mercoledì 17 maggio 2023

Scuola pubblica o privata? L’inganno del denaro nei poteri di forza: chi ci rimette è spesso sempre solo il bambino.


 I giochi di forza sono la caratteristica dei giorni d’oggi. Non si cerca la mediazione, la comprensione, la cooperazione, il dialogo, ma solo il gioco di forza economico, che vince o crede di farlo, colui che nella superbia non ha altre capacità all’infuori dell’uso del denaro. Il confronto e il dialogo dovrebbero essere alla base di ogni relazione, se si ha abbastanza autostima e capacità di dialogo, altrimenti il gioco di forza economico è quello che domina. Devo ammetterlo, lo ammetterebbero tante docenti: la scuola statale oltre a pagare gli insegnanti molto di più chiede loro molto di meno. Motivo per cui tanti docenti con l'occasione giusta scappano nello Stato. Ed ecco qui, che scatta il sistema del gioco di forza.

I docenti della scuola statale sono forti con i genitori in quanto hanno sempre purtroppo e sconsideratamente, l’ultima parola, appoggiata dal Dirigente scolastico che per non avere grattacapi difficilmente interviene nelle polemiche, o richieste, o lamentele delle famiglie. Motivo per cui poi molti genitori, frustrati da questo gioco di forza sfavorevole, spostano i propri figli nel privato, che invece gli dà più soddisfazione, ma in modo coercitivo.


Nel privato le famiglie si sentono forti con il gioco sporco che il denaro permette, non certo con il dialogo e la comunicazione che, cercato nella scuola statale, non hanno trovato. Qui ogni genitore si sente di “potere” sull’insegnante; lo dimostra il fatto che nel disaccordo, se nello Stato si richiede un incontro con il docente, nel privato l’insegnante viene letteralmente negata e bypassata dal genitore che si rivolge direttamente alla Direzione. Immagino che la speranza di questi genitori sia quella che l’insegnante venga “rimproverata” richiamandola all’ordine. Questo è il gioco di forza del denaro, ma anche di un vecchio ma attuale pensiero sociale sul lavoratore decisamente riprovevole e che riprenderò più avanti.


I giochi di forza senza il potere del denaro ce li ha quella scuola che è fornita di una Dirigenza capace di dialogo, confronto e scambio. Questa è una scuola vincente, sempre e per tutti, genitori e docenti, ma anche studenti, dove si può pronunciare una parola che oggi è diventata un insulto: democrazia.  Ovvero vince la democrazia tra datore di lavoro, lavoratore e cliente. 

Questa scuola è forse un’utopia?


Se la Direzione non è capace, spesso accade che nella scuola privata il turn-over delle docenti è inevitabile. Ed è comprensibile. Sentirsi minacciati per ogni più svariata situazione da genitori e Dirigenza incapaci di dialogare, capire, condividere e mediare, fa sì che l’insegnante con identità, prima o poi, cambi ambiente.


Credo che la scuola sia il luogo per eccellenza in cui le famiglie sfogano più frequentemente le loro frustrazioni o i loro disagi. Soprattutto nella didattica: sulle scelte che l'insegnante fa del proprio lavoro e del come lo fa. Ma forse non sanno che l'articolo 33 della Costituzione, della nostra Costituzione, dice che l'insegnamento è libero e lo ribadisce anche il contratto di assunzione del docente. Forse i genitori dovrebbero informarsi di più di quello che possono o non possono fare, sostenuti o meno dalla Dirigenza. Forse dovrebbero tornare a scuola loro, insieme ai propri figli. Forse dovrebbero studiare la Costituzione. Forse ognuno di loro dovrebbe essere artefice del proprio mestiere e lasciare che gli altri facciano il loro. Forse sarebbe opportuno ritornare a un tempo in cui il docente aveva un ruolo sociale di peso, ovvero un ruolo rispettato nella società, dove gli si riconosceva la preparazione acquisita e idonea a svolgere quell’incarico per cui gli si dava credibilità. Da tempo lo Stato fa di tutto per togliere all’insegnante quel riconoscimento, screditandolo (facendolo diventare un burocrate) e pagandolo pochissimo rispetto agli altri Paesi Europei. Ma tant’è.


