L'altra sera una mamma mi ha detto: "Tiziana, mi sento in trappola”.
Il quadro della situazione era chiaro: si è in trappola quando la sensazione che si ha per i propri figli a scuola è di totale impossibilità a modificare gli eventi, le situazioni.
In trappola ci sono moltissimi genitori, molti di loro però non ne hanno coscienza, altri invece si consumano nel dolore sentendosi impotenti. In trappola, appunto.
La scuola si è persa. Gli insegnanti, per non assumersi la responsabilità della seconda "agenzia" educativa più importante dopo la famiglia, mollano l’educazione dei propri studenti. Agli insegnanti (a molti di loro) interessa solo lo stipendio, tra l’altro molto misero, soprattutto se pensiamo all’attuale inflazione. Alle Istituzioni non interessa formarli perché farlo significherebbe dare ciò che manca: ovvero la capacità di crescere menti pensanti, direbbe la Montessori. E le istituzioni non vogliono questo.
Allora abbiamo insegnanti che, frustrati, scaricano la loro insoddisfazione e impreparazione sugli studenti e sui genitori. Gli insegnanti, screditati dalle Istituzioni e dalla società, oltre che poco formati, si sentono vivi e considerati solo se possono additare, incolpare, mettersi su un piedistallo, ovvero fare tutti quegli atti che gli forniscono un riconoscimento sociale, quasi come fossero medici in cerca della patologia, anziché trovare soluzioni attraverso la didattica e l’educazione; così trovano "il problema" didattico, e lo scaricano sulla famiglia e sul medico, liberandosi completamente dalla responsabilità per cui sono pagati, ovvero educare e creare conoscenza nella vita delle nuove generazioni. Ma non è colpa loro; il tutto rientra sempre nella gestione politica: l’incapacità di mantenere come unica facoltà concreta per bambini fino ai 10 anni, Scienze Pedagogiche, unico corso di studi efficace per l’insegnamento. (Oggi la Facoltà di Scienze della Formazione Primaria non forma adeguatamente gli insegnanti sotto il profilo “educativo”). Continuare la formazione degli insegnanti dopo la laurea sulle materie umanistiche (pedagogia, didattica, storia dell’educazione, antropologia, psicologia e storia); ma soprattutto dargli quello strumento oggi completamente assente, ovvero la pedagogia, che gli consentirebbe di gestire i bambini in difficoltà didattica senza dovergli appiccicare addosso quegli acronimi insopportabili (DSA, ADHD, BES e altri) e una sfilza infinita di tutor scolastici che ghettizzano.
Il bisogno di rivalsa degli insegnanti oramai senza considerazione (invece di essere indirizzato verso le Istituzioni colpevoli di cattiva formazione dei docenti e discredito della professione), la riversano anche nella gestione del gruppo di pari tra studenti. Non gli basta screditare il singolo. Mi spiego meglio: si pensa spesso sbagliando, che i bambini vadano controllati e redarguiti per ogni azione commessa o parola detta fuori posto, anche quando stanno tra di loro, quando giocano tra di loro, quando avvengono fraintendimenti e litigi tra di loro. In questi contesti gli adulti riescono a mettere bocca ovunque, invece che invitare i giovani a trovare una soluzione. Questi bambini non hanno mai la possibilità di sperimentare soluzioni alla conflittualità in modo autonomo, tutto deve essere mediato dall'adulto, con la visione dell'adulto e con le simpatie e le antipatie che vive l’adulto. Questa è la negazione totale della pedagogia; con la conseguente crescita alterata dei giovani, ovviamente. Giovani che diventando poi adulti e si ritrovano incapaci di trovare soluzioni alle problematiche personali. Gli studenti non sanno trovare soluzioni o argomentazioni per riappacificarsi, per ritrovare l'armonia tra di loro. Non sanno gestire le relazioni, non sanno sentire se stessi, perché il loro sentire è mediato continuamente (e pure molto male) da quello dell’insegnante, che di pedagogia non sa nulla. E allora la guerra, l'odio, la discriminazione, nascono tra i banchi di scuola nell'incompetenza pedagogica dell'adulto pagato per crescere menti pensanti; nel dolore della famiglia impotente per una situazione molto generalizzata e che non trova spazio nel pubblico ma nemmeno nel privato, che oramai è diventato solo una possibilità alternativa al pubblico per mandare avanti i propri figli disprezzati, bastonati, etichettati, certificati e soprattutto ineducati dal sistema.
Dott.ssa Tiziana Cristofari
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