Seconda
parte: Quale sono gli atteggiamenti positivi da adottare.
Il
precedente articolo cominciava così.
L’autostima è
una delle caratteristiche fondamentali di ogni persona.
Avere autostima
significa riuscire meglio nella vita in ogni suo aspetto; significa non
permettere agli altri di farci del male; andare fino in fondo ai nostri
obiettivi; avere più coraggio; saper sostenere una propria idea o opinione,
ecc.
Ma l’autostima
sfortunatamente non si acquista, non si regala, non si può rubare né prestare e, badate bene, non si può insegnare come
fosse una materia scolastica. L’autostima si può solo costruire lentamente
nel tempo con un giusto rapporto tra genitori-figli e docenti-studenti.
Pertanto sia i genitori che i docenti, devono fare un lavoro molto importante,
impegnativo, affettivo nei confronti dei propri figli o dei propri studenti, se
vogliono permettere ai bambini, di costruirsi l’autostima che gli servirà per
tutta la vita.
E allora? Come
si fa a permettere che i nostri figli e studenti si costruiscano l’autostima?
Abbiamo parlato di quali
sono gli atteggiamenti da non usare assolutamente (Ecco come aiutare i vostri figli ad avere più autostima. Prima parte: Quali sono gli atteggiamenti negativi da evitare.), oggi parleremo di quali sono gli atteggiamenti
che invece devono essere adottati.
Innanzitutto dobbiamo osservare l’atteggiamento di
noi adulti, perché un bambino sicuro di sé lo è perché gli adulti gli trasmettono
sicurezza. E come si fa?
Intanto vorrei far presente che non farò un decalogo
di 10 punti banale e scontato degli atteggiamenti da adottare come quelli che
si trovano spesso sul web, perché penso che su questi argomenti sia importante
non illudere le persone (i genitori soprattutto) dando “dritte” di
comportamento che il più delle volte non servono a nulla, ma vi vorrei
indirizzare su quel ragionamento che nella formazione pedagogica ci permette di
fare la differenza. È chiaro che per cambiare non basta leggere le mie parole e
pensare di volerlo, ma con costanza e impegno, bisogna metterlo in pratica. È altrettanto
chiaro che non è facile adottare certi atteggiamenti e soprattutto richiede da
parte di voi genitori e insegnanti molto coraggio nel mettervi in discussione e
nel modificare i vostri comportamenti. Se siete disposti ad assumervi la
responsabilità di essere “migliori” (perché d’imparare non si smette mai,
soprattutto perché non si va a scuola di “come essere buoni genitori”), allora
avete già vinto! Perché il segreto è tutto qui, nel volersi guardare dentro,
nell’accettare anche di aver sbagliato e non commettere più lo stesso errore.
Ricordatevi che sbagliare è umano, ma perseverare è veramente diabolico,
soprattutto quando ci ostiniamo a ignorare i nostri errori.
C’è da dire che i bambini sanno perdonare e
dimenticare moltissimo, cosa che noi adulti il più delle volte non sappiamo
fare. Quindi se siete pronti a rimettervi in discussione, continuate a leggere.
Nel precedente articolo ho scritto che per
permettere a un bambino di diventare in un certo modo, noi dovevamo essere in
un certo modo. Quindi, se vogliamo bambini che si sentono sicuri, dobbiamo
innanzitutto dargli sicurezza. E come si fa? Per esempio non sminuendo le sue
paure. Ad esempio: se per la prima volta cambia scuola è molto probabile che
fantasticherà moltissimo sul nuovo ambiente. E le sue fantasie saranno sia sui
lati positivi (si spera) che su quelli negativi. Se non avete un grande
rapporto di stima e fiducia già instaurato con lui o lei, naturalmente il
bambino/a non vi dichiarerà le sue paure, ma le esprimerà con il pianto,
dicendovi che non vuole cambiare scuola, che non avrà amici, protestando con
capricci di varia natura ecc. Il vostro atteggiamento deve essere non solo
positivo e sostenere il fatto che si inserirà facilmente, ma soprattutto non
deve sminuire le sue paure. Ad esempio: se vi dice che non avrà amici perché
gli altri si conoscono già tutti, è una probabilità concreta che questo succeda,
soprattutto per i primi giorni di scuola; quindi rispondere soltanto dicendo che
non è vero, non lo aiuta, anzi lo intimorisce ancora di più, perché lui/lei non
può avere certezza delle vostre parole e soprattutto penserà che voi non lo
abbiate capito.
