martedì 2 febbraio 2021

Insegnanti curati o formati?

Insegnanti curati o formati?

Mi arrivano continuamente lamentele da parte di genitori e di insegnanti che si accusano a vicenda di una mancanza di educazione dei bambini e pertanto della carenza di una cultura pedagogica a scuola. Ma sì, tutti sono consapevoli che l’educazione e quindi la pedagogia nelle istituzioni scolastiche e anche in famiglia è assente: ne parlano insegnanti, docenti, medici, giornalisti che nei loro talk show ne mettono continuamente l’accento; ne parlano tutti ma senza avere la minima consapevolezza di cosa sia la pedagogia*. E rare volte si interpellano i pedagogisti. Ma allora di che ci lamentiamo?

I Ministri che si succedono alla direzione del MIUR, continuano a decidere (su pressione della casta degli psicologi), che nelle scuole debbano essere aperte le porte prevalentemente ai loro operatori: per tutti questi Ministri (impreparati su cosa sia la pedagogia), gli alunni vanno curati! Però la pedagogia non c’è, e se ci fosse non corrisponderebbe, per fortuna, alla cura, ma rappresenterebbe il massimo livello formativo per la crescita e l’educazione dei nostri studenti. Ma c’è molta confusione tra chi pensa che i problemi scolastici siano imputabili a “difetti” psichici, per i quali ci vuole lo psicologo, e chi invece sostiene che gli studenti non hanno necessità di essere curati, ma solo educati! Ma chi è che educa se non genitori e insegnanti? Voi dite che gli insegnanti non educano? Sbagliato, perché ogni atteggiamento, comportamento, insegnamento, anche didattico, da parte dell’adulto nei confronti di uno studente è un atto educativo. Che però manca, perché la maggioranza degli insegnanti, compresi quelli di scienze della formazione primaria (sigh!), sono quasi completamente privi di conoscenza pedagogica e quindi di capacità educativa. 

Finalmente negli ultimi tempi le scienze neurobiologica e genetica ci sono venute incontro nell’affermare che i tanto sbandierati disturbi dell’apprendimento che si è sempre detto provenissero da deficit cognitivi a loro imputabili, non lo sono più. Dal punto di vista neurologico la Scienziata Daniela Lucangeli ha mostrato più volte come una relazione, ovvero una pedagogia sbagliata con i bambini della prima alfabetizzazione, abbia portato allo sviluppo di difficoltà cognitive interrompendo, inficiando e ostacolando la possibilità connettomica neuronale, esattamente come l’epigenetica ha dato la sua versione dell’alterazione genica attraverso l’ambiente. Le due discipline affermano la stessa cosa, come peraltro fa la psichiatria (Massimo Fagioli), attribuendo a fattori relazionali la difficoltà di sviluppare un potenziale emotivo-affettivo e cognitivo adeguato all’età.


Ricapitolando. Se lo sviluppo cognitivo di un bambino nato sano, ovvero senza lesioni cerebrali o alterazioni cromosomiche, viene inficiato dagli adulti con comportamenti scorretti, ovvero da una pedagogia, quindi un’educazione errata, da didattica e metodo sbagliati, da mancanza di stimoli linguistici e pratici inadeguati all’età del bambino, allora possiamo dedurre che il bambino non è causa delle sue difficoltà, ma tutto ciò è imputabile all’ambiente e alle relazioni che gli sono intorno. 


Quindi mi chiedo: se il problema della dispersione scolastica sono gli adulti, se il problema delle difficoltà cognitive degli studenti sono gli adulti, se il problema della mancanza di pedagogia è creata dagli adulti, se il problema della poca formazione dei docenti è un problema nato nel mondo adulto, allora gli psicologi a scuola non dovrebbero essere destinati agli studenti! 

Il problema concreto per la maggioranza dei docenti è legato a una mancanza di formazione pedagogica, in quanto una minoranza degli insegnanti la possiede e l’altra parte non sarebbe degna di sedere in cattedra per vari motivi: forse quegli psicologi, potrebbero intervenire di più sulla cura mentale di questi ultimi che gridano in classe, umiliano gli studenti, li terrorizzano, li mortificano, sono assolutamente privi di una volontà pedagogica, e che negano la loro incapacità d’insegnamento scaricando senza scrupoli tutto quello che non dovrebbero essere su bambini e adolescenti. Gli psicologi potrebbero essere molto più utili a loro, anziché far passare tutti gli educandi, di ogni ordine e grado, per malati. 


Ma se la pedagogia a scuola dimezzasse tutti questi problemi, come io penso che riuscirebbe a fare se si riuscisse a compiere un salto di qualità culturale inserendo in organico questa figura, come si farebbe a far girare l’economia sulla pelle degli studenti, i più fragili e i più facili da colpevolizzare e da imbrigliare nelle maglie della cura, dove peraltro loro, come abbiamo visto con la Covid-19, risultano essere anche l’ultima ruota del carro?

La scuola non è un ospedale, la scuola ha bisogno di pedagogia.


Dr.ssa Tiziana Cristofari

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*T. Cristofari,  Come ostacoliamo l'apprendimento dei nostri bambini. Cos’è l’educazione e come si educa. La pedagogia una prevenzione primaria, disponibile da Aprile 2021.


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