mercoledì 14 marzo 2018

I docenti che non uccidono fanno come le madri con i loro neonati


Dissi: «Ti devo ringraziare per non avermi lasciata!»
Uscii così dalla palestra dove avevo appena fatto una lezione di pilates, mentre le mie stesse parole continuavano a ronzarmi nella testa e mi portavano a pensare che alla nascita, se il bambino viene lasciato solo, non viene accudito, riscaldato e nutrito, muore. Diversamente dagli animali dove i cuccioli riescono a diventare indipendenti dopo pochissimi giorni o addirittura ore, il bambino non si può lasciare solo fino ad almeno 5 o 6 anni di età, in quanto non ce la farebbe a sopravvivere.
Ringraziai la docente di pilates, perché nonostante non amassi quel tipo di attività, lei, con il suo modo di fare, era riuscita a farmi tornare comunque a ogni lezione. Cosa c'entra la lezione di pilates con il bambino che lasciato solo muore? Ora ve lo spiego!

Ursula è un’insegnante sportiva sì, ma pur sempre un’insegnante. Questo significa che la gestione della “classe” sportiva, deve poggiare sulle stesse dinamiche relazionali su cui poggia quella di una classe tipica per la formazione intellettuale. Ovvero l’insegnante di scuola primaria, secondaria, ecc.
Personalmente sono molto volubile con lo sport; anzi, non sono affatto una sportiva e per portare avanti un’attività deve veramente piacermi. Pilates non mi è mai piaciuta! E questo è un dato di fatto, ma la postura che il lavoro di docente e ricercatrice mi impone, richiedeva un riassestamento della mia colonna vertebrale, pena un invecchiamento precoce con tutte le sue conseguenze.


Iniziare con lei fu una sfida con me stessa. Ho poco tempo e voglia, pertanto intraprendere attività lontane dal mio studio o particolarmente impegnative non le ho né potute, né volute considerare. La scelta quindi è ricaduta obbligatoriamente su pilates: sconosciuta la palestra e sconosciuta l’insegnante, ma a due passi dallo studio. Poi ho dovuto accettare anche quella mia deformazione professionale pignola e valutante l’attività di docenza (qualunque essa sia), e che mi ha sempre spinta verso sport “senza docenti”. «Restane distante», mi dicevo. «La vita non può essere sempre un valutare rapporti e qualità professionali; vivila con più serenità, più leggerezza», e così ho fatto.


Ma le scelte ti propongono anche tante sorprese e Ursula è stata una di quelle.
Lei sa essere sorridente ed energica allo stesso tempo. Sa tenere la classe con dolcezza e sintonia, con decisione quando serve; comprende le difficoltà fisiche, ma non compatisce; il ritmo non è dato dalla musica ma dal suo timbro di voce che si modella all’esercizio e al nostro respiro. Ma non solo: Ursula non abbandona nessuno! Non uccide il neonato! Quegli occhi che vedono anche quando non guarda, sono attenti e pronti a sostenere un movimento sbagliato, ma anche a elogiare quello corretto. Chiama con grazia e leggerezza ogni partecipante con il proprio nome fin dalla prima lezione, esattamente come aggraziati e leggeri sono i suoi movimenti. Si lavora meravigliosamente anche quando lei pensa alla postura degli altri, dandoti la certezza di non essere mai lasciata sola.
Ed è così che son rimasta! Che non sono morta! sportivamente parlando. Intestardita e vincolata dalla sua forte presenza, da quell’interesse per il giusto movimento che ha saputo trasmettere a una sconosciuta e che anche dopo tanti incontri non accenna ad abbandonare.
Ed ecco chi sono gli insegnanti (tutti) dalla i maiuscola: coloro che chiamano per nome i loro allievi; che hanno interesse per il nuovo studente e per quello già datato; che non si arrendono finché il tuo esercizio non è venuto perfetto; che sanno elogiare quanto accorgersi che non fai le cose nel modo corretto e che lottano perché lo diventi senza compatirti; ma soprattutto che non ti permettono di mollare. In poche parole coloro che sanno trasmettere piacere, amore e passione per ciò che fanno, obbligandoti a tornare solo per poter sentire ancora una volta di non essere stati abbandonati.

Dr.ssa Tiziana Cristofari
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