Questo atteggiamento delle famiglie (sia nel pubblico che nel privato) dimostra che il lato economico è l'unico punto di forza su cui la società gioca il suo ruolo (tutto merito del neoliberismo), annientando ogni considerazione democratica e promuovendo, all’interno dell’istituzione scolastica, ancora quell'atteggiamento repressivo tipico del “padrone” con il lavoratore che non è altro che un fatto culturale e sociale. Un passato che ritorna o che non è mai andato via. Inaccettabile. Inaccettabile per chi sa e anche ingiustificabile per chi non sa.


Fortunatamente ci sono scuole private in cui la Direzione sa come gestire le relazioni in modo democratico. In cui la Direzione sa parlare, confrontarsi con i docenti, comprenderli e trovare una mediazione eventualmente tra genitori e insegnanti. Certo, sono rare queste scuole. Bisogna che ci siano più dirigenti intelligenti, con la mente aperta, moderna, democratica, che sappiano anche comprendere la rabbia delle famiglie che spesso è ingiustificata nei confronti dei docenti. Ma qui si entra nel campo della psicologia, e bisognerebbe spiegare a chi non sa, che spesso gli altri (in questo caso i docenti) sono solo il bersaglio di uno sfogo a situazioni personali che non trovano altra via. E allora, i propri figli diventano il capro espiatorio di ogni situazione, ma siccome non si possono scaricare le problematiche e le frustrazioni sui bambini, lo facciamo con chi presunto o non presunto colpevole, ce ne dà occasione: l’insegnante. Basta una parola, una frase, un argomento che non piace, che non comprendono, che fraintendono, che è riportato male, per scaricare tutta la loro rabbia e violenza (anche se solo verbale) sul lavoratore che sentono essere un “loro” sottoposto perché banalmente pagano la scuola. Sottolineo che sentono quel lavoratore (docente) come un loro sottoposto. Aberrante!

La forza di pensare che il potere del nostro denaro è il potere su quel lavoratore, ci permette il lusso di credere di tenere in pugno la situazione, ci permette soddisfazione… o ce la fa credere… Disumano e aberrante!


Questa purtroppo è la cultura di cui oggi ci sentiamo fieri e che ha preso in trappola la società: la cultura neoliberista. Una cultura inoltre, infarcita di Internet, dove tutto pensiamo possibile sapere, e dove tutto è possibile dire senza mai porci delle domande, senza mai chiederci se ciò che stiamo dicendo ha superato un limite o porta a delle conseguenze; senza mai rimettere in discussione ciò che ci viene riferito e che prendiamo sempre per buono, come oro colato, perché ci fa comodo, anche se ciò che ci hanno riferito non corrisponde alla verità.


Il genitore si sente privo di forza e considerazione nell’affrontare un insegnante dello Stato perché non pagandolo direttamente si sente privo di potere, appoggiato anche da uno “Stato” indifferente spesso alla sua richiesta. E non sa quel genitore che il denaro porta solo a “credere” di essere forti. Il vero genitore che possiede la forza è colui che con la capacità del dialogo arriva a una soluzione, una mediazione sia nel pubblico che nel privato. 

Il genitore si sente potente quando, pagando la scuola, con ferocia e aggressività accusa il docente sostenuto dalla Direzione incapace di dialogo, e si affianca al detto “il cliente ha sempre ragione”. Questo non è avere forza, perché senza denaro non si è più nulla.


Bene, questo movimento ripetitivo, scontato, violento e frequente di cui spesso vengo a conoscenza, è un fatto culturale, non obiettivo, neoliberista e comunque in entrambi i casi, (pubblico o privato) terribilmente sbagliato. 


