Le
mamme mi chiedono, mi consigliano, mi ascoltano, ma la mia carta vincente è sentire
i bambini e gli adolescenti. Loro sono le mie energie, la mia creatività, la
mia immaginazione e la mia voglia di fare sempre meglio. È per questo che è a
loro che passo la parola, che da loro traggo spunti e a loro inevitabilmente
torno ogni giorno della mia settimana.
Questo
articolo lo scrivo perché attraverso me possano dar voce al loro urlante silenzioso
e doloroso pensiero.
Circa
un anno fa, di questi tempi, scrissi indignata “Ecco come distruggiamo la mente dei nostri bambini”, considerando una brutta connivenza l’accordo tra
insegnanti, genitori e medici, nel diagnosticare malattie inesistenti sulla
pelle di tutti quei bambini a cui la vita ha tolto qualcosa in termini di
affettività, attenzione, relazione, amicizia, comprensione, capacità d’ascolto,
di rispetto dei propri tempi, delle proprie competenze, del proprio essere
unici e irripetibili.
Oggi,
questo articolo lo scrivo invece per rendere giustizia alla disperazione delle numerose
famiglie che trovano ancora la forza di scrivermi e cercare aiuto alla loro
impotenza nel dover fronteggiare docenti ignoranti, presuntuosi e privi di
capacità didattiche, che, con la complicità delle istituzioni, si arrogano il
diritto di fare diagnosi sui loro figli e impongono ai genitori percorsi per
una valutazione psichica.
Vi
sembra eccessivo quello che ho scritto? Come fanno ad imporlo? Semplice! Con il
subdolo e meschino ricatto di non seguire più il bambino come fanno con gli
altri alunni della classe; ignorando la famiglia; mettendo voti bassi anche
quando gli studenti meritano di più; terrorizzandoli nel lavoro svolto, perché
è troppo corto, troppo lungo, troppo banale, troppo facile o troppo difficile; perché
non stanno fermi, non dicono la parola giusta al momento giusto, si alzano dal
banco troppo spesso ecc.; terrorizzandoli con i compiti, perché se non riescono
a finirli, li costringono a chiedere ai genitori di poter restare a casa il
giorno successivo. Ovvero, cancellando metaforicamente l’alunno dalla classe. E
non c’è niente di più subdolo e meschino di ciò che non può essere
concretamente visto.
Con
la menzogna “dell’aiuto”, con l’ipocrisia “del fare per”, centinaia di migliaia
di bambini tutti gli anni vengono sottoposti, su richiesta del docente, a
percorsi psichiatrici per la valutazione del loro potenziale cognitivo. Non
leggono ancora come la maggior parte della classe? Allora signora suo figlio
potrebbe essere affetto da dislessia; non ha ancora imparato le tabelline?
Allora signori il vostro bambino potrebbe essere affetto da discalculia; scrive
con una pessima calligrafia? Allora cari genitori potrebbe essere affetto da
disgrafia; è più vivace degli altri bambini? Allora signore suo figlio potrebbe
avere la sindrome da iperattività, e così via.
Ho
conosciuto diversi insegnanti in questi anni di docenza in varie scuole: c’era
quello stressatissimo perché era allergico agli adolescenti, in quanto quel
mestiere era per lui un ripiego perché il lavoro che aveva sempre desiderato
non è riuscito a raggiungerlo e poi, sapete… bisogna pur campare!; quella
isterica perché il marito l’aveva lasciata; quella ipocondriaca che pretendeva
che tutti i bambini ogni due ore si lavassero le mani, che non la toccassero e
che su tutti i banchi ci fosse sempre un pacchetto di fazzoletti; ho incontrato
quella con l’alterazione dell’umore, un momento prima rideva e scherzava e
subito dopo urlava come un’isterica; quello che pretendeva che tutti gli
studenti facessero lo stesso lavoro in tempi brevissimi; quello che diceva le
parolacce e poi metteva le note agli studenti che facevano altrettanto; quella
che non guardava mai in faccia lo studente quando gli parlava, o quella che lo chiamava
per il colore dei capelli o degli occhi o per un oggetto che portava addosso,
annullandolo letteralmente; quello che fumava nonostante i divieti, e quella
che entrava in classe a fare l’appello e poi spariva per tutta l’ora. Poi ho
conosciuto tante tante depresse e depressi: quelle che si mettevano a piangere
davanti ai bambini; quelli che stavano sempre con il cellulare in mano… E poi
tutti gli altri docenti: quelle/i che non sanno spiegare; non sanno capire; non
sanno gioire; non sanno relazionarsi; non sanno ascoltare; non sanno ridere con
i bambini; non sanno salutare per primi; non sanno vedere i loro stessi movimenti
di rabbia, frustrazione e pertanto non sanno gestirli, ma li riversano sugli
studenti; non sanno evitare rigorosamente l’effetto Pigmalione; non conoscono
minimamente i propri scolari neppure a fine anno; non sanno risolvere le questioni
difficili che si creano in classe; non sanno responsabilizzare gli alunni; non
sanno lasciarli liberi di pensare; ma… badate bene, proprio loro sanno fare
diagnosi medica!
Non
solo, questi docenti pretendono che le loro richieste di medicalizzazione siano
soddisfatte, altrimenti chiamano l’assistente sociale. E questo lo fanno perché,
non essendo capaci nel proprio lavoro devono poter scaricare sul bambino o
l’adolescente la loro incompetenza.
