Da dove veniva la mia somaraggine. Figlio della borghesia di Stato, cresciuto in una famiglia affettuosa, senza conflitti, circondato da adulti responsabili che mi aiutavano a fare i compiti… Padre laureato al politecnico, madre casalinga, nessun divorzio, nessun alcolizzato, nessun caratteriale, nessuna tara ereditaria, tre fratelli con il diploma di maturità (scientifica, ben presto due ingegneri e un ufficiale), ritmi regolari, alimentazione sana, biblioteca di famiglia, orizzonte culturale conforme all'ambiente all’epoca […] Conversazioni a tavola tranquille, allegre e colte. Eppure, un somaro.
Paura dell'iniezione, ecco una metafora eloquente: tutti i miei anni di scuola passati a fuggire professori visti come dei dottoroni armati di siringhe gigantesche e incaricati di inocularmi quel bruciore denso, la penicillina degli anni 50, una specie di piombo fuso che iniettavano nel corpo di un bambino.
In ogni caso, sì, la paura fu proprio la costante di tutta la mia carriera scolastica: il suo chiavistello. E quando divenni insegnante la mia priorità fu alleviare la paura dei miei allievi peggiori per far saltare quel chiavistello, affinché il sapere avesse una possibilità di passare.»*
Ora, far passare quella paura, è anche il mio obiettivo: una paura che blocca, impedisce, inibisce l’apprendimento di bambini assolutamente normali… Le certificazioni tengono conto della paura dei bambini?
Dr.ssa Tiziana Cristofari
*Daniel Pennac, Diario di scuola.
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