Le parole giuste sono: “Potresti avere ragione
(rafforzare il suo sentire senza negarlo), ma solo per i primi giorni finché
anche loro (i nuovi compagni di classe) non ti avranno conosciuto”. Questa
frase non sminuisce la sua paura, ma soprattutto permette al bambino di comprendere
che VOI lo avete capito nei suoi timori. E in questo modo avete messo un
mattoncino nella costruzione del giusto rapporto con voi, del giusto rapporto
di sicurezza in se stesso e in voi, che con il tempo diventerà autostima.
È importante ricordare che i bambini vivono molto in
modo spontaneo, questo significa che ciò che per noi può sembrare assurdo,
scontato, non vero, non lo è per loro. Se noi assumiamo nei suoi confronti
atteggiamenti ostili, magari pensando che mente, che non è vera quella certa
paura, gli stiamo passando una comunicazione che gli dice che noi non crediamo
in lei/lui. Ad esempio: se torna da scuola dicendovi che ha preso una nota
perché ha litigato con un altro compagno di classe e voi vi limitate a prendere
atto della nota e a sgridarlo/a senza capire realmente cosa è successo non dandogli/le
la possibilità di raccontare l’accaduto, lei/lui si sentirà non compreso. Quel
sentirsi non compreso distrugge letteralmente la sua autostima perché per
lei/lui voi siete il punto di riferimento che viene a mancare. L’atteggiamento
giusto da adottare è: domandate dell’accaduto cercando di comprendere se dice
tutto; se non vi convince fino in fondo quello che vi sta dicendo, continuate a
domandare. Poi chiedete a lui/lei se quella nota gli/le sembra giusta, ossia
se, se l’è meritata, oppure no. Quasi sempre i bambini dicono la verità su ciò
che pensano, soprattutto se noi nel domandare non alziamo la voce, non
accusiamo, non siamo prevenuti su ciò che sta raccontando e se gli/le facciamo
intuire di credergli/le.
Il più delle volte poi i/le bambini/e, sanno
riconoscere se una punizione è giusta o sbagliata. E domandare a loro se la
punizione l’hanno meritata o meno, è un modo per responsabilizzarla/o e
permettergli/le di accrescere enormemente la sua autostima, ma anche la stima
nei vostri confronti che gli avete permesso di parlare liberamente e lo/la
avete ascoltata/o veramente.
Fin dal passato più antico i/le bambini/e sono
sempre stati disciplinati a non esprimere il pensiero se contrario a quello
degli adulti. Per secoli è stato uno degli errori più grossi a livello
formativo, ma anticamente non c’era consapevolezza della mente del bambino,
oggi sì.
Oggi certi atteggiamenti non sono più accettabili,
perché oggi si sa che un bambino/a sente e vive le situazioni esattamente come
gli adulti. Noi però ancora non siamo abituati-educati e soprattutto usciti, da
questa idea di disciplinamento, perseverando nell’errore di pensare che i
bambini non sentano e non comprendano. Ricordatevi che ascoltare, senza
giudicare, facendo esprimere il parere del bambino o della bambina sempre, è un
modo quasi unico per costruire in lei/lui l’autostima in sé e nei propri
genitori.
Ma veniamo agli insegnanti. Come docente accolgo i
miei studenti senza eccessive effusioni, molti mi hanno chiesto perché non
bacio e abbraccio i miei piccoli studenti come fanno gli altri insegnanti.
Non è del tutto vero ciò che affermano, anch’io mi
ritrovo a porgere una guancia o a stringere tra le braccia le piccole cucciole
o i piccoli cuccioli. Il fatto è che io lascio agli studenti questa iniziativa,
perché molti di loro non sono inclini a baci e abbracci e questo movimento va
rispettato. Certo è, che non ci si può e non ci si deve sottrarre se lo
studente di sua iniziativa lo fa. Quindi massimo rispetto per un atteggiamento
delicato e personale come l’abbraccio e il bacio, ma allo stesso tempo se c’è
richiesta ci deve essere risposta.
