venerdì 24 ottobre 2025

Ho uno studente lentissimo… devo chiedere la certificazione!


Sono stanca, triste, anche un po' arrabbiata per tutta questa ignoranza che c'è nella valutazione delle performance dei nostri studenti.

Ormai ogni lentezza, ogni diversità è un problema. Nessuno che pensi all'ipotesi di un cambiamento emotivo e cognitivo che arriva anche con il tempo, che tutti sono subito pronti a parlare di patologia, di disturbo. 

Quale problema ci può essere in un bambino più lento? Ciò che conta è poter valutare se ha appreso come si fanno le operazioni, come si scrivono le parole, non quanto tempo ci mette a farlo.

Ogni volta che sento un insegnante dire che un suo studente è lento, mi dissocio irritata.

Se avessero un minimo di conoscenza in ambito psichiatrico e psicologico certe affermazioni sulla lentezza non le farebbero.

Se il corso di laurea in Scienze della Formazione Primaria istruisse i futuri docenti a trovare più soluzioni alle problematiche e non a diagnosticarle, non ci sarebbe questo business della certificazione.

Se i medici che certificano avessero un minimo di conoscenza della didattica e nella pedagogia, non certificherebbero.

Se i genitori avessero più fiducia nella loro capacità educativa e nei propri figli, non correrebbero dal logopedista alla prima richiesta superficiale e inadeguata dei docenti.

Se la politica volesse innalzare le capacità cognitive e conoscitive dei suoi cittadini, renderli liberi e capaci di pensare, non autorizzerebbe né incentiverebbe le certificazioni per tutte queste pseudo patologie/disturbi praticamente inesistenti, e superabili nel tempo con una buona didattica e relazione pedagogica dei docenti.


Ma tutto questo non si vuole. Le certificazioni fanno business da tanti punti di vista e per tante realtà economiche e non; gli unici a trarne svantaggi sono solo ed esclusivamente i bambini e il loro futuro. 

Se togliamo loro la capacità di imparare; se gli provochiamo odio e disprezzo per la scuola perché li facciamo sentire diversi; se li imbocchiamo su tutto come fossero sempre un po’ stupidi per fare da soli, impedendogli di diventare capaci di conoscere, di sapere, di imparare, di sviluppare la propria mente e il proprio pensiero, in una parola di crescere, che tipo di futuro gli possiamo garantire? Siete sicuri che diventeranno tutti calciatori, tennisti e ballerine?


Il sapere e saper fare oggi, non serve più a trovare un buon lavoro (il buon lavoro è riservato a raccomandazioni e nepotismo); saper fare e saper comprendere, conoscere, essere sicuri di sé, avere autostima, serve a vivere meglio, a sapersi difendere da una società piena di disuguaglianze e discriminazioni. E solo la stima e la fiducia in sé permetterà loro di essere più sereni nella vita; ma questa fiducia in sé può crescere solo se si sentiranno capaci di fare e di pensare in autonomia.


Dott.ssa Tiziana Cristofari

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