino allo sfinimento le famiglie e ignorando e mortificando le difficoltà dei bambini le faranno diventare croniche e avranno giustificato la richiesta della certificazione; perché quando la famiglia si rivolgerà allo specialista, verranno diagnosticate tutte le difficoltà di apprendimento "disponibili sul mercato" e le insegnanti saranno appagate. Scusate ma io di tutto questo sono terribilmente indignata: scaricare sul bambino ogni responsabilità dell’apprendimento è inaccettabile! E sfortunatamente i medici un po’ nicchiano per interesse, un po’ non ne sono consapevoli di quanto influisca l’operato dell’insegnante sull’apprendimento del bambino.


Cari docenti, (come diceva Enrico Brignano nella pubblicità sul Covid) «no, non te che mi stai leggendo, ma quell’altro, quello che lo fa,» quello che solo dopo un mese di scuola nella classe prima elementare evidenzia sui quaderni i bambini che non lavorano, che non disegnano, che si distraggono e lo fanno spesso con la penna rossa, in modo che possa essere ancora più indelebile, come fosse uno sfregio. Ecco dico a voi. Vorrei informarvi che questi bambini nel 99% delle volte lo fanno perché hanno un motivo psichico (non neurobiologico e nemmeno genetico) che va superato, va compreso, va saputo gestire. Ma non è una patologia (dire che è psichico) alla quale ci deve pensare lo psicologo, ma ci deve pensare una persona di buon senso, che con un minimo di alfabetizzazione su come la mente umana (la psiche appunto) funziona, si deve saper muovere. Perché il sapersi porre con i più piccoli è una modalità che l’insegnante deve essere capace di affrontare, è una modalità di rapporto, una capacità di instaurare la relazione docente-studente per quel nuovo sconosciuto bambino che deve imparare a potersi fidare di voi; è una competenza che vi deve appartenere per insegnare lentamente a “scolarizzare” i piccoli studenti, è una realtà che vi porterà via un po’ più di tempo perché i bambini non sono creati da una catena di montaggio per cui tutti rispondono con gli stessi tempi e gli stessi ritmi.

Ultima questione, smettetela di incalzare ogni giorno i genitori oltre che sui quaderni anche pubblicamente, davanti agli altri (assolutamente incuranti della privacy) e spesso davanti agli stessi bambini, per ribadire nuovamente, come fosse un altro sfregio o come se non fosse sufficiente la comunicazione scritta, che il piccolo non lavora, non disegna, non scrive e forse… (giustamente) non proverà mai rispetto per voi che lo state turbando*.


Dr.ssa Tiziana Cristofari

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*Turbare: Mettere in agitazione, sconvolgere qualcuno, alterandone la serenità o l'equilibrio.


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