Salve Dottoressa,
Mi chiamo Andrea, sono un istruttore/maestro di nuoto di ventennale esperienza.
Ho letto il suo articolo “Ecco come distruggiamo la mente dei nostri bambini” e mi sento in solidale dovere di confermare, ed essere totalmente d’accordo su ciò che Lei descrive nell’articolo in oggetto. Non voglio commentare i comportamenti dei genitori che troppo spesso vedo scaricare le loro frustrazioni nei loro indifesi figli con rimproveri/punizioni esemplari, ma dare un umile contributo a ciò che Lei afferma, parlando della mia esperienza come maestro.
Ed è proprio dei maestri/e che parlerò:
Come ho scritto su un mio libro sull’insegnamento del nuoto che credo non finirò mai :)
Il rimprovero non è mai “esemplare” ne fine a se stesso ma semplicemente educativo, troppo spesso chi insegna qualsiasi sia la materia, grida, a volte umilia l’allievo con parole e atteggiamenti che lo fanno sentire inferiore agli altri, meno capace. Questo modo di fare è il totale fallimento della capacita di insegnare, di trovare il corretto ed efficace canale di comunicazione con l’allievo.
- Ma chi è l’insegnante e chi è l’allievo?
L’insegnante è un essere umano adulto che ha il compito di trasferire le proprie informazioni, ad un essere umano bambino privo della conoscenza di queste informazioni.
Troppo spesso vedo la maestra/o che nell’assolvere questo compito, assumono quell’atteggiamento odioso onnisciente nei confronti dei loro allievi, ragione per la quale anche io ho avuto dei problemi a scuola. Urlare e denigrare la piccola e indifesa persona che hai davanti è facile, “è come sparare sulla croce rossa.”
Il compito di un bravo insegnante è quello di trovare il giusto canale di comunicazione per l’essere umano che hai davanti, ogni essere umano è diverso dall’altro e di conseguenza l’abilità dell’insegnante sarà quella di essere una sorta di camaleonte, si dovrà adattare alla persona che ha davanti,con un incredibile umiltà e il più grande rispetto per quella persona che ti è stata affidata, per quella persona che viene rimessa alla tua sensibilità e competenza.
Concludo inserendo un estratto del mio libro, che racconta di un episodio durante una lezione di Nuoto.
Cordiali Saluti
Andrea Serrani
“ Oggi nell’ultimo turno del mercoledì mattina tra i vari bambini che avevo in acqua c’era Marco* 8 anni. Fin dalle prime lezioni si è mostrato particolarmente dispettoso, solo che ora alla sesta lezione avendo preso confidenza con l’ambiente, con l’acqua e l’istruttore
( cioè me ), M. era molto più disinibito nel suo atteggiamento irritante.
E’ chiaro che questo suo comportamento era un mezzo per attirare attenzione, di conseguenza ho ignorato queste sue manifestazioni scostanti dando lode a quelle giuste. Normalmente questo è un metodo che da buoni risultati, ma questa volta non ha funzionato.
Le sue esuberanze sono aumentate fino al punto di diventare pericolose con dispetti ai compagni sempre più pesanti. Dovevo in qualche modo dare un freno a Marco, quindi decisi di fermare la lezione.
Ho richiamato tutti i bambini vicino al bordo ed ho parlato direttamente con Marco con calma, serenità, voce pacata ed estrema fermezza, usando l’atteggiamento che si può avere nei confronti di un amico caro al quale bisogna far capire che sta sbagliando,dicendo testualmente:
- Marco perché ti comporti così?
Lui in un primo momento è stato zitto, poi ci ha pensato un attimo, e mentre stavo per rifare la stessa domanda mi interrompe e dice:
- Perché mi diverto.
Mi è parso subito abbastanza evidente che questo suo comportamento, non serviva solo per attirare attenzione, ma anche per instaurare una sorta di rapporto/comunicazione con gli altri, grandi o piccoli non faceva differenza.
Allora gli ho detto:
- Vedi in questo momento siamo tutti fermi (rivolgendomi agli altri bambini con un gesto della mano) perché tu ti comporti in questo modo. Facendo cosi loro devono stare fermi,e non si possono divertire, pesi che loro possono essere tuoi amici se non li fai divertire?
Nessuna risposta, e aggiunsi:
- Neanche io posso essere tuo amico se ti comporti cosi. Alla fine succede che non hai più amici.
A quel punto c’è stata una risposta di orgoglio:
- Si ma tanto non mi servono.
Ed io:
- E allora vuoi rimanere solo?
Nessuna risposta
Sono rimasto in silenzio per qualche secondo e ho visto in M. un momento di disorientamento, avevo sgretolato quello che per lui era scontato, cioè avere l’attenzione (“amicizia” rapporto/comunicazione) degli altri attraverso i dispetti.
A quel punto dovevo immediatamente andare a sostituire questo vuoto con qualcos’altro e allora dissi:
- vedi se tu non sei dispettoso, gli altri ti vogliono bene e possono essere tuoi amici, se tu gli fai i dispetti gli altri non vogliono stare con te.
Gli ultimi 15 minuti di lezione sono continuati serenamente, M. faceva tutto come gli altri bambini, ed io gratificavo con enfasi ogni cosa giusta che faceva.
Alla fine della lezione, uscendo dall’acqua M. mi domandò:
- Ma allora posso fare così anche fuori dalla piscina?
Risposi:
- Certo che puoi fare così, anche a scuola a casa dappertutto.
Lo congedai con una carezza sul viso, e se ne andò camminando calmo e tranquillo senza correre e sbattere da tutte le parti come al solito.
Non nascondo che commossi in un pochino, probabilmente a quel bambino nessun adulto si era mai rivolto come ad una persona in grado di ragionare.
Probabilmente tutti gli “adulti”, avevano sempre detto a M. quello che doveva e non doveva fare, senza spiegargli il perché era meglio per Lui fare in un modo piuttosto che un’altro.
L’errore più grande che gli adulti fanno troppo spesso nei confronti di bambini è proprio quello di considerarli tali.
Un bambino è solo una persona che sta imparando muoversi nell’ambiente che lo circonda, l’adulto ha il compito di fargli da guida affinché lui/lei possa ragionare su come muoversi e sopravvivere/vivere in armonia con, e nel mondo nel quale vive.
* Il nome è un nome inventato al fine di garantire la privacy del bambino “
Ringrazio Andrea per la bellissima lettera che ho pubblicato con molto piacere.
Dr.ssa Tiziana Cristofari