Finché si considera l'essere umano (il docente) come un oggetto acquistabile anziché una persona con propria identità con cui è possibile confrontarsi e anche scontrarsi, non raggiungeremo mai appieno i dettami costituzionali e vi sarà soltanto un impoverimento nella realtà psichica dei nostri bambini ai quali non sappiamo trasmettere i valori e la forza (adesso sì) della democrazia. Pertanto loro, i bambini, ancora una volta, saranno gli sconfitti.


Un'ultima considerazione: la mancanza di dialogo dei genitori con le insegnanti, l’inganno del denaro nei poteri di forza, crea situazioni spiacevoli tra alunni e docenti, di cui i genitori sono i primi artefici, seppur consciamente o inconsciamente consapevoli.


Dr.ssa Tiziana Cristofari

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Un titolo e un contenuto sicuramente contro tendenza, dato che libri e manuali sull’argomento parlano solo di come riconoscere i disturbi dell'apprendimento e quali sono gli strumenti dispensativi e/o compensativi per sostenere una realtà che, secondo la maggioranza della comunità scientifica, non ha soluzione in quanto i disturbi sarebbero causati da fattori genetici o neurobiologici.
Nel mio libro affronto scientificamente tutti questi argomenti e li smonto uno per uno dimostrando come sia improbabile quanto viene affermato. Ma soprattutto spiegando perché la comunità scientifica non ha ancora compreso o voluto comprendere, che questi “disturbi” mettono radici lì dove la scuola e la famiglia crescono figli e studenti senza una pedagogia adeguata.

Descrizione del libro. È intelligentissimo, ma il maestro mi dice che non ascolta. Legge stentatamente e la maestra mi ha detto che potrebbe essere dislessica. Non ricorda le tabelline e mi hanno detto che potrebbe essere discalculico. Mi hanno consigliato il logopedista. Mi hanno detto che dovrei portare mia figlia a fare una visita dalla neuropsichiatra infantile. Poi ho letto un suo articolo... Poi cercando su internet il significato di queste parole mi sono imbattuta nel suo sito... È con le stesse parole che un papà arriva da una pedagogista che ha trovato la soluzione ai disturbi specifici dell’apprendimento. Inizialmente scettico, ma speranzoso - perché sua figlia, presunta dislessica, ha difficoltà relazionali con lui e un calo del rendimento scolastico -, s’imbatte in un’avventura scientifica, realistica e umana senza precedenti. Andrà alla scoperta del pensiero di medici e pedagogisti di fama mondiale che gli spiegheranno perché quello che comunemente si racconta sui disturbi dell’apprendimento non è realistico, trovandosi così involontariamente alla ricerca di una conoscenza genetica, neurobiologica, psicologica e soprattutto pedagogica di cui era profondamente allo scuro come del resto buona parte della comunità scientifica ed educativa. Riuscirà in questo modo a capire come nascono, come si prevengono e come si superano i disturbi dell’apprendimento. Ma soprattutto imparerà come è possibile evitarli con l’applicazione di una scienza che nel tempo è stata annullata dalla politica e negata nella formazione dei nuovi docenti: la scienza pedagogica.
Oggi il 25% dei bambini di una classe viene diagnosticato con un disturbo dell’apprendimento. Dicono che il problema è genetico o neurobiologico e per questo non si può far nulla se non dispensare e/o compensare. E se così non fosse?

La dottoressa Tiziana Cristofari pedagogista e docente, con l’aiuto tratto da teorie e prassi di eminenti e riconosciuti studiosi in pedagogia, psicologia e psichiatria - tra i quali Giovanni Genovesi, Shinichi Suzuki, Howard Gardner, Lev Semënovič Vygotskij, Massimo Fagioli -, ha dimostrato come sia ampiamente improbabile che i disturbi specifici dell’apprendimento abbiano origine genetica o neurobiologica e come invece siano il frutto dell’assenza totale di pedagogia scolastica e familiare.