Abbiamo
già più volte detto che queste presunte “patologie” non esistono; è stato più
volte dimostrato che questi ragazzi e bambini debitamente aiutati pedagogicamente
a recuperare una carenza causata dal mondo adulto (così come sopra descritto),
posso raggiungere, anche in breve tempo, i livelli della maggioranza. Ma le
istituzioni preferiscono medicalizzare anziché formare i docenti e far salire
in cattedra solo i più competenti. I docenti incompetenti naturalmente, preferiscono
imporsi alla famiglia e dettar legge su questioni a loro letteralmente
sconosciute, fino a quando questi bambini non li avranno completamente distrutti
e potranno finalmente dire: “Io ve lo avevo detto che aveva un problema!”
Questi
insegnanti ci dicono che hanno fatto corsi di aggiornamento, ossia che li hanno
preparati a valutare tutte queste patologie. Naturalmente la maggior parte di
questi corsi di aggiornamento sono fatti da case editrici che hanno grossissimi
interessi economici nella vendita di libri compensativi per studenti e
informativi per docenti. Ma nei corsi di aggiornamento agli insegnanti (questi
insigni professori di psicologia o psichiatria chiamati dall’editore
compiacente), hanno mai spiegato nei loro corsi quanto danno può fare un
docente depresso? Quanto danno può fare un insegnante che non ascolta, o uno
che è freddo e razionale, uno che sa solo etichettare, uno che denigra e
ridicolizza chi è più indietro, uno che colpevolizza, uno che ha già deciso che
quel bambino deve fare un percorso medico perché lui ne è convinto? Glielo
hanno insegnato a questi docenti quanto danno provoca tutto ciò sulla capacità
cognitiva del bambino? Glielo hanno spiegato prima di fare sentenze e diagnosi
quanto pesa il suo comportamento sulla qualità della vita di un bambino? Glielo
hanno detto quanto ferisce, quanto danneggia il pensiero di un bambino quando
si sente escluso dall’insegnante? Glielo hanno spiegato quanto danneggia un
bambino o un adolescente quando si sente diverso dagli altri bambini/adolescenti
della classe? Glielo hanno insegnato quanto pesano su bambini e adolescenti le
parole poco pensate (dette dal docente), e quanto incidono sull’autostima e la fiducia
in se stessi? Glielo hanno detto perché, carenti di autostima e fiducia in se
stessi, poi da grandi, questi bambini, dovranno frequentare corsi e libri di
automotivazione per raggiungere i propri obiettivi?[1] I corsi
di aggiornamento che si fregiano di insegnare ai docenti come “diagnosticare”
presunte patologie, e che si avvalgono degli psicologi (che dovrebbero
conoscere la psiche dei nostri studenti e che pertanto dovrebbero essere capaci
di rispondere a tutte le domande che mi sono posta), hanno aggiornato i nostri
docenti su tutte queste tematiche? O si sono limitati a fare gli interessi
dell’editore? L’università li ha preparati i nostri docenti a tutto questo? Gli
insegnanti, dal nido alla scuola secondaria di secondo grado, la conoscono tutti
la pedagogia?
La
maggior parte di questi bambini, una volta intrapreso il percorso medico, si
rifiuta di andare dal logopedista (oramai prassi consolidata di “cura”, ma quale
cura se non c’è malattia?), ma noi lo forziamo fino a farlo diventare nervoso e
irascibile, perché nessuno ha capito che se non cambia il modo di relazionarsi
dell’adulto, lui non potrà cambiare[2]. La
maggior parte di loro ha un calo drastico del rendimento dopo aver percorso un
iter diagnostico, ma continuano a dire che è il suo disturbo cognitivo che sta
aumentando, quando loro sono i primi artefici di tale disturbo. La maggior
parte di questi bambini e adolescenti, ha solo bisogno di una realtà affettiva
che sappia comprendere e accettare i loro specifici tempi, le loro specifiche capacità
cognitive e le sappia guidare pedagogicamente per un giusto e corretto
sviluppo.
Poi
certo, dobbiamo anche permettere a questi docenti di lavorare bene con gli
studenti, e questo lo possono fare solo se le classi non sono un “pollaio”; ma
anche se lo fossero, questo non li esime da un impegno specifico verso chi
dimostra di averne più bisogno. Questo non li esime dall’evitare di fare
diagnosi, e/o dall’attuazione di una pedagogia dinamica, o piuttosto nel
chiedere alla famiglia (come si faceva un tempo), di farlo seguire da un’insegnante
a casa (non una/un logopedista che non sa assolutamente nulla di pedagogia e
didattica!). Perché questi bambini e ragazzi, è solo di questo che hanno
bisogno, di essere seguiti un po’ più degli altri, di essere rivalutati nel
rapporto, di essere capiti.
La
nostra società e la nostra scuola ha bisogno solo di docenti più competenti e
soprattutto più umani, dove per umano intendo capace di pensare agli studenti
prima ancora che alla facilità nello svolgere il proprio lavoro; più umani
significa lavorare per passione e competenze piuttosto che per ripiego o
alternativa; più umani significa guardare agli altri senza il pregiudizio, il
conformismo o il razzismo che spesso nasce in certi docenti ogni volta che vedono
una diversità.
Dr.ssa
Tiziana Cristofari
©Tutti i diritti riservati
[1] T. Cristofari,
Ecco cosa non dicono libri e corsi di
automotivazione, Il mio libro, 2015
[2] T.
Cristofari, Ore di straordinaria follia,
Europa Edizioni, Roma 2013.
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