Con questo discorso cosa c’entra la stima di sé? Il
bambino deve essere libero di gestire il suo sentire affettivo. Con mamma e
papà è facile perché c’è più confidenza. Ma con gli estranei (perché i docenti
per loro sono degli estranei!), ci vuole il rispetto degli insegnanti nei
confronti dei piccoli, perché i piccoli possano a loro volta imparare che negli
affetti non c’è prepotenza adulta, ossia quella condizione di soggezione che
spesso gli adulti propinano ai piccoli: per cui siccome io sono adulto e ti
voglio dare un bacio, tu non ti puoi sottrarre! E se a me quell’adulto non mi
piace? Certo il bambino non lo dice a parole, ma lo potrebbe esprimere
allontanandosi mentre gli stiamo dando un bacio o pulendosi la guancia, anche
se non gliel’abbiamo sbavata. Se a me una persona non piace, certo non la
bacio, perché costringere i piccoli a farlo?
In classe, l’atteggiamento dell’insegnante che vuole
aiutare i suoi studenti a costruirsi sempre più autostima è improntato alla
fiducia che deve nei confronti dello studente stesso e alla sua capacità di
docente di creare rapporto. Fiducia significa che l’insegnante non dimostra in
alcun modo nessun pregiudizio nei confronti dello studente. L’insegnante deve
pensare che lo studente ce la può fare, qualunque sia il punto di partenza
dell’allievo/a. Se l’insegnante ha un solo dubbio sulla riuscita scolastica di
un/una alunno/a, fondato o meno che sia, non riuscirà mai a costruire un
rapporto di fiducia con lo studente e lui/lei percepirà fin da subito che non
ce la può fare. Chiaramente questo pensiero impedirà la formazione di
autostima. Facciamo degli esempi. Se io noto che un/una alunno/a ha tempi di
apprendimento più lunghi degli altri bambini e comincio a pensare che potrebbe
essere dislessico senza avere nessuna diagnosi che lo certifica, io per prima
trasmetterò all’alunno/a un pensiero di impossibilità di riuscita nello studio
che diventerà realtà nell’alunno/a stesso/a. Ma anche se avessi una
certificazione di diagnosi di dislessia, gli insegnanti hanno l’obbligo di
credere nella riuscita di quell’alunno/a. Perché la diagnosi di dislessia, non
è una diagnosi d’impossibilità allo studio, al più ci sono degli strumenti che
semplificano la metodologia di studio, nulla di più e nulla di meno. Quindi
ricordatevi bene che credere nelle potenzialità di uno studente parte da voi
docenti. Ogni studente ha le sue potenzialità, ma a ogni studente va data
fiducia, sempre, anche quando sbaglia. Perché dopo che ha sbagliato, gli si può
far capire qual è la strada per farlo correttamente e da lì far partire il
cambiamento. E più ci crediamo noi insegnanti, più gli diamo fiducia, più ci
accorgeremo che risponderà alle nostre sollecitazioni in modo positivo.
Come avete visto ho fatto solo qualche cenno a un
corretto atteggiamento da adottare nei confronti dei propri figli o studenti.
Potrà sembrarvi poco o di aver ancora bisogno di sapere. E allora sta a voi
approfondire. I miei articoli sono solo uno stimolo a migliorarvi. Facciamo un
piccolo ragionamento. Se con un decalogo di 10 regole, che apparentemente vi
potrà sembrare esaustivo per cambiare la situazione con i vostri figli, per far
sì che poi in famiglia o a scuola vada tutto bene, mi spiegate perché i
pedagogisti studiano 5 anni per laurearsi e diventare degli esperti di
crescita, formazione e didattica? Se bastassero le 10 regoline che spesso gli
psicologi ci propinano sul web per far funzionare i rapporti, mi spiegate
perché studiano anche loro tanti anni e poi ci fanno fare sedute che durano a
loro volte altrettanti anni?
Quando scrivo i miei articoli, non voglio prendere
in giro nessuno. Posso spiegare alcune dinamiche di rapporto, ma poi tutto il
lavoro lo dovete fare voi genitori e insegnanti con gli stimoli che posso
trasmettervi sì, ma non sarò certo io o le mie parole a fare la magia del
cambiamento, e questo deve essere chiaro. Io vi posso indirizzare, vi posso portare
per mano, ma il cambiamento e la trasformazione spetta a voi.
Io continuerò a scrivere di educazione, crescita,
formazione, didattica perché questa è la mia passione e perché l’altra passione
è scrivere. Quindi continuerò a comunicare con tutti voi attraverso i miei
romanzi di formazione, i miei articoli sul blog e a insegnare direttamente e
indirettamente con i miei DVD. Ma tutto questo senza creare false illusioni e
semplificazioni di una vita relazionale complessa e molto personale, come
quella tra genitori-figli e docenti-studenti.
Dr.ssa Tiziana Cristofari
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